*****ROXY E' TORNATA!

La mia foto
Con grande eccitazione Roxy vi comunica che riparte l'aggiornamento costante del suo blog.Dopo una lunga pausa vi invita tutti a seguire i suoi post dedicati al mondo del sesso e più intrigante erotismo.Buona Lettura

Adult Ego

sabato 16 maggio 2009

LE AVENTURE DI LISA

Lisa lavorava come archeologa ricercatrice presso l’ università di Venezia nella facoltà di archeologia. Il suo lavoro consisteva nel catalogare i vari reperti e a volte li ricercava lei stessa. Stava lavorando nella catalogazione di alcuni manoscritti reperiti in un vecchio palazzo, manoscritti che a prima vista sembravano essere datati ai tempi di Marco Polo, quando i veneziani attraversavano l’ Asia alla ricerca di merce da commerciare. Il manoscritto parlava di un tempio in cui era custodito un libro preziosissimo, custodito gelosamente da un casta di monaci, che aveva la facoltà di sovvertire il senso del tempo. Vi erano mappe che sembravano portare in una zona della Birmania. L’ autore del manoscritto non era molto chiaro, ma a suo dire chi aveva a che fare col libro avrebbe tratto esperienze indelebili…

Di fronte alla lettura di questo manoscritto Lisa si incuriosì. Ogni tanto, riusciva ad organizzare delle spedizioni, finanziate da un vecchio conte, suo mecenate, il quale esigeva in cambio i diritti d’ autore su eventuali documentari o libri redatti dopo le spedizioni. Decise che voleva vederci chiaro e quindi andò dal Conte. In breve tempo ottenne un cospicuo finanziamento e si mise ad organizzare il viaggio…

La zona era nella Birmania occidentale, vicino ai confini tra la Tailandia. Ottenuti i necessari visti partì. Da ulteriori ricerche fatte individuò un tempio che a suo modo di vedere doveva essere il luogo cercato, anche perché era custodito da un antichissima casta di monaci che in lingua del posto erano detti “ i custodi del tempo “…

Arrivò sul posto in un giorno di ottobre, quando ormai i monsoni erano placati, sotto una leggera pioggia che rendeva l’ aria ancora più afosa. Dall’ aeroporto partì a cavallo con i suoi accompagnatori locali attraverso piste che la condussero, dopo molti giorni di viaggio, su un altopiano pieno di vegetazione, una zona densa di monasteri e templi. Arrivò di sera al villaggio dove doveva esservi il tempio che custodiva il prezioso libro. Aveva notato durante tutta la giornata che le sue guide la avevano osservata a lungo, a volte ridevano e a volte avevano sguardi preoccupati. Lei aveva comunque capito che doveva stare attenta a certi personaggi. Si fece ospitare da un anziana donna in una capanna del villaggio, capanna in cui poté scaricare i suoi bagagli e finalmente godersi un meritato sonno ristoratore…

L’ indomani all’ alba, alzandosi scoprì che le sue guide erano fuggite, lasciandola sola. Preso atto di questo decise che poteva continuare da sola. chiese alla anziana donna di indicargli la strada per quel tempio, e chiarito ciò si mise a cavallo e si addentrò sulla collina che ospitava il tempio…

Dopo un ora di cavalcata nella umidissima foresta arrivò al tempio. Con sua sorpresa non vide nessuno. Il tempio era stupendo, adornato di statue coperte d’ oro, bianchi pinnacoli si innalzavano al cielo e l’ impressione era di un luogo religiosamente custodito in perfetto ordine…

Lisa indossava un completo composto da pantaloncini corti da esploratore e giacca sahariana color sabbia, aveva ai piedi le sue inseparabili scarpe da ginnastica bianche e dato il caldo non indossava biancheria intima. Sulla testa aveva un kepì modello “ legione straniera “ che la aveva sempre accompagnata nelle sue esplorazioni nei climi tropicali. grondante di sudore arrivò alla porta del tempio che era aperta. Li si tolse il cappello e si asciugò la fronte dal sudore. Come desiderava essere nella sua camera d’ albergo per un bagno ristoratore. Incuriosita dalla porta spalancata vi entrò. Il sole fuori era accecante e quando entrò nel luogo buio non vide nella a causa del cambio di luce. Vi si addentrò, guidata da un intenso profumo di incenso che impregnava l’aria fresca dell’ interno del tempio. Fece diversi passi prima che i suoi occhi si abituassero all’ oscurità del luogo e passo dopo passo le immagini si facevano nitide. Andò avanti fino che giunse in una sala grande. Davanti a lei vide un grande altare, tutto circondato da centinaia di grossi ceri accesi. Sull’ altare vide un libro aperto. Vi si avvicinò e quando vi giunse innanzi vide che dietro l’ altare vi era un monaco che la osservava. Era un uomo di mezza età, vestito con una tunica arancio, i capelli rasati, bellissimo, un tipico monaco di quei posti. Il suo sguardo le fece capire che sembrava che lui la stesse aspettando e che già sapesse tutto del motivo per cui lei era lì. Nel silenzio si sentivano solo i passi di lei. Lei aveva in mano il suo cappello ed era visibilmente accaldata. Il monaco continuava ad osservarla e con un gesto della mano le indicò una grande vasca di pietra nell’ angolo della stanza, alla qual arrivava acqua da una sorgente che sgorgava dalla parete della stanza, che era di roccia. Lai capì che lui la stava invitando a fare un bagno, così lei si avvicinò a quella grande fontana e nel silenzio appoggiò il suo cappello per terra, si sbottonò la camicetta e lasciò cadere i pantaloncini. Con un gesto rapido si slacciò le scarpe e rimase completamente nuda. Dando la schiena al monaco si immerse nella vasca provando una incredibile sensazione di ristoro. Lui osservò con cura tutti i movimenti di lei che rimase diverso tempo in acqua con la testa rivolta a lui in attesa di coglierne un cenno. Dopo un po’ il monaco fece un gesto con la mano di invito ad uscire da quel bagno. Lei uscì. si rimise i vestiti e le sue inseparabili scarpe e ad un cenno del monaco si avvicinò all’ altare. Attorno le candele continuavano a bruciare, con impercettibili vibrazioni delle fiammelle, attorno vi era un fortissimo odore di incenso. Lui le fece un cenno di stendersi sull’altare e lei vi si sdraiò. Non servivano le parole, ad ogni cenno del monaco lei sembrava capire precisamente quello che lui la stava spingendo a fare. La pietra su cui si sdraiò era fredda, ma in un istante questa sensazione svaniva, coperta dal calore della sua pelle. Lui le si avvicinò e lei sentì una sensazione di pace e chiuse gli occhi. con gli occhi socchiusi intravedeva il monaco accanto a lei che con delicatissimi movimenti le slacciava la sahariana e le toglieva i pantaloncini. Era rimasta nuda, il monaco le aveva lasciato solo le scarpe da ginnastica. Sulla sua pelle le gocce d’acqua del bagno che aveva appena fatto. Con delicati movimenti il monaco iniziò ad esplorare il suo corpo nelle sue parti più intime. Intorno a loro il silenzio. il fumo delle candele e il profumo di incenso. Quando con la mano arrivò sulla sua vagina lei ebbe una contrazione sentendo quelle dita che la esploravano, ma si lasciò subito andare permettendo al monaco di toccarla. Le sue carezze la percorrevano su tutto il corpo e lei sentiva di perdere dolcemente il controllo, per salire ad uno stato di estasi. Il suo corpo fremeva dal desiderio di essere posseduta, di abbandonarsi completamente in balia di quello sconosciuto. Lui si spostò sul lato dell’altare dove vi erano i piedi di Lisa. Dolcemente prese i piedi di Lisa con le mani e aprì le sue gambe. Lei si lasciò guidare in questa posizione e rimase con le gambe completamente divaricate. Lui continuava ad accarezzarla, lei aveva la sensazione che un flusso di calda energia percorresse il suo corpo. Il monaco le slacciò le scarpe e le denudò i bianchi piedini e tenendo le scarpe nelle due mani iniziò a massaggiare Lisa prima sui polpacci poi sulle coscie in un inesorabile avvicinamento al sesso di lei. Lei vide questo e presa dal piacere chiuse gli occhi e inclinò la testa all’ indietro. La sua passione per le scarpe da ginnastica era totale e capendo che il monaco sapeva di questo sia abbandonò al puro piacere dei suoi pensieri. Davanti ai suoi occhi scorrevano immagini di scarpe da ginnastica, di tutti i colori e forme gli sembrava di nuotare in un mare di scarpe, pensò alle scarpe che aveva da bambina, a tutte le volte che si era masturbata con le sue scarpe, ai profumi dei materiali, ai colori. La sua eccitazione stava salendo, sentì il monaco che con le mani infilate nelle scarpe le strofinava sulle sue labbra ormai aperte nell’ attesa di accogliere le scarpe. Il movimento di lui era ormai come un onda che nel suo costante moto la travolgeva. Era ormai eccitatissima, il suo frutto era completamente bagnato e desideroso di essere penetrato. LA sua pelle era ormai in un lago di sudore, il desiderio era lancinante. Sentì che il monaco la penetrava e provò un orgasmo misto ad una sensazione di dolore, il monaco continuava a violarla con la scarpa e lei con gli occhi socchiusi provava nuovamente piacere e poi dolore e così per ogni movimento che lui faceva lei provava intensi brividi di piacere e di dolore assieme. Lei ebbe diversi orgasmi. Ormai non riusciva più a distinguere il piacere dal dolore di quella cosa gigantesca che la stava penetrando. I suoi gemiti di piacere rimbombavano nella la stanza, generando echi che amplificavano la sensazione di piacere che lei provava. Sfinita da delle sensazioni così intense aprì gli occhi e vide la sua scarpa quasi completamente affondata dentro la sua vagina. Capì che la cosa che la aveva così intensamente penetrata era la sua amatissima scarpa e di questo provò gioia…

Il monaco stava in ginocchio tra le sue gambe ed era anch’egli completamente nudo. Lui le tolse la scarpa dalla vagina e la avvicinò al viso di Lisa. Era completamente bagnata degli umori di Lisa e lei si mise a leccarla con avidità. Lui a questo punto si sdraiò sopra di lei, le infilò il suo fallo nella vagina e si mise a penetrarla intensamente. Lei ad ogni colpo che lui le vibrava si leccava con maggior intensità la scarpa per godere al massimo di quei sublimi momenti. Prima di venire lui estrasse il suo pene, quando lei capì questo aprì gli occhi e si vide davanti al viso il glande del monaco. In un istante lo prese in bocca e come lei lo cinse con le sue labbra lui venne. Lisa bevve tutto quel nettare che sgorgava da quel durissimo frutto. sentiva l’ odore dello sperma misto a quello dei suoi umori ed entrambi si misero a leccare quella scarpa da ginnastica che li aveva uniti…

Sfinita al piacere chiuse gli occhi e si abbandonò al sonno…

Quando si svegliò si sedette sull’ altare : il monaco era sparito, il libro non c’ era più e dei ceri non rimaneva che alcuni moccoli fumanti. Accanto a lei le sue scarpe…..

Scese da quella posizione e si avvicinò alla vasca. Si sciacquò la vagina ancora completamente aperta e il viso. si rivestì, raccolse il cappello e si diresse all’ uscio del tempio…

Arrivata sulla porta guardò all’ orizzonte. Il sole era basso e di colore arancione, il cielo era di porpora. Era già sera. Da lì si vedeva in basso tutta la vallata, i tetti dei templi affioravano dalla intensa vegetazione e la valle ne era piena. Si rimise il cappello e si affrettò al cavallo per tornare al villaggio…

Sull’ aereo che la portava a casa pensò al libro di cui era andata in cerca. Forse quel giorno valeva più del tempo di un intera vita, forse in un secondo si provano emozioni lunghissime. Forse un giorno passato così diventa eterno. Poche ore possono essere il momento più importante e bello di una vita. Mise la mano in tasca e guardando dal finestrino dell’ aereo le nuvole strinse quei granelli di incenso che aveva raccolto nel tempio…

QUEL BOTTONE DELLA CAMICIA

Che emozione!!!D’altronde l’avevo conosciuta su msn. Dopo accordi telefonici e via mail avevamo fissato l’incontro. Serotina intima a casa sua.

Citofonai puntualmente alle 21. 30. La curiosità di vedere se quella sua affascinante, trasgressiva ed erotica simpatia fosse vera fu impressionante.

