*****ROXY E' TORNATA!

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Con grande eccitazione Roxy vi comunica che riparte l'aggiornamento costante del suo blog.Dopo una lunga pausa vi invita tutti a seguire i suoi post dedicati al mondo del sesso e più intrigante erotismo.Buona Lettura

Adult Ego

sabato 4 giugno 2011

Boogeyman




Francesca è una giovane donna incolore, né bella né brutta; in alcuni giorni, quando i capelli
biondissimi, quasi bianchi, risplendono sotto il sole come argento illuminandola tutta, allora la si
nota, quasi fosse un bel dipinto nascosto sotto una crosta. Ma con le nuvole ritorna al solito
anonimato.
Lavora da sei anni in una banca vicina all’appartamento che occupa da sola, dopo la morte dei
genitori, avvenuta all’improvviso in un incidente d’auto.
Da cinque è fidanzata con Luca, un collega del tutto simile a lei: uomo privo di ambizioni, vive
ancora con i genitori, si accontenta della sua vita tranquilla, delle gite domenicali al lago e del
sesso tiepido e senza fantasia da consumare con Francesca in fretta e in silenzio, quasi un obbligo,
il sabato sera.
Sono già una vecchia coppia di coniugi, anche se non se ne rendono conto.
Francesca sa che da qualche parte c’è un mondo colorato, diverso dal suo, ma la paura di
affrontarlo, anche solo con un cambiamento di immagine adottando trucco, pettinatura,
abbigliamento diversi, è più forte della curiosità.
Eppure sempre più spesso l’assalgono strane inquietudini, desideri confusi e inconfessabili, di cui,
nel profondo della sua anima bigotta, si vergogna.
Un sabato pomeriggio, dopo aver rigovernato la casa, decide di riposarsi, in attesa che arrivi Luca
per cena, leggendo l’ultimo libro acquistato: “L'Arte della Gioia” di Goliarda Sapienza; quel
titolo l’ha attirata, nella libreria che frequenta abitualmente, forse per quella “gioia” stampato a
caratteri grandi o per il nome insolito dell’autrice.
Ha appena iniziato la lettura, seduta sulla poltrona preferita con il gatto in grembo, quando il
telefono squilla; allunga una mano, alza la cornetta, ma dall’altra parte non c’è nessuno; o
meglio, sente solo un debole crepitio di disturbi simile al suono che si ode quando si accosta
l’orecchio a una conchiglia e s’immagina di ascoltare il mare.
-Pronto!- ripete più volte, attende qualche secondo, poi riaggancia.
Fa in tempo a leggere un paragrafo, quando un’altro squillo la fa sobbalzare:
-Pronto, prontoooo!!!-
La sua voce ha un tono rassegnato, di chi si aspetta l’ennesimo spiacevole scherzo della sorte.
Ripete il “pronto” ad alta voce e attende a lungo, quasi a superare qualsiasi difetto della linea e
offrire una possibilità a eventuali chilometri di cavi che la collegano con chi sta dall’altra parte
dell’apparecchio.
Alla fine rinuncia.
Dopo altre tre telefonate mute, comincia a preoccuparsi.
L’idea che qualcuno, chissà dove, resti in silenzio di proposito, conferisce un’aria sinistra al brusio
che le pare di sentire.
Attende, fino al segnale di libero; posa il ricevitore, convinta che il telefono squillerà di nuovo.
Cosa che avviene puntualmente.
La situazione è irreale, ridicola: due persone ai capi di una linea telefonica, entrambe zitte...come
due ciechi che si voltano all’improvviso per guardarsi intenzionalmente negli occhi.
Dopo un po’, Francesca non riesce più a trattenersi e :
-Chi è lei? ma che vuole da me?-
Le pare di udire una risata, in sordina. Allora:

