*****ROXY E' TORNATA!

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Con grande eccitazione Roxy vi comunica che riparte l'aggiornamento costante del suo blog.Dopo una lunga pausa vi invita tutti a seguire i suoi post dedicati al mondo del sesso e più intrigante erotismo.Buona Lettura

Adult Ego

sabato 25 aprile 2009

SERENA, E VALENTINA


Vi dovevo ancora raccontare, se la memoria non m’inganna, di quell’ultimo giorno che passai con Serena, la bella ragazza italiana con la quale ebbi una breve storia l’anno in cui lei venne in vacanza, con alcuni amici ed amiche, nell’isola dove io vivo.
Era il giorno che precedeva la partenza di Serena, ed avevamo concordato di tornare per la terza volta ad Analipsi, la spiaggia solitaria su cui eravamo già stati nei due giorni precedenti, e dove avevamo fatto sesso in assoluta tranquillità e libertà, dal momento che quel tratto di costa, così nascosto e difficile da raggiungere, era sempre deserto.Volevamo fare l’amore ancora una volta, prima che le nostre strade si dividessero definitivamente a causa della sua partenza.Ma quando ci incontrammo nel piccolo porto vicino al suo albergo, dove avevamo appuntamento e dove io l’attendevo con la barca, intenzionati a proseguire poi insieme verso Analipsi, Serena si presentò con un’altra ragazza, una di quelle sue amiche che erano venute in vacanza insieme a lei.
- Ciao, Vassili - fece Serena, sorridendomi - ti presento la mia amica Valentina… ecco Valentina, lui è Vassili, l’amico del quale ti stavo prima parlando… -Sorpreso di non trovare Serena da sola, strinsi la mano a Valentina, baciandola sulle guance e mormorando qualche parola di circostanza.- Ti dispiace se Valentina viene con noi ? - proseguì Serena - Sai… gli altri del gruppo sono andati a passare la giornata al Water-Park… e lei non ne aveva voglia… vuole godersi il mare fino all’ultimo minuto… e mi dispiacerebbe restasse sola tutta la giornata… -Le parole di Serena mi avevano spiazzato.La presenza di quella ragazza, della sua amica Valentina, purtroppo, rovinava tutti i miei piani per la giornata.Non sarei stato solo con Serena, e non avrei potuto fare con lei e con il suo splendido corpo quello che così ardentemente desideravo.E la cosa non mi rendeva propriamente felice.Con una punta di fastidio notai che Serena, invece, era allegra e contenta come nei giorni precedenti, e che non mostrava minimamente di essere contrariata da quello che a me appariva come uno spiacevole imprevisto.La cosa mi meravigliò non poco, visto che la ragazza mi aveva detto di voler passare quell’ultima giornata da sola con me, e che era suo desiderio fare del sesso come e più delle altre volte.In ogni caso non mi restava che fare buon viso a cattivo gioco e adattarmi alla nuova situazione che si era venuta a creare.- Certamente. Allora… benvenuta a bordo, Valentina… -E fu così che ebbe inizio quell’ultima giornata con Serena.In quel momento non potevo di certo immaginare che sarebbero state ore assolutamente fantastiche e indimenticabili.
Il motore della mia barca borbottava sommesso, mentre ci avvicinavamo sempre più ad Analipsi.Il mare era liscio come l’olio e l’afa opprimente, tanto che una rada foschia velava l’orizzonte.Le due ragazze, per sfuggire al caldo, si bagnavano in continuazione, prendendo la fresca acqua dal mare con un piccolo secchio che tenevo sempre a portata di mano per quando andavo a pesca.Di Serena conoscevo, ormai, ogni particolare, praticamente ogni singolo centimetro del suo eccitante corpo.Le prime due volte che ero venuto con lei alla spiaggia di Analipsi, avevamo lungamente fatto l’amore e goduto l’uno dell’altra, con deliziosi e piacevoli giochi erotici, che erano rimasti impressi indelebilmente a fuoco nella mia mente.Il giorno precedente erano stati i piedi di Serena a farmi raggiungere vette di piacere totalmente sconosciute e, due giorni prima, erano state le sue mani a condurmi verso un orgasmo sconvolgente. E ora, mentre le due ragazze, ridendo e scherzando tra loro allegramente, si schizzavano di acqua fresca e salata, con rimpianto, vista la situazione, mi ritrovai a guardare le mani ed i piedi di Serena: sempre più deluso e masticando amaro, ebbi un tuffo al cuore quando vidi che la ragazza si era laccata le unghie delle mani e dei piedi di un azzurro intenso, lucido e brillante.Immaginai, per un attimo, le sue mani sul mio cazzo ed i suoi piedi sotto la mia lingua, e subito un fremito mi percorse facendomi rabbrividire, e un principio di erezione prese ad agitarsi nel costume.Ma, quel giorno, non avevo speranza alcuna di potermi dedicare alle sue estremità, vista l’inattesa presenza della sua amica, di Valentina.Era meglio che mi dessi subito una calmata, che non lasciassi trasparire la mia contrarietà, per non rendere, a me e a loro due, la giornata ancora più antipatica e deludente.
Già, Valentina.L’avevo osservata attentamente mentre navigavamo verso Analipsi.E dovevo ammettere che, al pari di Serena, era una ragazza molto bella,anche se completamente diversa, da un punto di vista fisico, dall’amica.Più alta, longilinea, con un seno di almeno due taglie più piccolo di quello di Serena, Valentina aveva un viso piuttosto lungo, con occhi incredibilmente neri, naso piccolo e bocca larga e sensuale, dalle labbra morbide e pronunciate.I capelli, corvini, le scendevano sulle spalle, lisci e lucenti come quelli di tante donne orientali.La pelle, di certo già naturalmente ambrata, con il sole era diventata scurissima, quasi olivastra, e senza la più piccola imperfezione, elastica e liscia come poche altre; e l’olio abbronzante, di cui la ragazza si era evidentemente cosparsa in abbondanza, rendeva il suo corpo lucido e terribilmente sensuale.Il contrasto con Serena, meno alta e molto più formosa, bionda e con gli occhi chiari, la pelle dorata dall’abbronzatura, ma non così intensa come quella dell’amica, era evidentissimo.Entrambe, però, pur così fisicamente agli opposti, erano due ragazze veramente splendide.
E, vista la mia passione per le mani e i piedi femminili, studiai attentamente, senza che lei se n’accorgesse, anche le mani e i piedi di Valentina.E quello che vidi mi lasciò molto soddisfatto.La ragazza aveva mani più grandi di quelle di Serena, magre e dalle lunghe dita, le unghie più corte rispetto a quelle dell’amica, ma curatissime e smaltate di un bianco abbagliante, messo ancor più in rilievo dal colore abbronzato della pelle.E lo stesso era per i piedi, slanciati ed eleganti, anch’essi con le unghie laccate dello stesso bianco di quelle delle mani.Il fremito che mi aveva percorso l’inguine pochi minuti prima tornò a farsi sentire prepotente: e con esso anche il rammarico per tutto quello che non sarebbe di certo accaduto.Rassegnato al mio destino, mi concentrai nella guida dell’imbarcazione, per evitare gli scogli che affioravano pericolosamente a pelo d’acqua all’ingresso della baia di Analispi.
La giornata si trascinò abbastanza stancamente tra bagni e sole.Più bagni che sole, in verità, visto il caldo atroce che avvolgeva la spiaggia.Più di una volta, in acqua, Serena mi venne vicino, strusciando maliziosamente la sua pelle sulla mia, abbracciandomi e facendomi apprezzare ancor di più le forme del suo corpo.Ma la presenza costante di Valentina inibiva ogni mia reazione; un rapido bacio a sfiorarle le labbra, quello fu il massimo che riuscii a fare con Serena, malgrado lei mi stuzzicasse in continuazione, e con una punta di perfidia, viste le circostanze in cui ci eravamo venuti a trovare.