Lei mi accolse sorridente e profumatissima. Come promesso indossò per l’occasione il camice da dottoressa che lasciava scoperta una generosa scollatura e due gambe così sensuali che trasalii alla loro vista.

Mi fece accomodare, l’ambiente era caldo e con le luci soffuse. Le porgo il regalo che le avevo promesso: un libro di ricette, e quale fu più appropriato di “Afrodite” di I. Allende.

Lei gradì molto e non si fece scappare l’occasione e mi invitò a seguirla sul divano per leggerlo con lei. Mi offrì una birra freschissima e ci sedemmo uno accanto all’altra. Io leggevo e lei aveva il viso adagiato sul mio petto e le mani sulle mie gambe.

Così appoggiata la scollatura mise sempre più in evidenza il suo reggiseno a balconcino bianco di raso che era un piacere ammirare…

Il camice bianco è una mia personalissima fantasia erotica e vederla realizzata fu come vivere in un sogno per me. La cosa non mi lasciò indifferente e lei se ne accorse, ovviamente.

Mentre leggevo le ricette erotiche del libro sentii le sue mani sfiorarmi la zip dei pantaloni che erano gonfi in maniera oscena.

Le nostre guance si avvicinarono sempre di più durante quella eroticissima lettura. Fu inevitabile che le nostre labbra si sfiorassero, la tensione erotica nell’aria era altissima.

Mi feci avanti io… e le leccai prima le labbra, con dolcezza, poi con la lingua entrai deciso e ci baciammo con tale trasporto che quasi ci strappavamo la lingua a vicenda e lei mi strinse il pene con forza da sopra i pantaloni.

Iniziai a sbottonarle quel sensualissimo camice, ma non glielo levai. Portava un paio di mutandine a perizoma in raso abbinate al reggiseno, bianchissime.

Furono già umide quando iniziai a baciarla dapprima nell’interno coscia facendo scivolare la lingua sino a sopra le mutandine che massaggiai fino a farle bagnare completamente con i suoi umori.

Proseguì il gioco con la lingua sul suo sedere fino a che non spalancò le gambe.

Mugolava come una gatta in calore: “Continua… ancora!!”

E con uno scatto brusco si levò in un colpo solo le mutandine offrendomi il suo corpo.

Le sollevai il camice che aveva ancora un bottone attaccato all’altezza del seno e poggiai il mio pene all’altezza della schiena, poi scesi sul suo fondoschiena, lei cercò di afferrarlo per metterselo dentro, ma non glielo permisi.

Lo avvicinai alla passerina, oramai in un lago, dopo aver giocato un po con le mie dita sul suo clitoride.

Affondai quindi i colpi fino a farle uscire le tette dalla scollatura. Lei gemette quasi ad ogni colpo.

Quando poi le infilai il medio nell’ano mentre eravamo ancora a pecora letteralmente ululò dal piacere: “Siiiii… mettimi dentro anche l’altro dito, ne voglio due dentro!… daiiii”.

Così feci e lei venne quasi subito. A quel punto ero sul punto di venire anche io e lei si girò e me lo prese in mano e mi fece una sega accelerando sempre più il movimento e leccandomi le palle contemporaneamente.

Quando le inondai il viso, lei ingoiò tutto.

Era solo l’antipasto, perché dopo esserci ricomposti cenammo amabilmente commentando ridendo il preserata…

Al momento del dolce la sexy dottoressa uscì dalla cucina con una torta

Sacher con tanta panna sopra… era tutto un programma.

Ne tagliai una bella fetta e gliela appoggiai sul suo decolletè e che mangiai direttamente sul suo corpo.

Finalmente le sbottonai anche quell’ultimo bottone liberando poi le sue splendide tette: una seconda soda e a punta con i capezzoli scuri e larghi, puntati dritti su di me!

Ci dirigemmo in camera da letto portando con noi la torta.

Le appoggiai un altro pezzo di torta (quasi solo panna) sui capezzoli e la mangiai mordicchiandoli in punta.

Ci baciammo ancora e poi anche lei mangiò la torta sul mio corpo in un 69 memorabile, avevo il pene alla panna e cioccolato.

Lei me lo divorava mentre io avevo preso una cialda da gelato e con la cialda le spalmai la panna sulla figa, guarnendola con la torta. Venimmo insieme e bevemmo i rispettivi umori misti al sapore della Sacher.

Dopo abbiamo scopato con la dottoressa, con il camice aperto, prima sopra e poi sotto. Eravamo impiastricciati di torta ancora tutta la notte…

La prossima volta mi ha promesso che si concederà anche dietro…

Aspetto con ansia il prossimo appuntamento… ve lo racconterò


ANDREA

Prefazione:..

Una doverosa prefazione per dire ai lettori che questo racconto l’ho scritto in maniera sperimentale.

Ho diviso la storia in piccole sezioni precedute dal nome di chi parla. Desideravo esprimere con maggior intensità la psicologia e le sensazioni dei due principali protagonisti ed è quindi per questo che ho deciso di mostrare gli avvenimenti da entrambi i punti di vista. Spero che l’esperimento sia apprezzato…

Lisa.

.

- Antonio..

Lo conoscevo da sempre, aveva 9 anni meno di me, abitava nel mio stesso palazzo e lo avevo visto crescere. Andrea era sempre stato un ragazzino molto grazioso, pelle chiara e liscia visino delicato dai tratti molto femminili e accattivanti, labbra carnose, occhi grandi dallo sguardo languido. Andando al lavoro mi capitava spesso di incrociarlo e ricordo bene la prima volta in cui notai che in lui c’era qualcosa di strano. A quel tempo andava a scuola e spesso accadeva che facessimo la strada insieme.

Quella mattina mentre chiacchieravamo la mia attenzione fu attratta dal suo modo di camminare Andrea sculettava in modo molto vistoso, una cosa che non avevo mai notato prima, il suo delizioso culetto, sodo e prominente come quello di una ragazzina si muoveva ritmicamente con un eleganza tutta femminile. A quell’età capita spesso di apparire un po’ androgeni ma nel suo caso la postura sembrava voluta.

“Come và a scuola Andrea ? chiesi alla fine in tono scherzoso “scommetto che le ragazzine sono tutte ai tuoi piedi” affermai dandogli uno schiaffetto sul sedere.

Lui sorrise imbarazzato, si fece addirittura rosso e balbetto qualcosa che non capii, lo salutai e mi infilai nel bar a fare colazione…

Qualche giorno più tardi ebbi la conferma dei miei pensieri; mi capitò di incrociarlo sull’autobus. Dei ragazzini probabilmente della sua stessa classe lo molestavano e spintonandolo lo chiamavano femminuccia o andreuccia. Lui rimaneva li imbarazzato ed impacciato con il viso contrito al limite del pianto senza riuscire a proferir parola. Era vestito con degli short molto corti e aderenti che mettevano in mostra il suo delizioso culetto, scarpe da tennis e una canottiera alla moda che lasciava scoperto l’ombelico. In mano teneva uno zainetto rosa e mi sembrava che avesse le labbra lucide e gli occhi leggermente truccati con la matita nera…

“scommetto che ti piace questo” disse il più strafottente dei tre ragazzini toccandosi i genitali. Andrea abbasso lo sguardo e venne colpito al volto da un ceffone. Sei un frocio di merda gli dissero i tre. A quel punto mi feci largo fra la folla ponendomi di fronte ai tre ragazzini.

“Che cazzo state facendo stronzetti ?!!” dissi guardandoli con cattiveria “Tre contro uno, ma che bravi, se vi ribecco un altra volta a molestare Andrea vi do tanti di qui calci in culo che non potrete sedervi per una settimana” Ne spintonai uno e afferrai gli altri due trascinandoli verso la porta.

“Avete capito merdacce ?!!” gli urlai in faccia

“Si. . Si. . ” risposero spaventati.

Quando le porte dell’autobus si aprirono gli intimai di scendere se non volevano che ci pensassi io e tutti e tre corsero giù…

Guardai Andrea, era impietrito e tremava. Gli chiesi come stava. Mi guardò di sfuggita per un attimo fugace e mi fece segno di si che stava bene…

Quando scendemmo dall’autobus lo invitai a sedersi su una panchina. Guardandolo notai che le fettuccine degli slip che indossava sbucavano dai lati degli short. Molto probabilmente indossava un tanga…

“Capita spesso che ti prendano in giro ?” chiesi

“Si” rispose con gli occhi umidi e si mise a piangere sottovoce.

Lo abbracciai e quando lo sentii avvinghiarsi a me ebbi un sussulto, fù come una scossa elettrica che si scaricava nei genitali facendomi irrigidire il pene.

Cercai di calmare Andrea e di non dar peso all’effetto del suo abbraccio.

“Devi farti rispettare cazzo, non puoi rimanere li impietrito” dissi “ sei troppo sensibile te la prendi a male ma sono solo cazzate. Se ti prendono in giro fai altrettanto, quei ragazzini sono uno più sfigato dell’altro”..

A queste parole lo vidi leggermente sorridere…

“Sono solo invidiosi, ma su una cosa quei poveri idioti hanno ragione” dissi sorridendo “sei così carino che sembri davvero una ragazzina, sono gelosi di te e quindi cercano di screditarti. Devi cercare di essere più estroverso e di non prenderti troppo sul serio altrimenti ti renderanno la vita impossibile”..

“non è facile” disse Andrea con una strana espressione sul volto “io sono debole e non voglio fare a pugni, ho bisogno di qualcuno che mi protegga” pronunciò queste parole con un tono e una cadenza molto femminili. Mi guardava con occhi lucidi e la bella bocca dalle labbra carnose semiaperta…

“Si lo so non è facile” risposi, “ma sono sicuro che puoi farcela. e poi comunque puoi contare su di me. Se continuano a molestarti dimmelo e ci vado a dire due parole io ” dissi strizzandogli l’occhio…

Lui sorrise e mi abbracciò “Grazie” mi sussurrò all’orecchio

Mi guardava fisso con i suoi grandi occhi verdi e sembrava pendere dalle mie labbra. Se fossi stato più attento avrei colto in quello sguardo la sfumatura dell’innamoramento ma in quel momento non ci feci caso…

“Davvero pensi che sia carino ?” chiese con un sorriso raggiante.

“Certo, sei molto carino” risposi “fin troppo, probabilmente se ti facessi crescere i capelli non si riuscirebbe a capire se sei un ragazzo o una ragazza”. Lui mi guardò come se gli avessi fatto il complimento più bello del mondo. “Forse è per questo che mi picchiano quei ragazzi” disse a voce bassa…

“Ti hanno fatto del male ?” chiesi

Lui parve arrossire di nuovo e mi fece segno di si.

“cosa ti hanno fatto?”..

“mi vergogno” disse..

“coraggio dimmi”

Andrea si appoggiò al mio petto con la testa.

Lo sentii respirare a fondo e poi iniziò a parlare.

“Quei tre sull’autobus alla ricreazione mi bloccano spesso nel bagno. Oggi mi hanno dato degli schiaffi. Quello grosso mi ha girato le braccia dietro la schiena e mi ha fatto piegare in avanti e poi da dietro si muoveva contro di me e faceva finta di… ”

“si ho capito” dissi

“Mentre ero piegato e gli pregavo di lasciarmi stare un altro mi tirava i capelli schiacciandomi il viso contro i suoi pantaloni” indicò l’area del pube…

“Capita spesso che ti facciano queste cose ?

“All’inizio dell’anno no ma ultimamente nonostante cerchi sempre di stargli lontano continuano a starmi addosso”..

Guardai Andrea fisso, era visibilmente imbarazzato ma il suo tono di voce aveva tradito una certa eccitazione mentre mi raccontava quegli episodi. Forse non gli dispiaceva così tanto ricevere quel tipo di attenzioni pensai…

“Forse essere un po’ più virile ti aiuterebbe nel rapporto con i compagni di classe” affermai allo scopo di vedere l’effetto delle mie parole…

Andrea abbassò lo sguardo e vidi i suoi occhi inumidirsi di nuovo.

Capii di aver toccato un tasto dolente. Vidi che stava per alzarsi e lo fermai afferrandolo per un polso…

“Io non sono qui per giudicare” dissi “ognuno ha diritto ad essere ciò che vuole, il mio era solo un consiglio spassionato”.

Andrea mi guardò e io lo accarezzai sulla testa “Hai tutto il diritto di vestirti da femminuccia se lo desideri ma devi renderti conto che così facendo sarai sempre oggetto di attenzioni più o meno desiderate”

“Io non voglio cambiare e poi mi hai detto che sono carino. . giusto?”