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- Stacco il telefono, quindi non si disturbi più a chiamar questo numero-
La minaccia dell’esilio che separa l’innamorato dall’oggetto del suo desiderio funziona.
La voce è un bisbiglio persuasivo e mellifluo:
-Francesca, Francesca, sai chi sono? No, naturalmente, ma io ti conosco, sapessi quante cose so di
te, per esempio...-
-Chi parla?-
-...Dove abiti, come sei fatta, come ti vesti. Mi piace...-
-Che cosa vuole da me? - la voce della donna è un miscuglio di paura e curiosità.
-...Quel tuo vestito giallo, senza maniche, che indossi spesso, è uno dei tuoi preferiti? T’ho vista
alla finestra, Francesca, un paio di giorni fa, guardavi fuori e il sole nei capelli ti incoronava come
una regina.
Ho quasi creduto che stessi per sporgerti, per parlarmi: tutto era così immobile, poi ti sei chinata in
avanti, sul davanzale, ricordi? Le braccia tese, la testa sollevata, guardavi in alto, come un
nuotatore che si gira sott’acqua e punta alla superficie; ti ho osservata a lungo...-
-Ma chi è lei, che cosa cerca, la smetta...-
E’ affascinata dalla voce, bloccata dalle parole, quasi stia ascoltando una favola, come un
bambino che, curioso, voglia sapere la fine ma anche sentire tutto il racconto.
Il bisbiglio soffocato, monotono, è perfettamente intonato alla narrazione; il garbo e il ritmo
uniforme promettono malignità.
-...Incorniciata nella luce della finestra.
Hai addosso il vestito giallo, ora? Se venissi a casa tua, se suonassi il campanello, saresti lì, con
quel vestito?
Non è strano? tu non mi conosci affatto e io invece così bene. Ti penso Francesca, ti penso spesso,
ti sogno e in uno di questi sogni tu eri ammalata e venivi da me, il dottore; è bastato un mio tocco
lì, tra le gambe, dove ti faceva male e sei guarita...-
La donna di scatto posa la cornetta, quasi scottasse.
Si sente vuota, scavata e stanca.
Avverte un dolore sordo al polso e all’avambraccio, le dita che hanno stretto il telefono sono
intorpidite.
Non riesce a muoversi, soffocata dalla tensione che satura la stanza, mentre il bisbiglio continua
a echeggiare intorno a lei.
Quando il telefono squilla di nuovo la mano si muove da sola:
-Ti penso Francesca, così spesso da non poterne più...-
-Ma insomma, che cosa vuole da me ?-
E allora, alla sua richiesta che è un’implorazione, il bisbiglio risponde.
Le dice che cosa vuole, che cosa intende farle e quanto sia ansioso di toccarla.
Le parla del suo viso e del suo corpo, di ciò che sarebbe avvenuto quando si fossero incontrati, delle
sensazioni che le avrebbe fatto provare, minuto per minuto; la
intontisce di immagini che alla sua mente appaiono lussuriose e perverse e lei ascolta, rapita,
bambina persa nella favola, mentre la voce continua la sua cantilena sommessa, pronunciando di
tanto in tanto il suo nome:
-Francesca, Francesca, Francesca- come una preghiera.
Solo quando suona il campanello la donna si riscuote.
Con mossa fulminea stacca il telefono e preme il pulsante di apertura del portone.
I gesti sono meccanici, la sua mente ancora in balia dello sconosciuto.

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Solo allora si accorge di avere addosso il vestito giallo.
Quando Luca si presenta sulla soglia con il solito sorriso educato, lo trascina subito in camera da
letto, avvinghiandosi al suo corpo, soffocandolo con un bacio.
E mentre lui, ammutolito, si chiede che cosa stia succedendo:
-Spogliati- gli ordina, con voce bassa, rabbiosa, mentre lei fa altrettanto, sciogliendo i capelli che
porta abitualmente raccolti.
Il vestito giallo finisce in un angolo della stanza, un groviglio di stoffa leggera.
Rotolano sul letto e quando Luca entra in lei, ancora confuso nonostante l’eccitazione, la donna
grida e inarca i fianchi perché la penetri fin dentro il ventre che non è mai stato così affamato.
Con le gambe gli attanaglia la schiena e lo stringe a sè, graffiandolo, in un miscuglio di passione e
paura, come posseduta dal demonio.
E l’uomo fosse il suo esorcista, mentre nell’orecchio come un mantra le risuona quella voce:
-Francesca, Francesca, Francesca...-



*Boogeyman è l’uomo nero di Stephen King

lunedì 30 maggio 2011

Madame-L'inserzione-La Credente e L'onda


Dal concorso "Delizie"



MADAME
di GIUSEPPE AGNOLETTI



Parcheggio sotto casa e salgo le scale come un fulmine. Suono il campanello, Madame apre. È una pantera, una gatta ricoperta di pelle scura. Sul viso una mascherina di seta nera. «Buonasera.» dico. Replica con un miagolio lungo e caldo, un rantolo che mi dà un brivido. Non parla. Mi tira dentro per la cravatta, va per le spicce. Mi spoglia, soffia e agita la coda; è già eccitata, e io m’abbandono al gioco di una professionista. La conosco, bisogna lasciarla fare. Poi il suo fiore oscuro e gonfio di desiderio mi accoglie. E niente ha più importanza. È finita. Sono svuotato e stanco. Recupero le mie vesti. Mi volto e getto in aria una banconota verde da cento. Madame l’afferra al volo mentre gli occhi le brillano impudici. «Buonasera.» «Miaoooo» rantola di nuovo. Mi lecca la guancia. La lingua scivola sul collo ed è meglio che vada. Scendo con calma. Fuori dal portone consumo una sigaretta in quattro boccate. Poi apro la macchina, prendo la borsa, ritorno sui miei passi. Salgo le scale e suono lo stesso campanello. «Ciao, tesoro» sorride la faccia ordinaria di mia moglie. «Ciao, cara.» Entro e mi affloscio sul divano. «Giornataccia in ufficio, vero?» Faccio di sì con la testa, senza parlare. «Fra poco è pronto!» trilla dalla cucina il mio simpatico leprotto domestico. Sento un profumo delizioso e mi chiedo cosa abbia preparato. Con la coda dell’occhio scorgo una calza a rete seminascosta dietro un cuscino. Sono un uomo baciato dalla sorte. Ma cosa succederà quando avremo dei bambini?