- Che caldo… non si respira, Vassili. Perché non ci spostiamo sotto quei cespugli, dove ci siamo messi ieri ? - mi disse ad un certo punto Serena, facendosi ombra agli occhi con una mano.Eravamo tutti e tre sdraiati sulla sabbia, a pochi passi dal mare, ed i raggi implacabili del sole ci stavano letteralmente bruciando.Avevamo chiacchierato del più e del meno, e mi ero accorto che fra le due ragazze vi era una profonda intesa, una conoscenza reciproca di certo non superficiale.Era chiaro come le due ragazze fossero amiche da tempo, e come fra di loro ci fosse quella confidenza che solo una frequentazione di lunga durata può instaurare.- Sì… potremmo andarci a riparare lì… è una buona idea… farà caldo ugualmente, ma almeno non ci sarà il sole a cuocerci a fuoco lento… - le risposi.E fu così che ci trasferimmo nel posto dove il giorno precedente mi ero appartato con Serena.Sotto quei bassi cespugli, la sabbia creava come un avvallamento, ombroso quanto bastava a renderlo e un po’ meno torrido del resto della spiaggia.Con Serena c’eravamo stati più che comodi, ma, in tre, lo spazio a nostra disposizione non era di certo ampio.In ogni modo, allargando i teli da mare, riuscimmo a sistemarci sotto quelle piante, anche se a strettissimo contatto uno con l’altra: Serena si sdraiò in mezzo, Valentina si mise alla sua destra ed io alla sua sinistra.
Avere Serena così vicina, e non poter far nulla di quello che avrei voluto, era una vera e propria tortura.Ed anche il corpo di Valentina, un corpo altrettanto sensuale ed affascinante di quello dell’amica, non mi lasciava di certo indifferente.Iniziai ad augurarmi che il pomeriggio passasse in fretta, che giungesse rapidamente l’ora di tornare indietro, per porre fine a quella tensione erotica che mi pervadeva sempre più ogni minuto che trascorreva.Mentre io pensavo a come sopravvivere al fascino delle due amiche, le ragazze continuavano a parlare fra loro e, come sempre succede quando due persone si conoscono da molto tempo, quasi inevitabilmente gli altri si sentono in parte esclusi dai loro discorsi.Ed era esattamente quello che stava succedendo a me.Quando, poi, non so quanto inavvertitamente, la mano di Serena prese a carezzarmi con noncuranza una coscia, l’inquietudine che provavo si tramutò in vero e proprio nervosismo.Se lei aveva deciso di torturarmi, io non avevo alcun’intenzione di prestarmi al suo gioco perverso.Così, con la scusa del caldo, e non riuscendo a nascondere fino in fondo il mio disappunto, mi alzai, dicendo alle due ragazze che me ne sarei andato a fare un bagno.Uscii sotto al sole, abbandonando l’ombra dei cespugli, e mi andai a gettare in mare, nuotando vigorosamente fino al largo, cercando di darmi una calmata.Tornai dopo una ventina di minuti e, stanco per la lunga nuotata, m’infilai sotto i cespugli, dove erano rimaste le due ragazze.E tutto, ma proprio tutto mi sarei aspettato di trovare, tranne quello che i miei occhi videro.
Serena e Valentina si erano sfilate i costumi e, abbracciate e completamente nude, si baciavano appassionatamente.Una mano di Valentina si era chiusa a coppa su uno dei seni di Serena, mentre le mani di quest’ultima scivolavano libere sulla lunga e nervosa schiena dell’amica.Trattenendo il respiro per la sorpresa, gli occhi stralunati, rimasi immobile ad osservarle, a bearmi della vista di quei due corpi femminili così erotici e sensuali.
Quando le labbra delle sue amiche si staccarono, la lingua di Valentina andò rapida a cercare un capezzolo di Serena che, sospirando eccitata, ad occhi socchiusi si abbandonava a quel delirio dei sensi.Fu Valentina la prima ad accorgersi del mio ritorno.Mi guardò dritta negli occhi e, sollevando la bocca dal seno di Serena, mi bisbigliò, con voce rotta dall’eccitazione: - Vieni… vieni anche tu, Vassili… facciamola impazzire insieme… - .Nell’udire quelle parole dell’amica, Serena riaprì d’improvviso gli occhi e mi sorrise, invitandomi apertamente a partecipare ai loro giochi amorosi.E in quella penombra, sotto il discreto riparo di arbusti e foglie, le due ragazze, nude ed eccitate, liberarono immediatamente i miei sensi, già in fibrillazione da molte ore.Velocemente mi liberai del costume, sdraiandomi nudo accanto a loro, e unendo la mia lingua a quella di Valentina sui seni e sui turgidi capezzoli di Serena.Stretta fra di noi, Serena rabbrividiva per quella fantastica stimolazione che le nostre bocche le stavano regalando, accarezzandoci la pelle delle schiene con le sue meravigliose mani.
Lentamente, Valentina ed io abbandonammo i seni della ragazza e scorremmo con le bocche lungo il ventre, e poi ancora più in giù, fino ad arrivare a leccarle la fica, alternando e spesso sovrapponendo le nostre lingue impazienti.Serena si massaggiava le tette, ansimando sempre più frequentemente, e le sue mani, dalle lunghe unghie laccate d’azzurro, risaltavano in maniera incredibilmente sexy su quella sua pelle dorata dal sole.
Insieme a Valentina la leccammo a lungo, sostituendo, di tanto in tanto, le bocche con le mani: e quando erano le nostre mani a dare il piacere a Serena, le nostre bocche si univano, per baciarci lungamente fra noi.
Valentina ed io stavamo ancora leccando il clitoride di Serena quando, quasi contemporaneamente, neanche ci fossimo accordati in precedenza, lasciammo la fica di Serena e scendemmo con le labbra sulle sue cosce, sulle ginocchia, e quindi sui polpacci, e ancora fino alle caviglie.La gamba sinistra di Serena era accarezzata dalle mie labbra, la destra dalla lingua esperta di Valentina.Vidi quest’ultima giocare in punta di lingua con la cavigliera d’oro, come anche io avevo fatto, impazzendo per il piacere, l’ultima volta che ero stato ad Analipsi con la bionda ragazza italiana.Alla fine ci trovammo con i piedi di Serena tra le mani, le sue unghie azzurre ed erotiche nei nostri occhi.Mentre Serena si masturbava, la fica aperta e bagnata percorsa incessantemente dalla sua mano, passai la lingua sul collo e sulla pianta del piede che stringevo tra le mani.Guardai Valentina che succhiava l’alluce dell’amica, lo smalto bianco delle sue mani risaltare, bellissimo e sensuale, sulla pelle di Serena. Ora l’eccitazione era giunta ad un livello parossistico: anche Valentina, il piede di Serena tra le labbra, si era messa due dita nella fica, godendo con soffocati mugolii di piacere.Resistere a tanto erotismo mi era diventato insopportabile.