“Si, è vero sei molto carino” dissi sorridendo “Però se non vuoi cambiare non puoi neanche prendertela se ti danno della femminuccia, ti pare ?

Mi guardò…

“Ok piccola” dissi “vorrà dire cha farò la tua guardia del corpo ok ?”

Andrea sorrise apertamente “Me lo prometti Antonio?, mi proteggerai ?” chiese “saranno anche degli sfigati ma quegli stronzi sanno essere molto crudeli” disse abbracciandomi…

“Si sarò la tua guardia del corpo”

Mi strinse e mi diede un bacino sulla guancia poi si girò velocemente e corse verso casa…

- Andrea..

Giunsi a casa eccitato con il cuore che mi rombava nelle orecchie. Mangiai velocemente qualcosa e poi approfittando del fatto che mia madre non sarebbe rientrata prima delle cinque mi spogliai completamente e con la sicurezza di chi ha fatto molte volte quelle azioni aprìi il cassetto della biancheria di mia madre e scelsi con cura i capi che desideravo. Indossai dei tanga bianchi con reggiseno dello stesso colore, una camicia da notte molto sexy color perla, dei collant autoreggenti bianchi e le scarpe con il tacco più alto che riuscii a trovare nella scarpiera.

Mi rimirai nello specchio montato sulle ante del grande armadio accarezzandomi le gambe snelle e camminai avanti e indietro sculettando.

Non mi sentiva nessuno e quindi esprimevo a voce alta la mia eccitazione sospirando e gemendo dei miei stessi tocchi

“Antonio, amore mio, voglio essere la tua ragazza, ti prego baciami, stringimi amore, sono tua fammi quello che vuoi”

Mi coricai sul letto e abbracciai il cuscino, “Sono la tua piccola. Ti amo… ti amo. . ti amo… ti amo. . ti amo… ” ripetei baciando convulsamente il cuscino.

“Ti prego Antonio fai l’amore con me, ti prego, voglio essere tua… la tua ragazza… ”..

gemevo e ansimavo eccitatissimo, poi mi alzai aprii un cassetto all’interno dell’armadio e frugai sul fondo finché non trovai un piccolo vibratore. Era di mia madre ma lo avevo scoperto e lo utilizzavo certamente più spesso di lei.

“Si amore te lo succhio. . mmmmmm sslllappp… ” dissi leccando con passione il dildo.

“mmmppphh mmmppph… come e bello sentirlo in bocca, ti piace amore ?… ti piace come ciuccia la tua femminuccia ?”..

Continuai a succhiare a lungo poi mi alzai e vidi riflesso nello specchio il mio viso rosso di lussuria. Andai in bagno presi un tubetto di crema e un bicchiere e tornai sul lettone…

Mi misi un po di crema sul buchino e iniziai a spingerci dentro il vibratore. “Oh Siiiiii amore, sono tua, inculami ti prego, . siii siiiiiiii”

Infilai il dildo più profondamente che potei e poi lo accesi. OH Siiii, sei il mio uomo SCOPAMI… INCULAMI AMORE INCULAMIIII !!

C’era per me qualcosa di incredibilmente eccitante nel ripetere a voce alta la parola inculami, era come se nel farlo mi aprissi totalmente al desiderio di essere posseduta e questo aumentava moltissimo lamia eccitazione…

Nello specchio vedevo la mia bocca aperta, gli occhi sbarrati, la lingua fuori. Con una mano spingevo avanti e indietro il vibratore mentre con l’altra masturbavo il mio piccolo uccellino duro.

Quando sentii che stava per giungere l’orgasmo mi sedetti in modo che il vibratore rimanesse profondamente dentro di me e gemendo eiaculai dentro al bicchiere, quindi, in ginocchio sulla moquette davanti allo specchio, mi colai sul viso lo sperma e guardandomi estasiato, con il vibratore che ancora ronzava dentro, lo raccolsi con le dita e lo inghiottì fino all’ultima goccia.

“Che buono amore, è buonissimooo, ti amo… ”..

Che bella giornata, ero al settimo cielo, continuavo a pensare ad Antonio e a come conquistarlo.

Desideravo ardentemente diventare la sua femmina, volevo sentirmi sua, farmi coccolare ma più di tutto voleva servirlo, essere ai suoi ordini pronto a soddisfare ogni sua voglia.

Eccitato dal pensiero che mi aveva promesso di essere la mia guardia del corpo e dai complimenti che mi aveva fatto quel giorno mi masturbai tre volte.

Mi immaginavo inginocchiato fra le muscolose gambe intento a succhiargli il cazzo. Chissà quanto era grosso e che buon sapore doveva avere…

1 CENTONE


l Centone

Me ne stavo a casa senza un cazzo da fare, invischiato fino al collo in una giornata pigra.

Era una di quelle giornate in cui la cosa migliore sarebbe farsi una lunga dormita, staccare la spina. E questo avevo fatto, almeno fino a quel momento. Il campanello che squillava, però, non era per niente d’accordo, così mi ero alzato, e grattandomi le palle ero andato ad aprire.

Dall’altro lato della porta Valentina, sgallettata affezionata al mio cazzo prima che a me.

-Che vuoi?-; in effetti ho il risveglio lento, ma tant’è.

-Non mi fai entrare?

-Dipende-.

-E va bene-, disse Valentina, e chinandosi sullo zerbino e armeggiando col mio pacco: -vorrà dire che il pompino te lo farò sul pianerottolo-

Cristo santo, pensai, le donne!, e la feci entrare.

-Senti tanto che sei qui-, dissi, -preparami il caffè che sono in ritardo-

In ritardo? E per cosa? Comunque Valentina se la bevve e andò ad accendere la macchina per il caffè. Mentre aspettava che si scaldasse ( è un modello di lusso, gente, e pure lei ha i suoi tempi), tornò alla carica con la storia del pompino.

Dovete sapere che Valentina è una grandissima succhiatrice di cazzi, una degustatrice raffinata, fa pompini affezionati e affettuosi; appartiene a quella particolare razza di donne che AMANO dare piacere al proprio uomo.

Di conseguenza, ce l’avevo duro, e mi grattai le palle ancora un po’ meditando sul da farsi.

Se io ero vestito solo di un pantalone leggerissimo e nero, lei era una vera bomba: jeans attillatissimi che le inguainavano il culo in una forma soda, rotonda ed esplosiva, un top scuro che le stringeva le tettone, zero trucco, capelli nerissimi e lisci legati in un coda alta. Chiunque altro le sarebbe saltato addosso all’istante, o se ne sarebbe venuto nelle mutande (che per altro non avevo) e si sarebbe chiuso nel cesso per spararsi una innocua e rassicurante sega. Chiunque altro, appunto, ma non io.

Io avevo preso una decisione.

-Ok, ok-, dissi –ma ti costerà parecchio. -

-Parecchio quanto?-

-Diciamo 100 euro-

Lei parve soppesare la mia offerta, mordicchiandosi le labbra e scoprendo con questo gesto fintamente innocuo e del tutto studiato denti regolari e bianchi. Poi scoppiò in una risata contagiosa. Per un attimo smisi di grattarmi le palle.

-Ci sto-, disse la suddetta troia (troia? Ma no, in fin dei conti il mondo è un gigantesco sacco di merda, e ne facciamo parte un po’ tutti, quindi meglio evitare inutili volgarità gratuite ad uso e consumo dei lettori). E continuò, sistemando una ciocca di capelli dietro l’orecchio sinistro, -ma prima devi farmelo vedere-.

-Ok-, e mi abbassai i pantaloni, mettendo in vetrina questi 20 centimetri abbondanti di cazzo, mezzo dritto ma non del tutto.

-Posso toccarlo?-

-Mi prendi per il culo?- la bloccai mentre già si avvicinava.

-Prima dovrai pagarmi. -

Lo sbuffo di vapore della macchinetta del caffè segnalava che l’infernale aggeggio era pronto per darmi il buongiorno.

-Per me non li vali tutti questi soldi-, disse Valentina.

-Tu dici?-

-Già-

Certo certo, un buon trucco, peccato che mi ero già ritrovato in situazioni del genere e conoscevo il copione. Così non abboccai.

-Allora fammi il caffè e vattene-, dissi.

Ancora quella risata; cazzo c’era da uscirne pazzi.

-Stavo scherzando-, disse lei, e si avvicinò. Una bella mano, davvero, smalto rosso, dita ffusolte, eleganti, dotate di insospettabile forza. Me lo strinse alla base.

-I soldi-, dissi, -coraggio tira fuori il centone. -

Valentina allentò la prese, e tirandomi per il cazzo andò verso il divano dove aveva poggiato la borsa. Da chissà quale tasca pescò un fragrante biglietto verde, me lo porse con gentilezza.

Stavo per controllare che fosse vero e non una patacca (ogni tanto qualcuna ci provava ancora a rifilarmi soldi falsi), ma decisi che poteva andare bene così. Le accarezzai i capelli lucidi, dopotutto sono il gigolò più dritto della zona.

-Bene-, dissi, -allora puoi cominciare. -

Sapevo perfettamente come Valentina succhiava il cazzo; era capitato che una sua amica le aveva dato il mio numero di telefono (l’amica era una mia cliente, naturalmente), e dopo la sua prima telefonata era passata a trovarmi un paio di volte. Non ho idea di che lavoro facesse, se lavorava o meno, o magari studiava, o magari che cazzo ne so. Insomma, non me ne fregava un accidente.

Ma torniamo al pompino. Valentina se lo gustava di brutto, masturbandosi freneticamente. Da dov’ero vedevo il manicomio di vestiti in giro per la stanza, jeans, mutandine, sandali, e la sua testa che andava su e giù. Non riusciva a prenderlo tutto, ma chiaramente non forzavo la mia cliente. Succhiava la cappella come un’idrovora, tenendo una mano alla base del cazzo e con l’altra sgrillettandosi come una pazza.

Aveva un ritmo forsennato, e poi improvvisamente rallentava, leccando tutta l’asta e i coglioni, e poi ripartiva daccapo.

Mugolava di piacere, di tanto in tanto mi fissava negli occhi. Sapeva che non doveva chiedermi se mi piaceva o meno, e sapeva pure che non era mia abitudine insultare eccessivamente le clienti (ma con un giusto extra si poteva anche fare, che cazzo!), così sorrideva, almeno per quello che poteva con il mio attrezzo in bocca.

Una mia ex, una vita fa, mi aveva raccontato che mangiando ananas lo sperma aveva un sapore particolare; cioè, ente, a lei piaceva, e io mi ero rpeso il lussop di generalizzare i suoi gusti, un po’ perché l’ananas piaceva anche a me e un po’ perché avevo studiato un po’ di marketing e sapevo che bisogna allettare il cliente (la cliente, non ricevo omosessuali) con qualcosa di particolare. In tempi di economia globale…

Insomma, il mio sperma piaceva parecchio i giro, e non so se era merito dell’ananas o che cazzo ne so. Sta di fatto che Valentina, sempre col cazzo sprofondato in gola se ne venne emettendo suoni gutturali mentre le tenevo la testa per farglielo sentire un po’ di più. Belle le vibrazioni della sua voce in preda all’orgasmo sulla cappella. Come diceva un vecchio zio, bisogna anche saper trovare il tempo di divertirsi sul lavoro…

Quando l’orgasmo iniziò a spegnersi, tirai fuori il cazzo per farla respirare.

Valentina, manco a dirlo, se lo riprese con forza e riprese la sua opera di pompaggio, leccandomi il filetto e lo spacchetto, massaggiandomi con la punta delle dita, baciandomi le cosce e il buco del culo. Tutto il repertorio, insomma.

-Vienimi in bocca-, disse quando si accorse che stavo per sborrare. –Per piacere-, aggiunse poi, sorridendo.

Sorrisi pure io, dopodichè le affondai il cazzo in gola, e prendendola per l’attaccatura dei capelli guidai il ritmo della pompa finchè non sborrai, direttamente nell’ugola, più o meno.

Valentina si bevve tutto golosamente, si leccò dalle labbra quello che non era riuscita a inghiottire subito e continuò a succhiare finchè non mi si ammosciò.

Così mi staccai da lei, le diedi una mano a rialzarsi.

-Se vuoi andare in bagno a sistemarti-, dissi, -è la seconda porta in fondo al corridoio-, ma poi mi ricordai che lo sapeva benissimo.