LA MORTE È UNA SIGNORA CHE VA A BRACCETTO COL PREGIUDIZIO

diMATTEO MANCINI

Fu quando il sole copulò con la luna che la lussuria proliferò sulla Terra, e la mia vita venne spezzata. «Viene a vedere l’eclisse, qui, sul promontorio?» mi chiese una lupa travestita da pecorella. Accettai, forse per via dell’intelligenza che la giovane mi aveva dimostrato nelle lezioni che impartivo ai tanti trovatelli di cui ero il precettore. Rammento la lunga salita sui prati in fiore e poco altro, se non l’avvento della massa discesa sul metallico bagliore lunare. Mi sdraiai sull’erba e lei… si, doveva avermi stregato, compiuto un chissà quale sortilegio, poiché me la ritrovai sopra, nell’attimo in cui l’eclisse raggiunse il suo apice. «Ti ho liberato, ora, amore mio» mi sussurrò, aggiustandosi i capelli dietro le spalle. Era nuda, col corpo velato di sudore e due mammelle che spiccavano dal gracile corpo da adolescente. Mi parve di vederla luccicare, quasi fosse scaldata da un fuoco che le ardeva nelle viscere. Strinse le cosce sul mio bacino e io… Dio, ero schiavo di un torpore figlio del maligno piacere offertomi da quella lingua che mi scivolava sul petto, sulle labbra. Che orrore ammetterlo, provai estasi, piacere. Diffusi il mio seme benedetto nel ventre di quella serpe e solo allora riconquistai il senno. Le allungai le mani sul collo e strinsi, strinsi forte, ma era troppo tardi! Ora sono chiuso in queste quattro mura a osservare la luna da una griglia arrugginita. Le preghiere del cappellano non mi salveranno: ho tradito il voto. Le fiamme sono ciò che merito. L'INSERZIONE di ORIETTA BRASILI La luna guardava benevola i due amanti. Due corpi allacciati in un famelico amplesso, con i respiri persi l’uno nella bocca dell’altro. Le mani toccavano ardite parti del corpo proibite. Il sesso di lui premeva con urgenza nella dolce spirale di lei. Le spinte si susseguivano sempre più forti. Lei morbida, pronta per posizioni ancora più audaci; lui duro, urgente nell’attesa di esplodere. La lingua famelica leccava e succhiava i rosei capezzoli, come due piccoli fiori umidi di rugiada. Le gambe intrecciate, serrate nell’ultimo grido, quasi una preghiera per ringraziare la Dea dell’orgasmo donato. Sfiniti si abbandonarono al sonno. L’inclemente luce dell’alba bruciò via la magia della notte, sorprendendoli nudi, in un letto sfatto, macchiato di sudore, di seme buttato. L’uomo si alzò. Prima di uscire lasciò alcune banconote sul comodino. Lei aprì gli occhi. Odiava l’arrivo di ogni nuovo giorno. Si accese una sigaretta e si versò l’immancabile dose di Martini. Guardò il bicchiere con un ghigno. Il suo unico alleato, l’unico modo per rendere sopportabile il tormento. Bevve tutto d’un fiato, brindando al suo perduto amore, alla felicità affogata nella fatale curiosità umana. Ora aveva bisogno di una doccia, per togliersi di dosso il fetore e l’impronta del maiale che l’aveva usata. Prima però doveva telefonare al giornale, riconfermare l’annuncio e proseguire nella sua eterna ricerca. Sempre la solita inserzione: “AAA – Psiche cerca disperatamente Eros”.



LA CREDENTE E L'ONDA

di FABIO BUSIELLO Nomade.

L’intenzione è nomade. Cerca la virtù che nascondi tu. Un’onda si spinge, tinge le tue caviglie piene di voglie: tremano come foglie. La pioggia arriva a battere la battigia, la schiuma grigia lungo di lei s’adagia. «Senti che vento» e ciò che senti sento. La pioggia insiste «mi sento così triste.» Mi faccio accanto. Il mare intona un canto. Ansima, la tua carne trepida, vuole il suo conforto, vuole essere porto. Libere, dita senza remore, corrono su te. Chiedono di te. Posso io fonderti e confonderti. Basta tu mi dica sì e battaglia sarà qui. «Cosa fai adesso?» il brivido è lo stesso. «Solo un momento» e il pudore s’è spento. Vibrano i corpi: i sensi son risorti. L’urto di un’onda ora ci affonda. Tutto scompare, nulla più conta. Timida. Tumultuosa e liquida, vuoi le mie intenzioni. E le mie attenzioni. Intrepida, la mia mano impavida scende tra i tuoi seni, tra i tuoi desideri. Slacciati, quei divieti stracciali. S’apre una voragine, ti muti in vertigine… tutto si fa indagine... e non c’è più caligine. «Guarda, l’ho tolta» ti scopro disinvolta. «Contento adesso?» sorridi molto spesso. Ogni carezza si unisce a questa brezza. Ogni sospiro diventa il tuo destino. Ogni tuo gesto scivola nel contesto: è una bestemmia che fa paura, ma è solo il gioco della natura. Tutto è perduto: tranne l’inconosciuto…