Mi misi in ginocchio e la mano di Valentina mi afferrò subito il cazzo, scappellandomelo con decisione: quindi, guidato da quella mano, accostai la punta del pene alla fica di Serena, che lei si teneva spalancata con le dita, e la penetrai in un sol colpo.Sentii il cazzo immergersi tra le sue calde e morbide pareti, scivolando, dolcemente e senza alcuna difficoltà, tra i suoi abbondanti umori: lentamente iniziai a montarla, ritraendomi quasi fino ad uscire, per poi affondare prepotentemente in lei.Valentina, nel frattempo, allargando le gambe sopra la testa dell’amica, aveva appoggiato la fica sulla bocca di Serena che, immediatamente, aveva preso a leccarla, carezzandole con le mani le cosce e le natiche.Proseguimmo così per un tempo che mi parve infinito.Ero prossimo a venire, quando Valentina si sollevò dalla bocca dell’amica, sdraiandosi a gambe divaricate al suo fianco, mentre Serena, con voce torbida e ambigua, mi diceva: - Scopa lei, Vassili… ora, scopa lei… -
Trattenendo l’eiaculazione ormai vicinissima, uscii da Serena e, spostandomi di lato, penetrai subito Valentina.Le sue gambe si allacciarono alla mia schiena, stringendomi in una morsa erotica e sensuale.Mentre la scopavo, la mente persa nella lussuria più sfrenata, sentii Serena alle mia spalle, e poi le sue dita scendermi delicatamente lungo la schiena, quasi volesse contare le mie vertebre, proseguire poi tra le natiche e quindi soffermarsi, molto piacevolmente, sull’ano.Poi la sua bocca fu sul mio collo.Rabbrividendo, la udii mormorare al mio orecchio: - Ora ti prendo io, Vassili… ti piacerà, vedrai… ho le dita talmente bagnate e scivolose… -
Non mi era mai capitato di vivere una situazione del genere, ma di certo non mi ero mai trovato in uno stato di eccitazione simile. Affondavo in Valentina, sentendola aperta e bollente sotto i miei colpi. E le parole di Serena, più che turbarmi, mi sembrarono meravigliosamente oscene.Quando avvertii il suo dito massaggiarmi l’ano, cercai il più possibile di agevolarla, ormai non più padrone delle mie reazioni.Mi umettò sapientemente la parte, e poi spinse il suo dito nel mio culo, con lentezza e delicatezza, fino ad infilarlo completamente.Quando, dopo qualche secondo, le mie pareti iniziarono rilassarsi, accettando l’inaspettata intrusione, prese a scoparmi sempre più rapidamente, godendo e facendomi godere.Sentendo lo sperma sul punto di schizzare in Valentina, ritrassi il cazzo da lei, e la sua mano lo afferrò, masturbandomi abilmente e velocemente, e in pochi secondi il suo ventre e le sue tette vennero inondate dai caldi schizzi…
Restammo a lungo sdraiati, io stretto tra le due ragazze, stremati da tutto quello che era successo.Il sole del tardo pomeriggio scendeva sull’orizzonte e la luce, dentro quel riparo fatto di cespugli, si andava visibilmente affievolendo.Era quasi l’ora di tornare indietro, di chiudere quella straordinaria giornata ad Analipsi.Serena e Valentina mi raccontarono che, pur avendo frequenti storie ed avventure con gli uomini, andavano regolarmente a letto tra di loro, dando soddisfazione, l’una con l’altra, a tutti i loro più nascosti e sfrenati desideri.E mentre parlavano, avvinghiate a me, avevano nuovamente iniziato ad eccitarsi: stretto tra loro, vedevo le loro mani percorrermi il petto, e scendere sempre più frequentemente verso il mio inguine.
Fu la mano di Valentina, così scura di pelle, ad impugnare per prima il mio cazzo, ancora non in piena erezione. Vidi le sue dita, con quelle fantastiche unghie laccate di bianco, scappellarlo, e poi ricoprirlo, e poi ancora scappellarlo una seconda volta…E quando anche la mano di Serena si unì a quella dell’amica, il mio pene era nuovamente eretto e fremente, pronto a ricevere le loro abili carezze.
Mi masturbarono a lungo, le mani che si intrecciavano, si sfioravano, si confondevano, che salivano e scendevano lungo l’asta del mio cazzo, in un delirio di unghie smaltate di azzurro e di bianco, in un estasi di anelli, in una frenesia di braccialetti tintinnanti.E, alla fine, furono le loro bocche a farmi godere, a farmi esplodere in un nuovo e meraviglioso orgasmo.
Mi tenevano il cazzo alla base, le loro mani quasi sui testicoli sensibili, dolenti per la straordinaria tensione, e le lingue a percorrere incessantemente la verga dalle vene rigonfie, a circondare la cappella; e le loro bocche a succhiarlo, e le loro labbra a sfiorarlo, alternandosi, fino ad ingoiarlo per quasi tutta la sua lunghezza, una bocca che lo prendeva, per poi lasciarlo all’altra bocca in attesa fremente.Con quel meraviglioso pompino mi svuotarono il corpo e la mente.Venni nelle loro bocche, sulle loro labbra, e schizzai i loro visi stravolti per l’eccitazione.E, alla fine, tenendo ancora il mio cazzo tra le mani, si baciarono, meravigliose e diaboliche compagne di quell’indimenticabile pomeriggio estivo.
Il giorno successivo Serena e Valentina partirono.Le loro vacanze erano finite.Non mi chiesero di andarle a salutare.Ed io non ci andai.Era inutile.C’eravamo dati quello che esattamente volevamo.Sesso. E basta.Senza nessun coinvolgimento sentimentale.
Non le vidi mai più.Confesso, però, che, negli anni, mi è capitato di ripensare a loro.Soprattutto quando mi è successo (spesso) di tornare ad Analipsi.Intendiamoci.Non che mi siano mancate donne e ragazze.Un’isola, dove l’estate dura sei mesi, è il posto ideale per le avventure.Diciamo che le due ragazze italiane si meritano, però, un posto di primo piano nella classifica dei ricordi.
E, a proposito, di ricordi: vi ho già raccontato di Angelique ? Si ? No ?Ditemi voi se, per caso, vi ho già annoiato con lei…

LE CANDELE DI SAFFO - NEOHORI -METAxADES

Il pensiero mi era passato subito per la mente, ben prima che giungesse il momento di uscire di casa: sapevo con assoluta certezza che non avrei dovuto seguirla in quel locale per sole donne, situato in un quartiere un pò malfamato e vicino al centro di Atene.Quando mi aveva fatto la sua proposta, durante la pausa pranzo, davanti ad un panino e ad un caffè, Xeni era stata molto convincente, ed il suo eterno e affascinante sorriso, così diabolicamente candido e al tempo stesso terribilmente ambiguo, prometteva tutto ed il contrario di tutto: una serata diversa, così mi aveva detto lei, per fare una nuova esperienza e passare una notte meno noiosa di tante altre.Forse era solo quello che lei voleva.O, probabilmente, era molto di più quello che Xeni si aspettava che accadesse: fatto sta che io mi ero lasciata attirare in quella sua rete, solleticata dal gusto eccitante del proibito, e una volta entrata in quel locale ero rimasta coinvolta all’istante dall’atmosfera così carica di erotismo e sensualità.
Un bar, un pub, una discoteca.Uno di quei locali che sono tutto e sono niente, e che in Grecia si trovano molto di rado, quasi nascosti e per nulla pubblicizzati, dove tutti sanno quello che accade, ma, per finto moralismo e ipocrisia, fanno finta di non saperlo: e, malgrado fossi mentalmente preparata, non mi aspettavo proprio di ritrovarmi d’un tratto di fronte a certe immagini.Nulla di trascendentale, almeno nella sala principale, ma le due donne sulla trentina che si abbracciano e si baciano in quell’angolo più buio, le lingue intrecciate a comunicarsi una passione bruciante, mi rimescolano l’anima ed il corpo, gettandomi in uno stato di languida agitazione, e il brivido che avverto scendere rapido lungo la mia pelle, d’improvviso calda e sensibile, mi si va ad annidare proprio tra le cosce.
Xeni mi ha preso per mano, consapevole della mia sempre più eccitata perplessità, e mi trascina nei passaggi interni ancora più oscuri, oltre porte rivestite di stoffa rossa, tra salottini appartati, appena velati da spesse tende multicolori: ed io cerco d’intuire cosa stia effettivamente accadendo dietro quelle impalpabili barriere, dove voci rarefatte e risate argentine si fondono con il tintinnio dei bicchieri, quasi a voler nascondere e attutire i frequenti gemiti di passione ed i continui sospiri di piacere.