Valentina è veramente una gran figa, cazzo. Dopo aver tirato su i pantaloni, presi una sigaretta e me la fumai.

Un suo bacio sulla guancia, che accettai, e contraccambiai con una pacca sul culo. Poco fine, lo so, ma chi se ne frega.

-Ti chiamo-, disse mettendo un piede fuori dall’appartamento e tenendo l’altro ben ancorato al mio pavimento.

Stava per avvicinarsi e già vedevo la scena: lei che mi abbraccia, alzandosi sulle punte e strofinando un ginocchio contro il cazzo eccetera eccetera.

Così chiusi la porta, lei sorrideva, io pure.

In cucina mi feci il caffè, poi mi concessi la seconda sigaretta della giornata. Per l’occasione l’accesi con il centone che mi aveva dato Valentina.

Cazzo che era falso l’avevo capito subito, ma sono un tipo romantico, il gigolò più dritto della zona, non un vecchio stronzo qualsiasi!

LA NUORA - L'APE ED IL SUO NETTARE



Mi chiamo Elena e sono una signora di quasi quarant’anni, separata con un figlio, Marco di 19......Mi considero una donna colta ed emancipata e, soprattutto nelle questioni di sesso, non mi sono mai fatta scrupoli.

Sono cresciuta nella convinzione che nei rapporti con le altre persone, il sesso sia fondamentale per cui, essendo una bella donna, ho avuto parecchie storie sia con uomini sia con donne.
A Marco ho cercato di dare un’educazione molto permissiva cercando di fare di lui una persona libera da inibizioni e pregiudizi.
Un pomeriggio, un paio di anni fa in estate, stavo riposando in camera mia, ero sul letto leggiucchiando una rivista un po’ infastidita dal caldo, poco dopo Marco venne a sdraiarsi vicino a me, per un po’ stette in silenzio poi all’improvviso mi chiese:
“”Ti arrabbi se ti chiedo una cosa?”"
“”Sentiamo?”"
“”Mi fai vedere le tette?”"
“”Non credi sarebbe meglio chiederlo a qualche tua amica?”"
Poggiai la rivista e guardai Marco divertita.
“”Sì, forse… però non le hanno come le tue. E allora…”"
Scoppiai a ridere.
“”E così ti piacciono le tette della tua mamma, eh?”"
Gli dissi scherzando, poi aggiunsi in tono rassegnato.
“”Cosa non farebbe una mamma per accontentare i suoi figli!”"
Mi sedetti sul letto e feci scivolare via la vestaglia rimanendo in mutandine e reggiseno, poi lentamente portai le mani dietro la mia schiena e sganciai il reggiseno e, imitando le mosse di una spogliarellista, lo tolsi lanciandolo lontano.
“”Voilà!”"
alzai le braccia e porsi le mie tette allo sguardo eccitato e divertito di Marco.
“”Esprimi pure il tuo giudizio.”"
Mi stavo divertendo parecchio.
“”Mmhh…”"
“”Tutto qui? Mi aspettavo ovazioni più entusiastiche.”"
“”No! Sono senza parole…”"
Mi sdraiai accanto a lui che non riusciva a togliere lo sguardo dal mio seno.
“”Posso toccarlo?”"
Chiese timidamente. Io Annuii.
La sua mano si posò dolcemente su una tetta e iniziò a carezzarla, quando arrivò al capezzolo non riuscii a trattenere un sussulto e il mio capezzolo si inturgidì fra le sue dita.
“”Così finirai per farmi eccitare!”"
Scherzavo ma non tanto, lui tolse la mano e io mi girai su un fianco per guardarlo meglio.
L’occhio mi cadde sulla patta dei pantaloncini e vidi che era gonfia.
“”Vedo che faccio eccitare ancora anche i ragazzi!”"
Dissi indicandogli il rigonfiamento fra le gambe.
Rise imbarazzato.
“”Beh! Sai com’è…”"
“”Vediamo questo pisellino che scalpita, allora!”"
“”Vuoi che lo tiri fuori?”"
Il suo tono era imbarazzato ed incredulo.
“”Beh! Io ti ho fatto vedere le tette, mi sembra il minimo che tu possa fare per sdebitarti.”"
Si sfilò i pantaloncini e mise a nudo un uccello niente male.
“”Complimenti!”"
Dissi sorridendo.
“”E adesso che intendi fare! Non vorrai lasciarlo così tutto il giorno?”"
“”È il caso che vada in bagno”"
Mormorò quasi fra sé e sé.
“”Ma no!”"
Risposi
“”Puoi anche restare qui, se non ti imbarazza la mia presenza!”"
“”Davvero mamma?”"
“”Certo così potrai toccarmi le tette. Anzi, visto che ti piaccio così tanto ti faccio un altro regalo”"
Così dicendo mi sfilai le mutandine.
“”Non è meglio che masturbarsi da solo in bagno?”"
“”Oddio mamma… sei bellissima.”"
Gli presi una mano e la portai sul seno.
“”Dai, inizia pure!”"
Cominciò a menarselo con foga.
“”Rallenta!”"
Gli suggerii
“”Non vorrai venire subito?”"
“”Hai ragione.”"
Rallentò sensibilmente il ritmo poi, per facilitargli le cose mi misi a cavallo sulle sue gambe, con la sua mano libera percorreva il mio corpo.
“”Adesso fermati un attimo, riprendi fiato!”"
Si fermò continuando ad accarezzarmi, le sue mani si poggiarono sulle natiche, per facilitargli il compito mi sdraiai a pancia sotto e fu lui a sedersi sulle mie gambe mentre continuava a massaggiarmi i glutei.
“”Non ti piacciono solo le tette vedo?”"
Mi girai e lui venne a trovarsi in ginocchio fra le mie gambe, il suo uccello era viola e gonfio, pronto ad esplodere.
“”Dai ora fai godere questo pisellone prima che esploda.”"
Ricominciò a menarselo mentre con la mano libera mi carezzava l’interno della coscia, poi si inarcò ed iniziò a schizzarmi sulla pancia una quantità incredibile di sperma.
“”Mmh… una vera alluvione!”"
Commentai.
Si sdraiò affianco a me esausto.
La cosa aveva eccitato anche, mi accarezzai la figa e sentii il mio clitoride indurirsi.
“”Sai come far venire una donna?”"
Domandai a Marco.
“”Sì… però non l’ho mai fatto.”"
“”È ora che impari. Vieni qui.”"
Gli presi la mano e la portai fra le mie gambe
“”Lo vedi questo bottoncino duro?”"
“”Sì”"
“”Devi carezzarlo delicatamente, poi quando te lo dirò io devi accelerare il movimento. Capito?”"
“”Si! Va bene mamma.”"
All’inizio fu un po’ maldestro ma poi la mano prese il ritmo giusto portandomi alla soglia dell’orgasmo.
“”Ecco adesso… accelera…”"
Strinsi le gambe e venni fra le mani di mio figlio.
“”Bravo. Sei stato proprio bravo.”"
Lo baciai sulle labbra. Era visibilmente soddisfatto.
La cosa finì lì e non ci furono altri episodi del genere.
Qualche mese dopo Marco mi confidò di aver conosciuto una ragazza che gli aveva fatto perdere la testa.
“”Si chiama Monica e dopo una corte serrata da parte mia ci siamo messi insieme, sono molto felice.”"
Gli feci le mie congratulazioni e lo pregi di tenermi informata.
Passò un po’ di tempo, una sera che eravamo a cena chiesi a Marco della sua storia con Monica.
“”Stiamo sempre insieme.”"
Mi rispose soddisfatto.
“”Anzi, mi piacerebbe fartela conoscere!”"
“”Certo, mi sembra una buona idea. Potresti invitarla a cena sabato prossimo?”"
“”Si è una buona idea, sono contento che vi conosciate… sono sicuro che vi piacerete.”"
Attesi con una certa impazienza il sabato sera, ero curiosa ed eccitata all’idea si conoscere la ragazza di Marco e, devo confessare, anche un po’ gelosa.
Finalmente arrivò il sabato sera, alle otto in punto Marco arrivò accompagnato dalla sua ragazza.
Era molto carina, alta e magra, capelli molto corti, aveva un vestitino aderente che metteva in risalto le sue forme ma con molto buon gusto.
Durante la cena Monica si rivelò molto simpatica e spigliata, non mostrava nessuna soggezione tanto che finita la cena la invitai a passare la notte da noi.
“”Naturalmente potrai dormire in camera con Marco se vuoi? “”
“”Certo che voglio!”"
Mi rispose sorridendo e poi rivolta a Marco
“”Hai proprio una mamma in gamba ed anche molto bella!”"
Fui molto lusingata del complimento.
Mi ritirai in camera mia, faceva molto caldo così spogliai e mi misi a letto.
Non riuscivo a prendere sonno, l’idea che Marco e Monica stessero facendo l’amore mi turbava ed eccitava allo stesso tempo.
Mi alzai per andare in cucina a bere qualcosa e non pensai minimamente a mettermi qualcosa addosso, mentre stavo bevendo un bicchiere di vino bianco sentii dei passi alle mie spalle, mi voltai e vidi Monica anche lei nuda che aveva avuto la mia stessa idea.
Non si mostrò affatto imbarazzata, anzi mi sorrise.
“”Fa molto caldo.”"
Si avvicinò.
“”Sei molto bella!”"
“”Anche tu!”"
Le risposi, in quel mentre sopraggiunse Marco, nudo pure lui.
“”Sei qui mamma?”"
“”Abbiamo tutti sete”" dissi.
“”Stavo dicendo a tua madre quanto è bella.”"
Disse Monica, Marco si avvicinò e mi abbracciò
“”Si!”" confermò “”E’ una donna bellissima.”"
“”Vedo con piacere che avete un bellissimo rapporto.”"
“”Si il sesso non è mai stato un tabù fra noi, vero Marco?”"
Lo abbracciai a mia volta.
“”Che bello!”"
Fece Monica
“”Anche per me il sesso non è un tabù, mi piace farlo con le persone che mi piacciono.”"
Si avvicinò a noi baciò Marco sulle labbra poi mi mise una mano sul fianco mi attirò a
se e mi baciò.
Fu un bacio leggero a fior di labbra ma a me tremarono le ginocchia, Monica guardò
Marco poi incollò il suo corpo al mio e mi baciò di nuovo, la sua lingua questa volta forzò le mie labbra e fu un bacio appassionato.
Con la coda dell’occhio vidi Marco che si avvicinava, poi sentii la sua mano carezzarmi la schiena, mi abbandonai fra le loro braccia.
“”Che ne dite di venire in camera mia?”"
Sussurrai all’orecchio di Monica che per tutta risposta m’infilò la lingua nell’orecchio.
Una volta trasferiti in camera Monica s’inginocchiò fra le mie gambe e la sua lingua iniziò a tormentarmi il clitoride, i nostri sguardi s’incrociavano ogni tanto, cercai mio figlio che seduto su una poltroncina che guardava eccitato.
Sollevai Monica e le infilai la lingua in bocca, volevo sentire il mio sapore poi, la feci stendere sul letto e cercai con la mia bocca la sua figa, era ancora piena di sperma di Marco e questo aumentò la mia libidine.
“”Siii… continua!”"
Mugolava Monica.
“”Sei bravissima!”"