Vaghiamo per alcuni minuti e finalmente, scostando una tenda, entriamo in uno di quei salottini: tre candele, racchiuse in una piccola lanterna appoggiata su un tavolino, diffondono una luce discreta, tenue ma calda, e che riflette le spirali di fumo delle sigarette.Due ragazze, abbracciate e quasi sdraiate su un basso divanetto, per un attimo ci osservano incuriosite.Forse abbiamo disturbato le loro effusioni, ed io sarei pronta a scusarmi e a lasciarle alla loro intimità: ma Xeni, che conosce bene quel posto, non si fa alcuno scrupolo, e mi trascina verso un secondo divanetto, vicino a quello delle due ragazze, miracolosamente ancora vuoto considerata la quantità di donne che affolla il locale.Seduta, guardo imbarazzata le due ragazze.Ma loro si sono già dimenticate di noi e della nostra presenza: ora si baciano teneramente, e la mano di una si è subito infilata sotto la camicetta dell’altra.
Il corpo di Xeni è vicinissimo al mio, troppo vicino, ed il sensuale calore della sua straordinaria fisicità mi eccita e mi stordisce.Molte volte abbiamo parlato delle nostre preferenze sessuali, confidandoci i nostri desideri saffici.Molte volte abbiamo fantasticato sulla forte attrazione che proviamo per le donne, ed in particolare per quella nostra collega del piano inferiore, di quanto entrambe ci sentiamo affascinate da quello statuario e perfetto corpo femminile.Tra noi due, fra Xeni e me, però, ancora nulla è accaduto.Ma in quel salottino, soffuso di quella luce tremolante e discreta, so per certo essere inevitabile questo nostro primo contatto, mai così desiderato come in questi istantiE le mie mutandine, già abbondantemente umide, ne sono la testimonianza più viva.
Sento gli occhi di Xeni fissi su di me.Mi volto anch’io a guardarla.E’ sufficiente quel rapido sguardo.L’eccitazione rende i nostri respiri affannosi, ci divora le viscere, ed il fuoco del desiderio divampa, ravvivato dal luogo in cui ci troviamo, stimolato da quella magica atmosfera così torbida e ambigua, sollecitato dalla presenza delle altre due ragazze, ormai perse nel delirio del loro sogno erotico: le camicette si sono aperte ed i seni si mostrano in tutto il loro splendore, accarezzati e blanditi da mani eleganti e curate, da dita snelle ed esperte, da smalti scuri e seducenti.
Le labbra di Xeni ora si avvicinano alle mie, le sfiorano in un bacio che è un soffio, dolce come il miele.Pochi istanti e quel timido soffio diventa vorticosa tempesta.Le nostre lingue s’incontrano, accarezzano i denti, si aggrovigliano e s’intrecciano nella frenesia di un desiderio ormai straripante.Ed io mi abbandono a quel bacio, mentre la mano di Xeni si posa sulla mia coscia, facendo risalire lentamente la corta gonna che indosso.Non ho più difese, travolta dalla lussuria di quei folli istanti.Ho solo voglia di godere e di sfogare tutta l’insostenibile tensione erotica che divora il mio corpo.
La bocca di Xeni mi lascia, strappandomi quasi un ansito di delusione, ed io allora riapro gli occhi.Accanto alla mia amica si è andata a sedere una delle due ragazze: si è tolta la camicetta e offre i seni ed i capezzoli eretti alle cure delle labbra e della lingua di Xeni.A quella vista provo quasi una fitta di gelosia.Ma è solo un istante.Perché davanti a me, in ginocchio, l’altra ragazza mi sorride invitante, lo sguardo velato dall’eccitazione: è praticamente nuda, solo il perizoma resiste malizioso al suo posto, ad evidenziare le sue provocanti forme.Mi accorgo di desiderare, con tutta me stessa, proprio quello che sta per accadere.Voglio la sue mani su di me, le sue dita dentro il mio corpo, la sua lingua sul clitoride.E questo sarà il mio paradiso.
Mi sfilo rapidamente le mutandine e mi accorgo che, se prima ero solo umida, ora sono letteralmente allagata dagli umori della mia eccitazione.Allargo le cosce al limite massimo e protendo la fica dischiusa verso la mia nuova amante, così bionda, bella e terribilmente sexy.Le sue labbra si appoggiano delicate al clitoride, mentre le mani, dalle lunghe unghie laccate di rosso scuro, mi accarezzano l’interno delle cosce, bagnandosi al contatto di quel dolce lago di piacere.Sospiro impazzita al tocco di quella bocca fatata, rabbrividendo ed attirandola sempre più su di me.
Vedo la sua lingua che mi scorre sulle grandi labbra, mi solletica il clitoride sporgente, mi accarezza e mi tortura implacabile.Due dita s’infilano in me, penetrandomi a fondo e gettandomi in un vortice erotico fino ad allora sconosciuto.Con la coda dell’occhio osservo Xeni leccare abilmente le tette all’altra ragazza, massaggiarle la fica e farla sciogliere in un orgasmo dirompente.E anche il mio orgasmo sale impetuoso, onda irrefrenabile e travolgente, e vengo, sciogliendomi in quella bocca che mi lecca e su quella mano che mi masturba…
Quando usciamo dal salottino ho le gambe che ancora mi tremano, ed una delle candele si è ormai spenta, la cera completamente disciolta.La ragazza con la quale ho appena fatto l’amore mi accarezza una guancia, mi sorride, mi sfiora le labbra con un ultimo bacio e poi scompare nella penombra del locale.


NEOHORI

Dalla spiaggia affollata, le voci dei bagnanti giungono appena attenuate all’interno della piccolissima cabina di legno.Fa caldo.Molto caldo.Il sole e l’estate hanno reso quasi irrespirabile l’aria di questo stretto spazio.E la luce, che entra dalle fessure tra le sconnesse assi di legno, è appena sufficiente a trasformare il buio in una tenue penombra.Non abbiamo molto tempo a nostra disposizione.Entrare in una cabina per cambiarsi il costume non dovrebbe richiedere che pochi minuti: e l’attardarsi eccessivamente potrebbe tradire le nostre reali intenzioni.
Abbiamo fatto il bagno fino a pochi minuti fa, insieme al resto della nostra compagnia di amici.Un’allegra gita domenicale, qui, sulla spiaggia di Neohori.Abbiamo riso e scherzato con gli altri, e tu hai dovuto respingere, anche se cortesemente, le continue avance di quel nuovo ragazzo, che ti si è incollato addosso dal primo momento che ti ha vista.Accade sempre che qualche ammiratore ti faccia il filo.D’altronde, come dar loro torto ?Sei talmente bella e affascinante che è inevitabile tu sia corteggiata di continuo.Gelosa ? Io ?No, assolutamente.Anzi.Sapere che tu sia così desiderata mi fa felice.Mi fa sentire unica e indispensabile per te.Perché so con certezza che tu desideri solo me.E nessun’altro.E nessun’altra.Ci amiamo.In modo totale ed assoluto.Un amore fra donne.Speciale, totale e meraviglioso.
Siamo lesbiche ?Non credo.Direi bisex, visti i nostri trascorsi di importanti relazioni con i maschietti.No.Non credo proprio che noi siamo lesbiche.Che poi, a pensarci bene, non farebbe alcuna differenza.Quello che è certo è che nessun corpo, maschile o femminile che sia, sa regalarmi emozioni e sensazioni come sa fare il tuo.Ed ogni volta che ti stringo tra le braccia è sempre come fosse la prima.Anche ora, in questa stretta e torrida cabina, la sola vista del tuo corpo nudo e della tua pelle abbronzata mi tolgono letteralmente il fiato.E desidero soltanto stringerti tra le mie braccia.