L’ape ed il suo nettare

Avevo organizzato la serata da tempo, un bel ristorante e poi a teatro. Un palchetto intero riservato a noi due, per rendere realtà una delle mie prime fantasie erotiche.
Tu non immagini ancora nulla e quando, nel lussuoso foyer, te lo sussurro tra una chiacchiera e l’altra fatta con i colleghi presenti, vedo nei tuoi occhi lo stupore della sorpresa.
La maschera ci fa accomodare e si chiude la porta alle spalle, ci togliamo i cappotti e sedendomi tu mi osservi con desiderio accarezzando con lo sguardo le curve morbide del seno e del fondoschiena che il mio abitino nero ed i tacchi alti mettono ancor più in risalto.
Ti sorrido compiaciuta e ti do un bacio.
Si abbassano le luci, comincia il concerto ed io mi appoggio con i gomiti al bordo del palco, in una posa tra l’infantile ed il malizioso. Il mio culo è a disposizione e l’abito dietro ha una generosa scollatura.
Aspetto la tua mano che arriva quasi subito.
Mi accarezzi i capelli, la nuca e poi scendi a sfiorarmi la schiena; ti avvicini e con la complicità del buio mi sfiori i capezzoli che sento diventare subito duri e sporgenti.
Ti ansimo nell’orecchio - ma cosa fai, guarda che ci vedono - ed ancora - forse dovresti fermarti - ma fa parte del gioco, mi piace fare la parte della verginella traviata e poi questo mio finto pudore ti eccita ancora di più. Non lo vedo, ma sono sicura che il tuo cazzo è già durissimo.
Tiriamo le nostre sedie più indietro; ora siamo completamente fuori dalla visuale dei palchi di fianco, mi allarghi le gambe e vai diretto alla mia figa, dove trovi autoreggenti e perizoma; lo sposti ed inizi ad accarezzarmela: è bagnata, infili due dita dentro e cominci a masturbarmi. Io mi stringo a te e mi attacco alle tue labbra, ti bacio ancora e ancora.
Le luci che arrivano quassù sono fioche, sapere che siamo in mezzo ad altre persone mi fa eccitare molto; ormai non mi interessa più dove ci troviamo, mi muovo avanti e indietro sulla sedia mentre le tue dita mi masturbano sempre più velocemente. Ho gli occhi chiusi e il mio respiro ora è lungo, profondo e sommesso.
- Voglio leccartela - mi dici piano all’orecchio ansimando.
Alzo piano il vestito, mi siedo sul bordo della sedia, prendo la tua testa tra le mani e la spingo sul mio sesso. La tua lingua ora succhia e sfiora il clitoride, prima molto lentamente per poi aumentare il ritmo; mi piace quanto sento la figa che piano piano si schiude, proprio come un fiore. E tu sei l’ape che succhia il mio nettare.
- Ti prego scopami, mettimi il cazzo dentro, ho voglia - ti imploro.
Ci alziamo, mi spingi con la faccia verso la porta, che blocco con il gancio, mi tiri su il vestito.
Sento un tuo dito che si infila dentro la mia vagina, lo inzuppi bene dei miei umori e me lo ficchi nel culo. Ho un sussulto, ma non aspettavo altro. Ci giochi un po’, poi sposti del tutto il filo del perizoma, tiri fuori il cazzo dai pantaloni e me lo sbatti dentro, così, da dietro, mentre davanti mi stringi le tette.
Sentiamo gli applausi del pubblico in sottofondo… abbiamo poco tempo.
- Sei una gran porca - mi dici - non ce la faccio più, sto per venire. -
Mi giro, te lo prendo in bocca e ti masturbo velocemente con la mano. Pochi secondi e mi vieni dentro, sento il gusto salato del tuo sperma.
Mi pulisco con un fazzoletto, tu mi guardi con un misto di gratitudine e libidine
e mi baci.
Ci accomodiamo nuovamente ai nostri posti, si accendono le luci dell’intervallo… una coppia di anziane signore sedute accanto ora ci guarda con sospetto… chissà se avranno sentito qualcosa.

LA MIA RAGAZZA E SUA SORELLA

Feci appena a tempo a buttarmi sul divano che Maria e Roberta passarono dirette furtivamente nel bagno.
Io avevo ancora il cuore in gola non so se più per lo spettacolo hard o se per il fatto di aver scoperto la mia ragazza e sua sorella che lesbicavano e si lasciavano andare a pratiche molto particolari.
Ero piacevolmente sconvolto e nonostante l’enorme sborrata mi sentivo ancora notevolmente arrapato.
Ma a proposito della sborrata, avevo dimenticato di pulire.
Feci per alzarmi per provvedere ma Maria uscì dal bagno proprio in quel momento:
- Hai dormito bene? -
- Si cara, anzi ho sognato proprio di te. -
Ero fregato, non sarei riuscito a trovare nessuna scusa plausibile per poter entrare nella camera dei miei suoceri.
Non sapevo proprio che fare.
All’improvviso mi venne un’idea: sarei rimasto a cena, cosa del resto abituale.
Dopo mangiato mio suocero si sarebbe stravaccato in poltrona vicino alla moglie, Maria si sarebbe data da fare a lavare i piatti e mia cognata sarebbe uscita immediatamente come al solito.
Per fortuna tutto andò come previsto: i miei suoceri non si avvicinarono nemmeno alla camera da letto.
Come al solito il padre della mia ragazza si mise in poltrona e quasi subito si addormentò sulla spalla della moglie.
Maria andò in cucina ed io cercando di non farmi scoprire entrai nella camera da letto incriminata.
Mi avvicinai subito alla poltrona, ma purtroppo dovetti constatare che il danno era irrimediabile: la sborra ormai s’era seccata e sul raso verde la macchia spiccava notevolmente.
Fu quasi istintivo tirare di tasca il fazzoletto per cercare di ripulire, ma invano.
Comunque probabilmente nessuno si sarebbe sognato di chiedermi spiegazioni anche perché ormai non si capiva certo che si trattava di sperma, e poi cosa centravo io con la camera dei miei suoceri? Sarebbe rimasto solo il mistero: il mistero della macchia.
Ma mentre riflettevo il rumore della porta che si chiudeva mi fece sobbalzare.