Appena entrate, e chiusa la porta con il chiavistello, ci siamo subito baciate.Le nostre labbra, ancora salate per l’acqua del mare, si sono finalmente unite.Le bocche si sono socchiuse ed i nostri respiri eccitati si sono mischiati.Poi è iniziata la danza, frenetica e sensuale, delle nostre lingue.
Sei bellissima.Bionda e sinuosa, occhi verdi e profondi, seno abbondante, gambe lunghe e perfette.Sei semplicemente stupenda.Ed anche io so di piacerti da morire, con i miei lunghi capelli corvini, i neri e misteriosi occhi, le labbra piene e sensuali, e la mia pelle, dall’abbronzatura dorata e perfetta.Me lo hai detto tante volte che ti faccio impazzire, ed altrettante volte io ti ho dimostrato come tu faccia impazzire me.Ci amiamo.Così intensamente da sentirmi le lacrime di gioia bruciarmi gli occhi.E solo questo conta.
Abbiamo poco, pochissimo tempo per noi due.La scusa di volerci cambiare i costumi bagnati non reggerà a lungo.Gli altri si potrebbero insospettire, o, magari, trovare l’ultima conferma a quello che forse già sospettano.
Le nostre bocche si separano solamente per i pochi secondi necessari a sfilarci i costumi.Nude, completamente nude, torniamo ad abbracciarci, baciandoci con rinnovata intensità.E finalmente le mie mani sono libere di scorrere sul tuo corpo seducente.Ti stringo i seni, li trattengo tra le mie dita, mentre i tuoi capezzoli si inturgidiscono frementi; e poi ti accarezzo la schiena e le natiche, fino a che la tua pelle, stranamente e inizialmente fresca in questa afosa cabina, non diventa ardente per il desiderio.
E le tue mani.Splendide, dalle dita sottili, con le unghie smaltate di rosso scuro, mi strappano brividi di piacere, mentre, avide della mia pelle, mi esplorano per l’ennesima volta.
Scendo con le labbra lungo il tuo collo, strappandoti un palpito di beatitudine.E quando i miei denti ti mordono delicatamente un capezzolo, ti sento sospirare: vorresti gridare tutta la tua voglia, il tuo desiderio, il tuo piacere, ma le pareti della cabina sono troppo sottili per non costringerci a controllare le nostre reazioni in questi attimi d’intimità rubata alla vita.
Passo con la bocca da un seno all’altro, mentre le tue mani affondano tra i miei capelli, quasi a guidarmi verso le zone del tuo corpo più sensibili alla mia lingua.Come se io non le conoscessi quelle parti del tuo corpo che, se anche solo sfiorate, ti trasportano in paradiso.
Il tempo a nostra disposizione è quasi finito.Dobbiamo rimetterci i costumi asciutti ed uscire da questa cabina, come se nulla fosse, come se il desiderio fosse stato placato, quando, invece, è ora alle stelle.
Mi inginocchio di fronte a te, mentre le tue gambe si aprono, invitandomi a regalarti un rapido orgasmo.La mia lingua scende dall’ombelico al clitoride, così in rilievo da sembrare un piccolo pene, un cazzo in miniatura, così meravigliosamente fremente e appassionato.E la mia lingua danza veloce, decisa a regalarti quest’attimo di felicità.L’orgasmo ti squassa improvviso e incontenibile, le gambe ti tremano, e lo sforzo che fai, mordendoti le labbra, per non urlare al mondo il tuo piacere, è immane.
Affannata e con il tuo profumo in bocca, mi rialzo.E’ tardi, lo so, non abbiamo più tempo, ma ti prego. fai venire anche me.Non posso aspettare questa sera, quando, finalmente sole, a casa mia, ci faremo la doccia insieme, ci insaponeremo ogni angolo dei nostri corpi in una fantastica esplosione di sensi.E poi, nude e ancora bagnate, ci sdraieremo sul letto per un’incredibile notte d’amore.
Fra noi non servono più le parole.Basta uno sguardo per intenderci.E tu hai capito la mia urgenza e, anche se per pochi secondi, vuoi placare la mia sete di te.
Mi baci teneramente.E la tua mano s’infila tra le mie cosce, le tue dita mi allargano esperte le grandi labbra.Sussulto al contatto della tua mano.Poi, con due dita, mi penetri dolcemente, scivoli in me in questo mare di umori che sembra un fiume in piena.Godo subito, così magnificamente che le mie grida soffocate entrano in te, nelle tue labbra incollate alle mie.
Ora le gambe tremano anche a me.E, mentre indossiamo i costumi asciutti, mi dici, in un sussurro, che la notte arriverà presto, e che i nostri giochi d’amore ci accompagneranno fino all’alba.
Ci sorridiamo e ci sfioriamo le labbra in un ultimo e veloce bacio.Una promessa, un pegno per la notte che verrà.In cui io sarò tua.E tu, mia.Come è stato ieri e come sarà domani.Perché ci amiamo.Ed è solamente questo che conta.
Metaxades
L’idea è stata tua.Sei tu che hai preso l’iniziativa.Non che il pensiero non mi fosse mai passato per la testa.Anzi.Più di una volta mi sono ritrovato a fantasticare su Veronika, sulla tua migliore amica sin dai tempi della scuola, con la quale da sempre ti confidi.Sì.A questo punto te lo posso anche dire.Ho sempre sognato di vedere Veronika nuda, il suo erotico corpo, la sua serica pelle.Certo.E’ vero.Al mare, nel suo ridottissimo bikini, era come se lo fosse.Il seno, prorompente, a stento trattenuto da quella sottilissima striscia di stoffa del suo costume.E le natiche, perfette e formose, separate da quell’erotico filo sottile del tanga.Era praticamente nuda, è vero.Immaginare cosa si celasse sotto quel quasi inesistente bikini era un supplizio, un tormento costante di tutte quelle giornate che abbiamo passato in spiaggia con lei.E adesso non dire che non te ne eri accorta, che non avevi notato come i miei occhi si mangiassero la tua amica.Non ci credo. Nel modo più assoluto.Lo sapevi perfettamente che Veronika mi piaceva da impazzire, e la cosa, anziché infastidirti, ti divertiva e ti eccitava.Negalo pure, se vuoi.Ma sai per certo che quello che dico è la verità.E, in ogni modo, ti ricordo che l’idea è stata solo tua.E ti dirò anche di più.Con la mente, con la mia fantasia, ho scopato Veronika tante volte.In molte occasioni ho sognato di carezzare la sua pelle e di sentire sotto le mie mani quel suo corpo sinuoso.Ho immaginato di baciarla, di unire le mie labbra alle sue, di sentire la sua lingua nella mia bocca.Nella mia immaginazione mi vedevo sul suo corpo, percorrerle con la lingua i seni, stringerle i capezzoli tra i denti, fino a farla urlare, sospesa tra il dolore ed il piacere.Ora fai finta di essere sorpresa dalle mie parole, e potresti arrivare a giurare di non aver mai sospettato nulla di tutto ciò.Ma sai che io non ti credo.Perché, se quello che dici fosse vero, ora non saremmo qui.L’idea è stata tua.Una tappa intermedia, una sorta di punto di ristoro prima del traguardo finale.Un tassello da aggiungere con cura al puzzle della tua, o, per meglio dire, della nostra libidine.Un passaggio necessario prima dell’apoteosi conclusiva dei nostri sensi.Hai un modo tutto tuo di eccitarti.Ma che a me piace.Da impazzire.Ed è per questo che trovo la tua idea semplicemente straordinaria.Sono seduto da troppo tempo in questa poltrona.Accanto al nostro grande letto matrimoniale.Nudo.Completamente.Con una mano mi accarezzo le palle, e con l’altra mi scappello lentamente il cazzo in piena erezione.Sono ad un passo dall’orgasmo, e solo la mia strenua forza di volontà mi consente di resistere.E non è facile, credimi.Non è facile far finta di non vedervi.Mi è impossibile, anche se lo volessi.Ed io, ovviamente, non lo voglio.Ti è sempre piaciuto immensamente torturare i miei sensi, farmi sprofondare in un mondo di lussuria del quale solo tu hai la chiave di accesso.Come quella volta che mi hai fatto un pompino nel bagno maschile di quel ristorante ad Atene, con la porta che nemmeno si poteva chiudere a chiave.Me lo hai leccato e succhiato per lunghi minuti, eccitata sicuramente più dalla situazione che non dal mio cazzo che tenevi tra le labbra.E quando sono venuto, lo sperma che ti riempiva la bocca, ho letto nei tuoi occhi il rimpianto perchè tutto era già finito.Ho sempre pensato che, se un uomo fosse entrato nel bagno mentre me lo tenevi stretto tra le labbra e lo percorrevi con la lingua, tu non avresti fatto una piega.Anzi.Ti saresti ancora più eccitata e, se lui ci fosse stato, avresti preso in bocca anche il suo.Tengo la mano ferma.L’eiaculazione è così vicina che la sento risalire ad ondate, un fiotto di desiderio che vuole esplodere e placare il mio corpo e la mia mente sconvolta.Ma voi due non avete ancora finito, ed io non voglio perdermi nulla di quello che mi state regalando.Continuo a tenere gli occhi fissi su te e su Veronika, sui vostri corpi allacciati, così sensuali e lascivi.Siete splendidamente nude, sul letto, una fotografia che è un inno alla vostra straordinaria bellezza.Ti ho visto leccare le tette alla tua amica, sfiorarle i capezzoli turgidi in punta di lingua, risalire lungo il suo collo ed unire la tua bocca alla sua.Veronika, invece, dal tuo seno è scesa lungo il ventre, con le mani ti ha allargato la fica grondante, e con la lingua ti ha massaggiato il clitoride, e le tue grida di piacere mi hanno fatto capire quanto lei sia brava ed esperta.L’idea è stata tua.Ricordalo sempre.Sei tu che hai deciso di portarti a letto la tua amica, di coinvolgerla in questo nostro mondo di passione, di intrigarla in questo folle gioco erotico, e di offrirla, per ora solo ai miei occhi, in tutto il suo splendore.Mi hai imposto, però, una dura regola da rispettare, un divieto che incendia ancor di più i miei sensi impazziti.Hai voluto che io mi limitassi a guardarvi mentre fate l’amore, e l’unica concessione che mi hai fatto è stata quella che io mi potessi masturbare..Veronika, oggi, così hai deciso, deve essere solo per te.Ma l’ho capito, sai ?Proprio stupido non sono.Travolto dalla tua libidine, prigioniero, schiavo dei tuoi desideri, sì, questo lo sono.Ma lento a capire, questo proprio no.Ho intuito da subito che oggi per noi è un inizio.Un primo passo verso la meta finale.Perché tu vuoi godere vedendo me e lei insieme, su questo stesso letto.Vuoi vedermi scopare Veronika, la tua migliore amica.E in poltrona, su questa stessa poltrona, quando sarà il giorno, ti accomoderai tu: e sarai tu a goderti lo spettacolo.E il vibratore che ora accarezzi, e che usiamo così spesso nelle nostre notti di passione, anche quel giorno sarà guidato dalla tua mano, ma infilato fino in fondo nella tua fica fremente, mentre i tuoi occhi saranno fissi su di noi, sul mio cazzo che penetrerà Veronika, sulle sue mani che me lo accarezzeranno e sulla sua bocca che me lo imprigionerà.Stai passando la tua diabolica lingua tra le natiche di Veronika, bagnandole l’ano e preparandolo ad accogliere lo strumento che stringi in mano, quasi masturbandolo nel tuo delirio erotico.Anche io ho raggiunto il punto di non ritorno.La mano scivola lungo il cazzo, ritraendo la pelle fino in fondo.Una, due, tre volte.E mentre tu infili il vibratore argenteo nel culo di Veronika, strappandole urla di folle passione, il mio sperma esplode come un fuoco d’artificio, bagnandomi la pancia e colando tra le dita della mano stretta attorno al cazzo.L’idea è stata tua.Ricordalo sempre.Aspetterò il giorno in cui mi regalerai la tua amica.Con te ho imparato da tempo ad avere pazienza.Anche perché, alla fine, non sono mai rimasto deluso dalle tue idee.






THALAMES



A Thalames non c’è praticamente nulla.O, per meglio dire, Thalames offre talmente poco, ha così poche attrattive, che anche noi che abitiamo in zona ci andiamo molto di rado.E quando ci andiamo è solamente perché abbiamo un motivo valido per recarci al paese: magari un motivo di lavoro, o una visita ad un parente o ad un amico.Di certo nessuno va a Thalames per fare solo una passeggiata e per ammirare le bellezze del luogo.E di turisti, ovviamente, nemmeno l’ombra.
Poche case, abitate da un centinaio di persone, vecchie abitazioni affacciate sulla stretta via principale, un piccolo negozio di alimentari, un bar vetusto sull’unica piazzetta del paese, e frequentato dai molti anziani che a Thalames vivono.Altro non c’è, a parte la chiesetta all’ingresso del villaggio.Questa è Thalames, e non credo sia difficile capire perché nessuno ci vada mai.
Superata Thalames, subito fuori il paese, là dove la strada inizia ad inerpicarsi sulla collina, una curva dietro l’altra, tra le pecore e le capre al pascolo, circondata da olivi secolari, a dominare il mare e le poche case sottostanti, c’è la villa.Thalames non la conosce nessuno, ma la villa è famosa in tutto il circondario, per la valanga di chiacchiere che da anni si fanno su quello che si dice accadere tra quelle mura.Ora vi spiego.
La villa, un’imponente costruzione in pietra, ristrutturata interamente una decina di anni or sono, è di proprietà di Stergos Papaioannu, uno dei principali produttori cinematografici di Atene.E tra i film che questo esimio signore produce, ve ne sono molti che, eufemisticamente, potremmo definire “per adulti”.Per dirla tutta, Stergos Papaioannu è il primo produttore di film hard di tutta la Grecia: plurimiliardario, il nostro comprò la villa (a quei tempi ridotta quasi in rovina), la restaurò completamente, vi aggiunse un’enorme piscina, arredò gli ambienti senza badare a spese e la trasformò nel set cinematografico privilegiato dei suoi film porno.L’alto muro di cinta che fece costruire, tutto attorno alla proprietà, confermò indirettamente quello che si mormorava in giro: e cioè che nella villa si scopava, si trombava alla grande, in ambienti raffinati ed accoglienti, nel lusso e nello sfarzo, e sotto l’occhio vigile e costante, e per nulla discreto, delle telecamere.E il continuo via vai di auto con splendide donne a bordo cancellò definitivamente anche l’ultimo dei dubbi, convincendo della veridicità della cosa anche il più irriducibile e scettico dei paesani.Thalames continuò ad essere ignorata, ma la villa, soprattutto fra noi giovani dei paesi vicini, divenne, come potete ben immaginare, il luogo dove la fantasia faceva accadere di tutto e di più.