- Cosa ci fai nella mia camera da letto? -
Mia suocera era entrata all’improvviso, scoprendomi in un atteggiamento alquanto strano.
- Veramente oggi inavvertitamente ho fatto versare del Martini sulla poltrona e ora cercavo di vedere se era rimasta la macchia. -
Era la scusa peggiore della mia vita e il volto interrogativo e dubbioso di mia suocera ne era la prova.
- Ma che ci facevi nella mia camera bevendo Martini? Cos’è questa stronzata che dici? -
Ero imbarazzatissimo, non sapevo che pesci pigliare.
- Piuttosto non è che volevi spiare le ragazze dal buco della stufa? -
Cazzo! Aveva colto nel segno; e ora che le dovevo dire? E per la macchia?
Il mio silenzio non fece altro che confermare l’ipotesi di mia suocera.
- Passi per Maria che è la tua ragazza, ma che ti metti a spiare anche Roberta… Possibile che alla tua età sei ridotto a fare la spia come un ragazzino di dieci anni? E poi che hai fatto? Non mi dire che… -
Ebbene aveva capito tutto in un attimo.
Con uno sguardo che mi fulminava si avvicinò alla poltrona e dopo aver esaminato la macchia disse:
- Brutto porco che non sei altro, ti sei masturbato sulla mia poltrona. Ma con chi cazzo ti credi di avere a che fare. Certe cose valle a fare a casa tua sulla poltrona di tua madre e vatti a guardare tua sorella. -
- Ma io… -
- Ma stai zitto! Faresti meglio a scomparire. -
Cosa potevo fare? Mia suocera era imbestialita.
Per fortuna sembrava che non volesse creare casino dicendolo agli altri, ed in modo particolare a Maria, perché era come se urlasse sottovoce, proprio come chi vuole sfogarsi ma non lo può fare.
- E dire che ti avevo accolto veramente come un figlio. -
Questa puttanata del figlio l’avevo sentita un’infinità di volte.
In effetti era vero che ero entrato in quella casa in modo anomalo per essere un “genero”, ma da lì a dire che ero come un figlio non lo sopportavo.
- Se mi consideri tuo figlio devi anche capire che certe cose sono naturali, anche tuo marito si sarà masturbato da ragazzo. E poi… -
- Cosa vuoi dire con “e poi…”, finisci di parlare! -
Ora mi ero sbilanciato eccessivamente; mica le potevo dire che le due figlie lesbicavano tra di loro?
Mica le potevo dire che erano delle depravate della specie più assurda che potesse esistere?
- Allora, che aspetti? Che altra stronzata mi vuoi raccontare? -
- Vorrei dirti che il male non è solo dalla parte che si crede, ma basterebbe aprire un pochino gli occhi… -
- Un momento, mi vuoi forse dire che non è partito da te? -
- Non dico questo, ma certamente qualcosa mi ha attirato. -
- Voglio sapere cosa è successo e lo voglio sapere per filo e per segno, altrimenti dirò tutto a mio marito. -
Questa era davvero bella, sai che paura…? E ora…? Cosa dovevo fare, raccontarle tutto? Decisi allora di cercare di dialogare e di farla se non altro calmare.
- Se mi prometti di calmarti e di ragionare ti dirò tutto. Ma ora non mi sembra proprio il momento adatto, potrebbero entrare da uno momento all’altro. -
- E va bene, aspetteremo con calma che vadano tutti a letto. -
- Si, ma con che scusa rimango? -
- Guardiamoci il “Maurizio Costanzo Show”, di sicuro tutti andranno a dormire e tu con la scusa di continuare a seguire la trasmissione… -
Che cosa strana, da un momento all’altro era passata dalle minacce alla mia integrità fisica alla complicità.
Era pur vero che questa complicità era dettata dall’esigenza di voler in un certo qual modo proteggere la propria famiglia, ma per un attimo notai nel suo sguardo, nel tono della sua voce, nel suo atteggiamento, una sensazione di enorme curiosità.
Si, era proprio così; era curiosa di sapere cosa era accaduto, una curiosità sicuramente morbosa, tanto da farle dimenticare quasi all’istante l’ incazzatura.
- Va bene, facciamo così, ma tuo marito? Io so che non va a letto se con lui non ci sei anche tu. -
- Non ti preoccupare, faccio finta di coricarmi, poi con una scusa mi alzo. Lui si addormenterà praticamente subito. Ormai sono anni che faccio sempre così, altrimenti dovrei andarmi a coricare con le galline. -
- E Maria e Roberta? -
- Ti ripeto che sono anni che faccio così. Roberta sicuramente uscirà per tornare tardi e Maria, lo sai, non sopporta quella trasmissione e sicuramente andrà a coricarsi. -
In verità neanche a me allettava molto sorbirmi Costanzo, ma certamente non ero in condizioni di poter rifiutare. Ritornammo in camera da pranzo.
Maria aveva finito di lavare i piatti e si era già preparata per la notte, convinta anche del fatto che da lì a poco sarei andato via.
Roberta uscì dalla sua camera vestita di tutto punto, anzi a voler considerare la lunghezza della gonna e l’aderenza della maglietta si poteva dire “svestita di tutto punto”:
- Io esco, non mi aspettare perché faccio tardi. -
- Ma… -
Mia suocera non riuscì ad emettere altro suono che la porta d’ingresso era già chiusa.
Roberta era uno spirito ribelle e indipendente, e non c’era verso di farle fare qualcosa in modo diverso da come lei voleva.
- Io ho sonno e sono stanca, vado a letto. Mi raccomando Mario, non lasciarti convincere da mamma a seguire Costanzo, altrimenti finirai per addormentarti qui. -
Mi diede un bacio intrufolandomi furtivamente la lingua in bocca.
- Io mi vado a preparare. Vieni Mauro, andiamo a letto. -
Così dicendo mia suocera prese per mano il marito quasi come fosse un bambino e praticamente lo tirò dalla poltrona.
- E Mario che ci fa ancora qui? Come mai non è ancora andato via? -
- Rimango solo un altro pochino, poi vado via. -
- Hai detto a Roberta che almeno questa sera non deve uscire? -
- Si Mauro, non ti preoccupare che non esce, anzi è già a letto. -
Poveretto, era trattato come un coglione qualsiasi e tutto sommato mi faceva pena.
Era un gran lavoratore e non era neanche tanto gretto di mentalità, ma la sera dopo cena diventava quanto di peggio potesse esistere.
Rimasi da solo davanti al televisore, quella assurda situazione mi aveva messo un’ansia terribile.
Cosa le dovevo raccontare? Le potevo mai dire la verità? L’avrei sconvolta e poi, mi avrebbe creduto?
Mille pensieri mi affollavano la testa, ma uno in particolare suscitava in me un misto di curiosità e di stupore: quel cambiamento improvviso di umore non mi convinceva.
- Buonanotte Mario. -
- Buonanotte. -
Erano i miei suoceri che andavano a letto.
Lui era ridicolo fasciato in quel pigiama verde talmente stretto da sembrare una calzamaglia.
Lei invece indossava una camicia da notte piuttosto corta e anche trasparente.
- Indosserà sicuramente una vestaglia… - pensai - …ma con questo caldo, come farà? -
Rimasi assorto nei miei pensieri per circa una decina di minuti, poi la sagoma di mia suocera comparve sull’uscio della porta.
- Ora ci beviamo un liquorino e poi mi racconti tutto dalla A alla Z. E bada a non tralasciare niente, neanche il più piccolo particolare. Voglio sapere proprio tutto. -
Così dicendo si avvicinò al mobile bar.
Fu quella la prima volta che, complice la lampada sul mobile, vidi mia suocera sotto un’altra luce.
Quella camicia da notte era diventata completamente trasparente, lasciandomi vedere il suo culo a malapena coperto da un minuscolo slip; quando poi si chinò per prendere una bottiglia, la camicia da notte se ne risalì lasciando scoperte quelle chiappe che nonostante l’età sembravano essere ancora piuttosto sode.
Mi eccitai. Il fatto di guardare il culo di mia suocera mi provocò una eccitazione terribile.
Eppure non avevo mai pensato a lei sotto l’aspetto del sesso, ma in quel momento le sarei volentieri saltato addosso.
Riempiti due bicchieri me ne porse uno.
La luce alle sue spalle la rendeva completamente nuda ai miei occhi.
Quando poi mi resi conto che dalla generosa scollatura si vedevano quasi per intero due tette da favola, iniziai ad andare in ebollizione.
Fu questione di un attimo, ma la mia natura perversa mi fece decidere di raccontarle tutto nei minimissimi particolari, con l’intento di eccitarla.
Ero come un pazzo, non mi rendevo conto di quello che stavo per fare ma tanto cosa mi poteva accadere; ero solo stato spettatore di uno spettacolo che certamente non avevo messo su io e chi aveva peccato erano Roberta e Maria, o per lo meno erano loro che aveva commesso il peccato più grave.
Mia suocera si sedette sulla poltrona di lato alla mia, mettendosi una gamba sotto come a volte fanno i bambini.
Quella posizione lasciava scoperte le sue cosce e mi lasciava addirittura intravedere il bianco degli slip.
- allora, cosa mi dici? Dai, raccontami tutto. -
Non era più la persona incazzata di prima. Era presa da una curiosità terribile. Era tutta eccitata.
Senza distogliere lo sguardo dal suo corpo iniziai il racconto con una domanda:
- Quando sei uscita cosa intendevi dire con : “non fate le solite porche”? -
- Beh… - disse colta alla sprovvista e un pochino balbettando - …conosco i miei polli. -
- Cosa intendi dire? -
- Che una volta… -
- Una volta? -
- Ma non devo essere io a parlare, piuttosto cerca di raccontarmi tu qualcosa di plausibile! -
Dsse ritornando un pochino sulle sue.
Le dissi allora che tra veglia e sonno avevo visto le due sorelle intente a prendere qualcosa dalla libreria e che Roberta aveva insidiato Maria toccandole il culo.
- Porche che non sono altro, almeno fossero state attente. -
- A chi, a me? -
- Certo, e a chi altrimenti? -
- Quindi mi dici che non ci trovi nulla di male, basta che non si sappia? -
- No, non dico questo, ma visto che loro due… -
- Loro due…? -
- Ci risiamo, ho detto che devi essere tu a parlare, non io. -
Ormai era chiaro: mia suocera sapeva benissimo che le figlie se la spassavano tra di loro, e la cosa mi spiazzava un pochino.
Di sicuro qualche volta le aveva scoperte. Allora decisi di giocare d’astuzia.
- No, ora devi essere tu a parlare. Sai qualcosa che io non ho mai saputo e come futuro marito di tua figlia credo che abbia tutto il diritto di sapere. E faresti meglio a dirmi tutto, perché quello che io ho visto potrebbe essere solo una minima parte di quello che succede in questa casa. -
Ero riuscito a scambiare le posizioni: ora ero io l’inquisitore e lei doveva raccontarmi parecchie cose.
- Hai ragione - disse ad occhi bassi - ho il dovere di metterti in guardia. Ma non perché le mie figlie facciano del male a qualcuno… -
- Parla, ti ascolto. -
- Devi giurarmi però che non farai nessuna chiassata, anche perché Mauro è all’oscuro di tutto e tale deve rimanere. -
- Va bene, tu però non tralasciare nulla. -
Mia suocera alzò lo sguardo e puntando i suoi occhi nei miei iniziò a raccontare:
- E’ successo tutto circa due anni or sono. Eravamo in villeggiatura e Mauro come al solito era rimasto a portare avanti il negozio. Quel pomeriggio faceva un caldo insopportabile e decidemmo di rimanere sulla spiaggia fino a tardi. Era tutto deserto, anche perché eravamo in un posto un pochino isolato. Dopo che eravamo state un po’ a parlottare, Maria mi disse:
” Posso mettermi a seno nudo? Tanto non c’è nessuno. ”
Non ero proprio contraria, anche perché da ragazza lo avevo fatto anche io, ma la cosa m’imbarazzava un pochino; comunque non mi opposi Maria allora con un atteggiamento da attrice hard si tolse il reggiseno, liberando quel ben di Dio che tu sicuramente conosci. -
Riflettei, effettivamente Maria aveva un seno eccezionale, una quinta misura con due capezzoloni pronunciati.
- Quel movimento un po’ lascivo mi turbò, ma pensai che forse ero la solita mamma gelosa, certo però quel modo di mettersi in mostra senza neanche assicurarsi, poi, se c’era qualcuno… comunque mi ridistesi al sole fingendo noncuranza.
Dopo qualche minuto sentii Roberta che diceva a Maria:
” Sorellina, stando all’erezione dei tuoi capezzoli, deve essere piuttosto eccitante stare in topless! ”
E così dicendo, senza neanche chiedermi il parere, si sfilò il reggiseno rimanendo in piedi con Indosso solo degli slip talmente minuscoli da non coprire neanche tutti i peli del pube. Aveva un bel corpicino, anche se contrariamente a Maria il seno era piccolino. -
Mentre parlava potei notare che le guance erano talmente rosse da sembrare infuocate.
Era evidente che raccontare quell’episodio le procurava qualcosa che non si poteva certamente identificare come vergogna ma come qualcosa di stranamente eccitante per lei stessa.
- Roberta era lì in piedi a gambe larghe, in una posizione che aveva qualcosa di provocante, quasi a voler mettersi i mostra con forza e quasi a dimostrarlo disse:
” Mamma, visto che mi dicono che sono una bella gnocca, che ne dici se mi tolgo anche gli slip e rimango completamente nuda?”
” Hai visto che cosa hai combinato? ” mi rivolsi a Maria, ” Questa testa di cavolo di tua sorella ha bisogno solo di una piccolissima scintilla per prendere fuoco completamente!”
Ma non finii neanche di parlare che Roberta si era completamente denudata e tra le altre cose rimaneva in piedi e sempre a cosce larghe. -
A questo punto potei notare che mia suocera ogni tanto stringeva le gambe, era il segno evidente che si stava eccitando a raccontare quell’episodio che sicuramente mi avrebbe offerto qualcosa di inaspettato ma a suo tempo enormemente arrapante.
- “Almeno non ti mettere in mostra proprio come una bandiera, stenditi!” le chiesi, ma la mia richiesta non ebbe riscontro.
Roberta continuava a rimanere completamente nuda in piedi di fronte a me.
” Senti mamma, al posto di fare la monaca, perché non ti spogli anche tu?” mi disse con aria provocante.
Le risposi che era una pazza e che una donna sposata con due figlie certe cose non le pensavano nemmeno.
Questa mia frase fece scoppiare a ridere non solo Roberta, ma anche Maria che invece speravo mi potesse dare una mano a convincere la sorella.
Anzi, proprio quest’ultima iniziò un’opera di convincimento per farmi spogliare, Maria fu molto insistente ed io non riuscivo a capire il perché.
” Dai mamma! Hai un bel corpo, perché ti vergogni a mostrarlo alle tue figlie? Cosa aspetti? Dai spogliati anche tu! ”
Ad un certo punto anche Maria si alzò in piedi e solo allora capii che stava per accadere qualcosa di strano, qualcosa di anomalo
Mia figlia iniziò lentamente ad abbassarsi gli slip, quasi facendo la danza del ventre e con dei movimenti degni della più grande puttana mai esistita.
Si girò e chinandosi in avanti finì di sfilarsi gli slip mettendo in mostra da dietro la sua… si insomma… il suo sesso. -
Una pausa, stava sudando.
Si capiva che aveva la bocca asciutta e le parole le stentavano ad uscire non tanto per l’imbarazzo quanto per la gola secca.
Ero quasi tentato di prenderle dell’acqua, ma avevo paura di distrarla dal racconto e che quindi potesse cambiare idea e finirla lì.
- Non riuscivo a capire cosa volessero da me. Mi stavano provocando? Volevano eccitarmi? Ma come potevano pretendere che una madre potesse eccitarsi guardano le proprie figlie? E come potevano delle figlie agire in quel modo?
Maria rimasta anche lei completamente nuda si girò verso di me, la sua intimità era completamente depilata come una neonata.
Sempre con quei movimenti da danzatrice del ventre protendeva in avanti il bacino in modo da mettere la sua… il più in mostra possibile, anzi ad un certo punto piegò leggermente le ginocchia divaricando le gambe e con le mani se la apri con il più volgare dei gesti.
” Dai mamma ma che ti vergogni, guarda che questa l’ hai fatta tu, non ti fa piacere vederla cresciuta? A me farebbe piacere vedere la tua fica. Sono sicura che deve essere enorme e capiente come quella di una vacca!”
Più parlava e più si metteva in mostra. Ero stordita, non sapevo cosa fare! Fu Roberta allora a prendere l’iniziativa.
S’inginocchiò al mio fianco e con decisione iniziò a sfilarmi le bretelle del costume.
A nulla valsero i miei tentativi di ribellione: in un attimo il mio seno rimase completamente scoperto.
” Ahh! Vedi che ti stai eccitando? Hai i capezzoli completamente eretti! ”
” Non è vero! ” dissi, ma era evidente il contrario.
Anche Maria s’ inginocchiò e con una mano mi palpò un seno:
” Accidenti mamma, sembrano ancora quelle di una ventenne! Ma vediamo più giù… sono sicura che è tutta bagnata! ”
Dovevo per forza capitolare, Maria aveva colto nel segno.
Quando mi eccito, anche minimamente, mi bagno a dismisura tanto da bagnare tutto ciò che indosso; Roberta mi prese per le caviglie e neanche usando tanta forza mi divaricò le gambe.
” Ma guarda lì, sei fradicia! Hai tutto il costume bagnato! ”
Maria non stette neanche un attimo a riflettere, quasi mi strappò il costume aiutata da Roberta; lasciandomi completamente nuda. Ero completamente alla loro mercede e non avevo neanche la forza di coprirmi con le mani.
Mi divaricarono le gambe dicendo:
“Che ficona che hai, mamma!” -
Ora era visibilmente eccitata.
La camicia da notte ormai le era risalita oltre gli slip e la mano destra di tanto in tanto andava a carezzare di sfuggita la tetta sinistra.
Effettivamente doveva bagnarsi abbondantemente quando era eccitata, perché sugli slip era comparsa una macchia più scura che prima ero sicuro non ci fosse.
- Con un sorriso maligno e con aria da despota, Roberta prese il mio costume e con l’aiuto di un coltello che avevamo nella borsa del mare, cominciò a romperlo.
” Sei pazza! ” le dissi ” Non ho altro che il pareo di velo! Come torno a casa? ”
“Non ti preoccupare, non sarai la sola! ”
E così facendo prese tutti i costumi e li mise in una busta con un sasso dentro, poi con un tiro quasi da campione la scagliò talmente lontano in acqua che sarebbe stato impossibile recuperarli. Chiesi loro che intenzioni avessero:
” Beh! Di divertirci! ”
Mi risposero entrambe. -
- E allora cosa faceste? - Chiesi io ormai sempre più incuriosito ed eccitato.
Mia suocera continuò a raccontare.
- Dopo che Roberta ebbe buttato i costumi mi presero per sotto le braccia e mi costrinsero a passeggiare sul bagnasciuga.
Mi vergognavo da morire, lì tutta nuda a camminare come niente fosse.
Combinazione volle che se prima la spiaggia era deserta nel frattempo due coppie si erano sistemate non molto lontano da noi.
Feci per tornare indietro, ma loro mi costrinsero a continuare.
Così fui costretta a passare davanti a quelle persone, della prima coppia potei notare che lei ridendo disse qualcosa all’orecchio del suo compagno. Volevo morire. -
- Ma è mai possibile che permettevi tutto questo? Non è che ti creda molto. -
Chiesi con aria stupita.
- Hai ragione, ma ti posso assicurare che è tutto vero. Del resto alla fine capirai che ero praticamente ricattata da Maria e Roberta. -
Rispose mia suocera.
- Ti voglio credere, continua. -
- Non era la prima volta che mi costringevano a fare ciò che non volevo, ma a questo punto non erano mai arrivate.
Una volta davanti alla seconda coppia Maria disse:
” Raccogliamo dei sassi e buttiamoli in mare! ”
Non riuscivo a capire cosa volesse fare, ma non ci volle molto… mi sarei dovuta chinare in avanti per raccogliere i sassi, mettendo in mostra tutta la mia natura.
Fui quindi costretta a quel gioco perverso e dopo i primi sassi sentii i mormorii della coppia dietro di noi, che però non sembrava affatto divertita come l’altra, anzi sembravano molto interessati.
” Vedo che il gioco ti piace! ” disse Roberta ” Stai sbrodolando come una cagna! ”
Effettivamente mi stavo eccitando da morire e avevo addirittura tutte le cosce bagnate.
” Ti vorresti masturbare, vero? Confessa! ”
Avrei dato non so che cosa per godere e quelle due porche delle mie figlie lo sapevano benissimo, fu allora che Maria, ponendosi davanti a me, mi prese la testa tra le mani e mi baciò in bocca. -
- In bocca? -
Chiesi io meravigliato.
- Si, proprio così. Mi baciò con la lingua in bocca. -
Ero frastornato; sorella con sorella, figlia con mamma, che altro mi dovevo aspettare.
Nel frattempo mia suocera era sempre più scomposta, ormai stava a cosce aperte mostrando gli slip in primo piano.
la carezza di sfuggita alla tetta era ormai diventata un palpeggiarsi continuo.
- E poi? -
Imperversai io.
- Al bacio si unì anche Roberta. A quel punto persi ogni remora e incurante di tutto e di tutti partecipai a quel bacio a tre con tutta me stessa mentre le nostre lingue roteavano impazzite.
” Toccatemi… vi prego! Fatemi sentire le vostre mani! ”
Maria e Roberta non se lo fecero ripetere neanche una volta e le loro mani presero a toccarmi dappertutto.
” Ti piacerebbe vederci tornare bambine mentre succhiamo dalle tette? ”
fece Maria
” Si, fatelo… succhiatemi i capezzoli, leccatemi le sise.”
Fu un fuoco improvviso; ci buttammo a terra e iniziammo a fare di tutto.
Con la coda dell’occhio potei vedere che anche la coppia si stava dando da fare, sicuramente erano stati eccitati da noi
Roberta si stese pancia all’aria e mi fece mettere sopra di lei in una posizione a 69 e non ci volle molto a capire cosa volesse, così senza che me lo dicesse iniziai a leccarla e altrettanto fece lei. Sentivo la sua lingua entrarmi nella fica. -
Mia suocera ormai aveva perso ogni inibizione. Parlava usando tutti i termini appropriati senza alcuna censura.
Allora, arrapato come non mai, iniziai a farla parlare con delle domande:
- Ti piaceva il fatto che era tua figlia a leccarti la fica? -
- Si, mi eccitava da morire! Sentire la sua bocca che succhiava tutti i miei umori mi faceva impazzire e mi piaceva anche il sapore della sua micietta ancora acerba. -
- Ti leccava anche il buco del culo? -
- Si, mi infilava dentro la lingua e poi c’infilava un dito. -
- E Maria? -
- Maria si alzò in piedi e a cosce larghe iniziò a masturbarsi violentemente. Avrei voluto leccare la fica anche a lei, ma all’improvviso mi ordinò di cambiare posizione e di stendermi a fianco a Roberta baciandola. Lei invece sempre in piedi si mise a cosce larghe su di noi all’altezza dei nostri visi.
” Sii… falla, falla ora! ” diceva Roberta, ma io non capivo cosa stesse accadendo.
Dopo qualche attimo Maria iniziò a pisciarci addosso; per un attimo rimasi stupita, ma poi quel liquido caldo in faccia e nella bocca ebbe su di me un effetto devastante e senza che nessuno mi toccasse ebbi un orgasmo potentissimo. -
- Fammi capire, ti piacque la pisciata in bocca? -
- Si! Fu bellissimo… e poi era la piscia di mia figlia che mi veniva in bocca e in faccia. Mi schizzava anche sulle tette e quel calore sui capezzoli mi faceva impazzire. -
- E loro come godettero? -
- Maria godette masturbandosi mentre pisciava, mentre Roberta volle arrivare facendosela leccare mentre pisciava anche lei. -
Ormai mia suocera era cotta a puntino, o meglio si era cotta da sola.
Si tirò su completamente la camicia da notte tirandosi fuori le tette che prese a stringersi tanto che sembravano scoppiare.
Si tirava i capezzoli facendoli allungare a dismisura, poi finalmente si decise e si denudò completamente.
Mise le cosce sui braccioli della poltrona come se stesse dal ginecologo e iniziò a masturbarsi furiosamente.
Aveva una fica enorme con delle labbra che le uscivano abbondantemente.
Nel frattempo anche io mi ero spogliato e in piedi vicino a lei iniziai a masturbarmi.
Dopo qualche attimo sborrai copiosamente sul suo viso mentre lei quasi urlava per il suo orgasmo.
Ci fu qualche attimo di pausa.
Poi in tutta fretta la baciai sulla bocca ancora sporca del mio sperma.