Se ne parlava nei bar, la sera, davanti ad una birra, e si fantasticava per ore su quel luogo di perdizione e vizio, nel quale, però, tutti avremmo pagato non so cosa per potervi entrare.E così circolavano storie di tutti i generi.C’era quello, mi pare il cugino di Dimitri, che andava raccontando che una sera, arrampicatosi su un albero, aveva sbirciato oltre il muro di cinta, e si era goduto un’orgia fra tre donne e due uomini, orgia che si sarebbe svolta sul prato attorno alla piscina. Non vi dico la dovizia di particolari di cui il suo racconto era infarcito: tra cazzi giganti e fiche aperte, pompini da favola ed inculate memorabili, alla fine del racconto sembrava che i partecipanti all’ammucchiata fossero stati almeno una ventina !Poi c’era un altro, di cui non ricordo il nome ma che faceva l’idraulico e che si è trasferito, anni fa, in città, il quale diceva che una volta era stato chiamato per alcune riparazioni e che nella villa circolavano tranquillamente donne nude e che, in una stanza, su un letto enorme, fra candide lenzuola di seta, una mora stratosferica si faceva leccare la fica da una bionda, altrettanto stratosferica: quando, sul più bello, visto che lui aveva ben pensato di fermarsi a godere dell’imprevisto spettacolo, la bionda aveva allargato le chiappe della mora, infilandole nel culo una lunga candela rossa !!Le battute, a questo racconto a dir poco improbabile, si sprecavano, come è ovvio che fosse.La più in voga era chiedere al narratore della storia se la candela era spenta o accesa !Il tutto si concludeva, inevitabilmente, tra risa e schiamazzi, tra birra e ouzo, e, inutile negarlo, con dosi industriali di testosterone in giro !
Insomma, le favole erano tante, ma, di fatto, nessuno poteva testimoniare con assoluta certezza quello che nella villa accadesse.Nessuno, ve lo garantisco.Almeno fino al giorno in cui mi chiamarono per riparare il motore della pompa della grande piscina.E da quel giorno, almeno per me, tutto quello che si andava dicendo, tra menzogne e mezze verità, fu spazzato via da ciò che i miei occhi videro nella villa situata poco sopra Thalames.
Era una giornata di inizio giugno, ma il caldo era già atroce, come se l’estate avesse deciso di viaggiare con un paio di mesi di anticipo.La telefonata mi era giunta la sera precedente, poco dopo essere rientrato dal lavoro.Un uomo, qualificatosi come l’amministratore della villa, mi aveva chiesto di andare la mattina successiva ad aggiustare il motore della piscina, perché l’acqua era improvvisamente divenuta torbida e qualcosa di certo non funzionava come avrebbe dovuto.Gli dissi che, con ogni probabilità, si doveva trattare della pompa, e che sarei potuto andare solo verso mezzogiorno, avendo impegni precedenti già fissati e che non avrei potuto disdire.Per onestà, gli dissi anche che avrei provato a ripararla, ma che, se si fosse resa necessaria la sostituzione della pompa, avremmo dovuto ordinarne una nuova ad Atene, e che la piscina non sarebbe tornata agibile, come minimo, prima di una quindicina di giorni.Lui mi rispose che andava bene e che mi avrebbe atteso per l’ora che avevamo concordato.
E così, il giorno successivo, curioso di vedere finalmente la villa dopo averne sentito tanto parlare, e pronto ad inventare una qualunque storia di sesso che confermasse le voci che circolavano, non foss’altro per far strabuzzare gli occhi agli amici la sera, mi presentai al cancello della proprietà a mezzogiorno in punto.Il coro delle cicale era assordante, tale da coprire anche il fruscio delle foglie degli alberi, agitate da un vento notevolmente sostenuto.Suonai al videocitofono e, dopo una trentina di secondi, con un debole ronzio, il cancello automatico si aprì lentamente.Risalii quindi sul furgoncino e mi avviai verso la villa, percorrendo le poche decine di metri del viale di accesso che collegava la strada principale alla costruzione.
Un uomo, in camicia bianca e pantaloni lunghi di cotone blu, mi attendeva di fronte alla porta d’ingresso della villa.La grande casa, ampliata di molto rispetto alla costruzione originale, con l’aggiunta di un’intera ala sul lato destro, aveva due piani, più un terzo mansardato.Posteggiai nello spazio asfaltato sulla sinistra, tra altre due auto già in sosta: presi la borsa con gli attrezzi da lavoro, e mi diressi verso l’uomo che mi stava aspettando.
Dopo una rapida stretta di mano, l’amministratore della villa, una cinquantina d’anni ben portati, mi fece strada, girando attorno alla villa, tra vialetti contornati da piante e aiuole di fiori perfettamente curate.Sul retro mi apparve la piscina, venticinque metri per diciotto, con attorno ombrelloni bianchi e lettini di vari colori, tavolini di bambù ed enormi vasi stracolmi di rose e gerani.Larghe portefinestre lasciavano intravedere i grandi saloni del pianterreno della villa: erano ambienti lussuosi e che certamente dovevano essere costati un occhio della testa.Attorno alla piscina non si vedeva nessuno, ad eccezione di una donna, sdraiata su un lettino, immobile, a prendere il sole.
Avvicinandomi al bordo della vasca, mi inginocchiai e controllai lo stato dell’acqua.Era decisamente torbida, ed i miei sospetti sul cattivo funzionamento della pompa e dei filtri furono immediatamente confermati.L’amministratore m’indicò una piccola costruzione in fondo all’ampio spazio che occupava la piscina, dicendomi che erano ubicati lì tutti i macchinari che servivano a far girare e a depurare l’acqua: mi chiese quanto tempo mi sarebbe stato necessario per riparare il guasto ed io gli risposi che mi ci sarebbero volute almeno due ore per controllare che tutto fosse a posto, sempre che la riparazione fosse possibile e non occorresse sostituire l’intera pompa.Restammo d’intesa che lo avrei chiamato sul cellulare se avessi avuto bisogno di lui o quando avessi terminato il lavoro.Mi trascrissi il suo numero e lui rapidamente se ne andò via, rientrando nella villa: a quel punto io mi avviai, girando attorno alla piscina, verso la costruzione contenente i macchinari che avrei dovuto riparare.
Passando lungo il bordo della vasca, gettai un’occhiata alla donna che stava prendendo il sole, mollemente adagiata su un lettino bianco ricoperto da un materassino azzurro.Bionda, capelli abbastanza corti, la ragazza doveva avere sui venticinque anni: grandi occhiali da sole le celavano gli occhi, tanto da non riuscire a capire se lei stesse dormendo o meno.Ma il ridottissimo bikini rosso che indossava non nascondeva nulla del suo corpo fantastico: seno abbondante e sodo, ventre piatto, l’ombelico ornato di un piccolo brillantino, gambe lunghe e tornite, pelle abbronzata e resa lucida dall’olio solare.Dire che la ragazza fosse splendida era dire poco.Notai una gran quantità di braccialetti ai polsi e di anelli alle dita delle mani, ed una catenina dorata, con un ciondolo che le spariva tra i seni, al collo.Le unghie delle mani e dei piedi erano laccate di un rosa vivido e acceso, reso ancora più intenso dalla spettacolare abbronzatura della pelle.Era un sogno, una visione favolosa e conturbante.Per uno come me, poi, che di donne così belle non è che ne avesse viste molte in vita sua.
Passai silenziosamente accanto a lei, mormorando un saluto, imbarazzato come non mai (lei non mosse nemmeno un muscolo, ignorandomi totalmente) e proseguii di un’altra decina di metri, fino alla porta della costruzione nella quale avrei dovuto lavorare.Aprii la porta e, entrando, mi voltai per un’ultima occhiata alla ragazza: non si era spostata di un centimetro e mi convinsi che stesse dormendo.Mi riempii gli occhi di quella meravigliosa vista e, quindi, mi misi finalmente al lavoro.