- Ora vado via, ma domani dovrai continuare a raccontarmi la tua storia con Maria e Roberta.

mercoledì 13 maggio 2009

L'OSTESSA DI GABY- ERA TUTTO BUONISSIMO

A Genova, in vico della XXX, nel cuore della città vecchia cara a

Fabrizio de André, c'è l'Osteria di Gaby. Gestita da due giovani,
fratello e sorella, nascosta in fondo al vicolo, buia, in un luogo
decisamente squallido e mal frequentato, è un posto dove si mangia
piuttosto male e si beve piuttosto bene. Io ci vado, nella pausa del
lavoro, tutti i mercoledì, da giusto un anno. Ma non tanto per bere,
quanto per vedere la giovane ostessa, guardarla muoversi tra i tavoli,
sentire la sua voce mentre prende le ordinazioni o porta i piatti o il
vino. In un anno di regolari visite settimanali, l'ostessa non mi ha
mai offerto nulla se non qualche sorriso.

Oggi, al termine del pasto, al momento di sparecchiare il tavolo, mi
si avvicina.
Dice: "Sarà un anno che viene da noi ogni settimana. Le offro
qualcosa? Un limoncello, un digestivo?"
"No, ho già bevuto abbastanza, tra un po' devo tornare al lavoro",
rispondo.
Si guarda intorno circospetta: "Vuole del fumo?"
Non sono particolarmente sorpreso, il locale è certo di quelli dove si
può trovare facilmente del fumo. Ma io non fumo nulla e glielo dico.
"Se vuole qualcosa, mi dica pure."
"Vorrei scopare" arrischio.
La ragazza mi guarda, senza mostrare sorpresa. Chiede soltanto: "Con
me?"
"Sì, certo, con te" dico passando al tu.
Sono l'unico cliente ai tavoli, al bancone un paio di sballati bevono
birre, serviti dal fratello.
"Venga di là."
A fianco della toilette c'è una porta a soffietto che conduce a un
ripostiglio. Mi guida di là, chiude.
Ci sono scaffali con scatolette e bottiglie, un tavolo in mezzo.
"Cosa vuol fare?"
"Puoi prendermelo in bocca?"
"Va bene"
Apprezzo la sua laconicità, non una parola di troppo; noto che
continua a darmi del lei, il che mi dà un effetto di straniamento.
Si inginocchia davanti a me, mentre mi apro la patta dei pantaloni. Il
mio uccello è già passabilmente duro e lei lo abbocca con decisione.
Con una mano mi accarezza le palle, con l'altra si appoggia alla mia
coscia. E' una brava pompinara, concreta, veloce, regolare, mantiene
il ritmo, non si perde in ghirigori. Mi piacerebbe che si toccasse e
glielo dico, ma evidentemente preferisce finire presto e bene quello
che deve fare.
Ora sento la cappella indurirsi ancora dentro la sua bocca, sento che
ci sono quasi; le chiedo: "Posso venirti in bocca?"
Fa segno di sì con la testa, senza interrompersi; ancora un minuto di
risucchio, e sborro; continua allora a succhiare, più lentamente,
finché non ha tirato fuori l'ultima goccia.
Quando sente il cazzo ammosciarsi, lo lascia e si rialza. Qualche
goccia di sborra le sta colando dalle labbra sul mento. Se le asciuga
con calma con un fazzolettino di carta.
"Va bene?" chiede.
"Sì, ma vorrei scoparti sul serio".
"E' appena venuto, le ci vorrà del tempo...non doveva tornare al
lavoro?"
"Posso fare una pausa più lunga, per una volta" insisto, sperando che
accetti.
"Quanto pensa che le ci voglia?" mi dice dubbiosa.
"Un quarto d'ora", butto lì, ottimista.
Fa una smorfia, non ci crede che mi ripigli in un quarto d'ora, alla
mia età. Forse ha ragione. Apre a mezzo la porta a soffietto, sbircia
la sala, c'è una coppia seduta al tavolo che sta aspettando di essere
servita.
"Va bene" mi fa, "servo quel tavolo e torno tra un quarto d'ora. Mi
aspetti qui. Non si faccia vedere." Se ne va, richiudendomi la porta
in faccia.
Dopo un po' non resisto, disobbedisco e apro uno spiraglio nel
soffietto. La vedo danzare tra i tavoli, reggendo piatti e quartini
di vino, la vita sottile, il culo magro stretto nei jeans. Richiudo,
aspetto, passo in rassegna gli scaffali, studio lo scatolame e le
bottiglie. Penso al suo culo e sento, con sollievo, che mi sta
tornando duro.
Dopo un quarto d'ora precisa, riapre la porta e torna nel ripostiglio.
"Ci sono. Lei come va? Pensa di farcela?"
"Sì."
"Venga, allora."
Si appoggia con la schiena al tavolo. "Questi me li levo, staremo più
comodi", si sfila i jeans, poi le mutandine, rimane con addosso solo
una camicetta e il pullover. Non è alta, ma ha le gambe slanciate.
Cerco di guardarle la figa, è nascosta da un cespuglietto di pelo
castano scuro. Si stende sul tavolo, a gambe aperte, sollevate.
"Ma se entra qualcuno?" chiedo, leggermente inquieto.
"Al massimo mio fratello. A lui non importa."
E poi:"Venga. Abbassi i pantaloni. Non perdiamo tempo. Devo servire i
caffè tra poco."
Faccio come mi dice, mi accosto al tavolo, entrando tra le sue cosce
spalancate. Mi appoggia l'incavo delle ginocchia sulle spalle, poi
intreccia i piedi dietro la mia nuca. Sono prigioniero, posso solo
spingere in avanti e il mio cazzo è all'altezza della sua figa. Penso
che forse il tavolo è stato fatto apposta per il nostro amplesso.
Spingo la cappella tra le labbra della figa; è bagnata, stretta il
giusto, si apre senza difficoltà. La chiavo; accompagna le mie spinte
con movimenti uguali e contrari del bacino. Si accarezza con una mano,
sento le sue dita sul mio cazzo, attraverso membrane e mucose. Si
contrae attorno al mio uccello, silenziosa, efficiente.
"Mi tocchi le tette", ordina.
Le infilo una mano sotto i vestiti, con l'altra mi sostengo al bordo
del tavolo. Arrivo al reggiseno, glielo scosto; le tette sono piccole,
ma sode, i capezzoli dritti. La palpo, mugola un po', senza fare
troppo rumore. La cappella mi si sta ingrossando ancora dentro di lei,
accelero, spero che venga prima di me. Affretta il movimento delle
dita, il respiro è più concitato; chiude gli occhi, la sfioro anch'io
con due dita, cercando di favorirle l'orgasmo. Viene, con discrezione,
con solo un sospiro in più. Riapre gli occhi, mi guarda, credo che
capisca che sono anch'io alla fine.
"Può sborrarmi dentro, se vuole."
Lo faccio. Vengo a lungo, con schizzi ripetuti e copiosi. Continua ad
ondeggiare lentamente per circa un minuto, giusto il tempo che il
cuore mi rallenti. L'uccello esce dalla figa con un risucchio. Scende
dal tavolo e si ripulisce con un fazzoletto, me ne passa uno. Si
rimette a posto il reggiseno, tira su mutande e jeans, si rassetta
veloce.
"Devo servire."
e poi:
"Andava bene?" come se parlasse di un piatto che ho appena mangiato.
E poi:
"L'anno prossimo potrà mettermelo nel culo, se le va."
e poi:
"Venga, le preparo il conto."
Apre la porta a soffietto. Penso che sì, ci si mangia male, in questa
osteria, ma in fondo vale la pena di venirci ancora. Seguo i suoi
pantaloni che danzano tra i tavoli, fino al bancone.


In un anno di regolari visite settimanali, l'ostessa non mi ha mai
offerto nulla se non qualche sorriso.
Oggi, al termine del pasto, al momento di sparecchiare il tavolo, mi
si avvicina.
Dice: "Sarà un anno che viene da noi ogni settimana. Le offro
qualcosa? Gradisce un limoncello, un digestivo?"
"Prendo volentieri un limoncello, grazie" rispondo io.




Era tutto buonissimo



- Dai, prendetene ancora, poi mi resta tutto se no...
Paola cerca di versare altre lenticchie nel piatto di Giovanni e sua moglie.
- No no, basta, grazie. Davvero, grazie - dice Nora allungando una mano sul
piatto.
- Erano buonissime.
- Ma dai, altre due...
Alfredo si stravacca sulla sedia carezzandosi la pancia con la mano.
- E smettila no? Ti hanno detto di no, e' no.
- Pensavo che magari facevano i complimenti...
- Erano buonissime, davvero. - Nora si sporge sul tavolo per rassicurarla.
Giovanni approva entusiasticamente.
- E anche il cotechino, ottimo.
- E' la ricetta di mia madre, la faceva sempre...
- Oddio! - esclama Alfredo - ce l'hai gia' raccontata l'anno scorso 'sta
cosa delle lenticchie, e basta, no?
Nora lo ignora e si rivolge alla donna.
- Davvero? Doveva essere brava.
Il padrone di casa sbotta a ridere.
- Chi, quella vecchia rincoglionita? Ma se non la riconosceva nemmeno - e
indica la moglie con un pollice - la cacciava via di casa con la scopa e si
faceva fregare i soldi dalla badante.
- Beh, si', alla fine, quando era malata, ma prima era...
- Ma che cazzo stai a di'. Dai, partitina a poker? Leva 'sti piatti, Pa'.
Renditi utile.
Nora guarda suo marito.
- Io veramente sarei un po' stanca...
- Beh...
- Dai, non fare la rompicoglioni, tuo marito vuole giocare. Vero Giovanni?
- Magari solo una, cosi' per la tradizione...
- Lo vedi? Tu lo castri questo poveraccio.
Nora liscia una piega sulla tovaglia.
- Ok, solo una.
Cerca di sorridere a Paola. - Tu sai giocare?
- No! - Risponde Alfredo per lei mimando un pupazzo a molla - ma serve per
tenere le carte in mano!
Ride guardandoli in cerca di approvazione.
Nora arriccia un labbro fissandosi le mani, Giovanni sorride guardando Paola
con aria di scusa.
- E lei? E' capace di giocare? - chiede Alfredo indicando Nora.
Lei scatta come una biscia.
- Sono qui eh, Alfredo? Puoi chiederlo anche a me.
Ma lui da un leggero pugno sulla spalla dell'altro uomo.
- O e' piu' brava in certe altre cosette, eh?
- Ma dai! - sbotta Nora.
Giovanni sorride imbarazzato.
- Dai Alfredo.
- Eh? Eh?
- Su, facciamo questa partita! - esclama Giovanni prendendo il mazzo di
carte.
- Hei, Noruccia, non te la sei mica presa, no? - sghignazza Alfredo - Oh,
che fai, non mi rispondi? Ignorantona! E poi fa la signora elegante...
Nora si gira verso il marito.
- Forse e' meglio se andiamo.
- Se la tira, la tua mogliettina eh? Cazzo se se la tira. Almeno e' brava a
fare i pompini o no?
- Cosa?? - la donna salta sulla sedia.
- Oh, e che ci sara' di male? Paola per esempio, non sembrerebbe, ma e'
proprio brava. Vero Pa' che te la cavi coi pompini?
- Dai basta, Alfredo, giochiamo - dice Paola.
- Oh! - le urla addosso - Non dirmi cosa devo fare! Te l'ho detto un milione
di volte! Non devi dirmi cosa devo fare!! Hai capito?
Restano tutti in silenzio per qualche secondo.
- Giovanni, "sul serio", andiamo via - dice poi Nora guardando il marito.
Alfredo salta in piedi rovesciando la sedia.
- Voi non andate da nessuna parte!
- Come scusa? - chiede Nora.
- Siamo stati bene, Alfredo, ma siamo davvero un po' stanchi ora - fa
Giovanni.
- Te lo mette proprio nel culo quella, eh? Giovannino... Proprio come a
lavoro! Te lo fai mettere da tutti! Mi sa che ci godi pure, eh?
Nora scatta in piedi.
- Ma tu sei matto! Puoi darci i cappotti, Paola? Per piacere?
Paola cerca di alzarsi ma Alfredo le prende per un braccio e la ricaccia
giu'.
- Paola fa quello che dico io, e io dico che voi ora vi sedete e ci facciamo
questa cazzo di partita a poker! O dovete pure rovinarmi il capodanno eh?
- Non se ne parla neanche. Io voglio andare via. Giovanni?
- Giovanni? - dice Alfredo in falsetto - prendimi il cappotto. Giovanni?
Mettimelo in fica.
- Sei ubriaco, Alfredo - dice Giovanni - noi andiamo.
- Ecco. Vado a prendere i cappotti.
- Io non sono ubriaco, che cazzo stai dicendo! - Urla Alfredo. Poi mette le
mani sul bordo del tavolo e glielo spinge addosso.
- Oh! Ma sei impazzito??
- Io non sono ubriaco! Come cazzo ti permetti! Sei mio ospite in questa
casa, mangi a sbafo e poi mi offendi dicendo che sono ubriaco? Ma come cazzo
ti permetti! Come cazzo ti permetti, vorrei sapere!
- Alfredo, per piacere... - Paola sembra volersi sciogliere sulla tavola -
stavamo cosi' bene...
- Tu sei pazzo! - urla Nora tornando dalla camera da letto con i cappotti in
mano - sei completamente pazzo! Tieni Giovanni, andiamo.
- Tu non ti muovi di qui, deficiente! Quella ti tratta come una pezza da
piedi, non lo vedi? - Alfredo prende Paola per i capelli e la strattona
indietro. - Ora ti faccio vedere!
Paola alza una mano a mezz'aria e la lascia li'.
- Alfredo, ti prego...dopo. Dopo.
- Dai Alfredo, smettila, abbiamo capito, non c'e' bisogno. Le fai male. -
dice Giovanni.
- Ma che cazzo vuoi!! Vieni a casa mia e ti permetti di dirmi cosa devo
fare? Io faccio quello che cazzo mi pare con mia moglie, chiaro? Tu sei mio
ospite e devi solo stare zitto e basta. Zitto, capito?
Con la mano libera Alfredo comincia a slacciarsi i pantaloni.
- Guarda!
- Smettila adesso, Alfredo! - urla Giovanni - Lasciala andare!
Nora tira fuori il cellulare dalla borsa.
- Questo e' impazzito... Io chiamo la polizia. Io chiamo la polizia, cazzo.
- No! - dice Paola con il collo ancora piegato indietro - non c'e' bisogno,
non c'e' bisogno. Scherza, scherza.
- Paola, quest'uomo e' ubriaco e ti sta... diosanto non e' possibile, tutto
questo e' assurdo! Ma che cazzo ci siamo venuti a fare qui, stasera, cazzo,
cazzo! Lasciala cazzo! E rivestiti! Giovanni digli qualcosa!
- Cos'e', miss figasecca si scandalizza? Non hai mai visto un pisello? Apri
la bocca, tu, apri!
- Io me ne vado. Io me ne vado! Giovanni! Andiamo via cazzo!
Alfredo spinge il cazzo nella bocca di Paola e comincia a pomparla inarcando
il bacino.
Paola ha le mani posate sul tavolo, inerti, ma con la bocca lo succhia
diligentemente. Gli occhi sono chiusi..
- Succhia bene, se no lo sai che ti succede vero? Vuoi che te lo faccio qui
davanti a tutti?
Monica scuote la testa con un gemito.
Nora strattona la porta.
- Apriti! Apriti! Vaffanculo come si apre!
- Calma, Ele, Aspetta, forse c'e' una sicura...
- La chiave e' nella mia tasca, piccola, se la vuoi vieni a succhiarmi anche
tu.. Mmmhh, aah, si'...
- Apri stronzo!!
- Adesso basta, davvero - urla Giovanni con una voce tremante - Alfredo,
vieni ad aprire! Sto perdendo la pazienza!
- Di' a quella troia di venirmi a succhiare l'uccello, poi forse la faccio
uscire! Ha ha ha!
Giovanni si precipita lungo il corridoio e lo prende per il bavero della
giacca.
- Ma come ti permetti, brutto stronzo! Stai parlando di mia moglie! Chiedile
scusa immediatamente!
Si strattonano a lungo senza staccarsi, come se fossero rimasti incollati.
- Oddio... Basta! - urla Nora.
Poi Alfredo spinge indietro l'altro con forza e lo manda a rovesciarsi sul
tavolino del salotto.
- Giovanni!!!
La voce di Paola e' come il miagolio di un gattino:
- Alfredo, per piacere, mandali via. Restiamo da soli... Alfredo, voglio
restare da sola con te, ti prego, ti prego, lasciali andare via, Alfredo.
- E va bene, - le risponde lui - affanculo pure 'sti due stronzi. Ma chi
cazzo ce li vuole in casa, ma perche' cazzo li ho invitati a casa mia,
ingrati del cazzo...
Va ad aprire la porta poi torna da sua moglie e glielo mette davanti alla
bocca.
- Succhia.
- Dopo... dopo te lo faccio
- Succhia!!
Nora li guarda sconvolta, tira su il marito di forza e si precipita per il
corridoio tremante.
- Usciamo Giovanni, ti prego.
- Comunque anche tua moglie non e' male coi pompini! - gli urla dietro
Alfredo mentre con la mano dirige la testa della moglie.
Giovanni si blocca appena fuori dalla porta.
- Che stai dicendo? Stronzo!
- Falli andar via, ti prego, Alfredo, andiamo di la', io e te e basta...
- Si', si', proprio una succhiacazzi imperiale. Diglielo tesoro, quanto ci
siamo divertiti quando lui era fuori.
- Figlio di puttanaaaaa! - urla Nora scoppiando a piangere - vaffanculo!
Giovanni la guarda.
- Non credere a una sola parola, e' pazzo, pazzo, capito? Pazzo! Andiamo
via, ti prego andiamo via!
- Calmati Nora, calma, ora andiamo. L'ascensore sta arrivando.
Qualcuno dal piano di sopra urla - La vogliamo smettere? Qui c'e' gente che
dorme!
Alfredo arriva alla porta a grandi passi e ricomincia a urlare con il cazzo
ancora duro che esce dalla patta.
- A casa mia faccio quello che voglio, capito stronzo? E poi che cazzo ti
dormi a capodanno eh? Che cazzo dormi, scopa, invece! E tu! Diglielo al tuo
maritino quanto ti piaceva succhiarmi l'uccello! - se lo prende in mano e lo
agita in direzione di Nora - Diglielo che ti piaceva farti sbattere!
- Bastaaaaa!
Nora afferra il ficus che sta vicino alla porta e lo scaraventa per terra.
- Che cazzo fai, puttana! Questa e' casa mia! Ma come ti permetti!
Alfredo scatta verso di lei per afferrarla. Nora si ritira con un urlo
mentre il marito si mette in mezzo per proteggerla. - Basta! - Esclama - Hai
passato il limite, Alfredo! Sei completamente...
Poi spinge la moglie nell'ascensore che e' arrivato, nel frattempo.
- Andiamo via, presto.
- Ma andatevene affanculo, stronzi! - inveisce Alfredo con la mano alzata -
E tu, testa di cazzo, non mi credi? Lo vedi quanto sei coglione? Sei sempre
stato un coglione, non andrai mai da nessuna parte, capito? Coglione! Lo
vuoi proprio sapere? Questa troia sul culo ha...
- Zitto!! Zittoooo! Vaffanculo, devi stare zitto! - Grida Nora senza voce.
Le porte dell'ascensore si chiudono con un tlin! e Alfredo si avvicina alla
fessura e urla con tutto il fiato che ha.
- ...ha una voglia rossa, sul culo! Cornuto!!