Dopo una mezz’ora avevo già individuato il guasto e, non essendo necessaria la sostituzione dell’intera pompa, stavo procedendo alla riparazione quando decisi di riposarmi un attimo, anche perché nel locale il caldo era soffocante.Mi affacciai sulla porta, ripulendomi le mani dal grasso con uno straccio, e cercai con lo sguardo la ragazza.Ora era seduta sul lettino, si era tolta gli occhiali da sole, e si stava cospargendo le gambe d’olio solare.Scendeva con le mani dalle cosce alle caviglie, per poi risalire lentamente, con movimenti che a me parvero di un erotismo straordinario.Si spalmava la pelle accarezzandosi lievemente, e nella mia mente si formò l’immagine delle mie mani a contatto con quel corpo bellissimo: sentii sotto le dita il morbido della sua epidermide, il calore delle sue cosce, la consistenza dei suoi seni…Mi ritrovai, com’è naturale che sia, immediatamente eccitato, e tale era stato il mio sbalordimento per quello che stavo vedendo, che solo dopo un paio di minuti mi accorsi che la ragazza si era tolta anche il costume, e che ai miei occhi il suo corpo si offriva completamente nudo.
Mi ritrassi nell’ombra del locale, temendo che se lei mi avesse visto interrompesse quello che stava facendo, che le sue mani si fermassero e lei andasse via, lasciandomi solo con quella stramaledetta pompa, senza continuare ad accarezzarsi e, magari, non arrivando a masturbarsi, come speravo ardentemente avrebbe fatto se avesse continuato a credere di essere sola.Quando io ero arrivato alla villa, forse lei stava effettivamente dormendo, e non si era quindi probabilmente accorta della mia presenza; convinta di essere sola, si era tolta il costume per prendere il sole interamente nuda, ed ora si stava cospargendo la pelle di olio abbronzante, sfiorandosi e carezzandosi delicatamente.Eccitandosi a quel contatto, ero certo che lei avesse deciso di proseguire, di darsi il piacere, regalandomi inconsapevolmente momenti di indimenticabile sensualità.
Arrivai ad avere la certezza che le mie supposizioni fossero corrette, e che lei non sapesse della mia presenza, quando si sdraiò nuovamente e si unse di olio il ventre ed i seni.Si cosparse abbondantemente del liquido, appoggiò la bottiglietta su un basso tavolino di bambù lì vicino, e continuò a massaggiarsi, sempre più languidamente, sempre più deliziosamente, riempiendo la mia vista del suo corpo che lei stessa stava eccitando, come i turgidi capezzoli, che vedevo ergersi maliziosi dalle tette, stavano a testimoniare.
Le mani, dalle dita affusolate e cariche d’anelli, si chiudevano a coppa sui seni, spingendoli verso l’alto, accostandoli l’uno all’altro, pizzicando i capezzoli eretti.Poi una mano scendeva lungo la pelle della pancia e pigramente si avventurava sulle cosce, risaliva a sfiorare i curatissimi peli del pube, e tornava ad impossessarsi della tetta che aveva lasciato.Quando si spinse un seno verso la bocca, e la lingua guizzò rapida a leccare il capezzolo, avevo già il cazzo duro come il marmo e che mi premeva nei pantaloni della tuta da lavoro che indossavo.
Questo suo lento carezzarsi andò avanti per un tempo che mi parve infinito.La ragazza si esplorò ogni centimetro del corpo, eccitandosi sempre di più al contatto delle sue mani con la pelle surriscaldata, pelle che immaginavo liscia e morbida come la seta.Il seno, i fianchi, l’interno delle cosce, le gambe: nessuna parte del corpo sfuggì alle sue esperte carezze.Ero eccitato come non mai e aspettavo, ormai impaziente, che quelle mani si dedicassero alla fica, penetrandola, che le dita giocassero con il clitoride, e che strappassero gemiti di piacere alla bocca di quella splendida creatura.Ed infatti, dopo ancora qualche minuto, la ragazza si mise ancora più comoda sul lettino, allargò le gambe e si portò una mano alla fica.
Potete immaginare lo stato in cui mi trovavo.Mai, nemmeno nelle più rosee fantasie adolescenziali, mi era successo di pensare ad una situazione simile.Avevo sognato grandi scopate, improbabili storie d’amore con donne bellissime ed affascinanti… insomma, tutto il campionario che, in tema di sesso, un ragazzo di paese, neanche particolarmente bello, era solito fare.Ed ora, una donna favolosa si masturbava davanti ai miei occhi, offrendo ogni dettaglio, ogni particolare del suo corpo al mio sguardo vorace.Quella sera avrei fatto morire tutti al bar del paese…
Stando sempre attento a non farmi scoprire, con una mano mi abbassai i pantaloni e i boxer, e con l’altra impugnai il cazzo: sarei venuto insieme a lei, spiandola eccitato mentre si masturbava.Nelle fantasie erotiche in cui ci si crogiolava con gli amici, una tra le più gettonate era proprio quella di vedere una donna che si masturbava, che si penetrava, che si tormentava il clitoride, mentre gli umori che fuoriuscivano dalla fica le bagnavano la mano…Era incredibile, ma il sogno, per me, stava per realizzarsi veramente.
Strinsi la mano sul cazzo congestionato, iniziando a masturbarmi, anche se con molta attenzione perché sentivo che non sarei riuscito a controllarmi a lungo, e un’eiaculazione troppo ravvicinata avrebbe irreparabilmente rovinato quella fantastica tensione erotica che mi pervadeva.Ma un movimento, che colsi con la coda dell’occhio, mi riportò bruscamente alla realtà, costringendomi a rivestirmi in tutta fretta,
Proprio nel momento in cui la ragazza si era infilata due dita nella fica, proiettandosi verso l’orgasmo, le gambe completamente divaricate, i piedi puntati sul materassino azzurro, ormai pronta a perdersi nel suo mondo di libidine, da una delle portefinestre del salone della villa erano usciti due uomini che, lentamente, si stavano dirigendo verso di lei.
I due, entrambi in costume, si avvicinarono al lettino, gli occhi fissi sulla bionda che si stava masturbando.Uno era sui ventisei, ventisette anni; anche se non altissimo, aveva un fisico asciutto e discretamente muscoloso. Chiaro di pelle, portava lunghi capelli neri sciolti sulle spalle. Un bel ragazzo, senza alcuna ombra di dubbio.L’altro, di una decina di anni più grande, un uomo alto e dal corpo scolpito da lunghe ore di palestra, era un nero, completamente rasato, con un orecchino d’oro che spiccava sulla sua pelle scurissima.
La certezza che la ragazza avrebbe smesso di masturbarsi, infastidita dall’arrivo dei due, e che non accadesse più nulla di interessante, privandomi di quello a cui avevo fatto la bocca, si dissolse come neve al sole in pochissimi istanti.A gambe spalancate, una mano a stringersi un seno, l’altra ancora sulla fica, la ragazza guardava insistentemente i nuovi arrivati, offrendosi a loro invitante, e sollecitando in modo esplicito le attenzioni dei due uomini.Il quadro era completamente cambiato.Non avrei più assistito a lei che si dava il piacere, che si masturbava fino a raggiungere l’orgasmo, facendo godere, inconsapevolmente, anche me: ora stava per iniziare tutta un’altra storia, e la punta di delusione che avevo provato un attimo prima scomparve al solo pensiero di quello che i due le avrebbero fatto.E infatti i due uomini, con rapidi movimenti, si sfilarono i costumi, mostrando alla ragazza, e a me che li stavo osservando, due cazzi superbi e già in completa erezione.Quello del ragazzo di colore, poi, era un qualcosa di veramente fuori del comune: sicuramente più lungo della media, lievemente arcuato verso l’alto, era un palo nero duro e svettante, un richiamo assolutamente irresistibile per le donne che avevano la fortuna di riuscire a fare una conoscenza ravvicinata con quel cazzo.
La bionda sirena (per me era una sirena, tanto la vedevo bella) continuò a masturbarsi ancora per un po’, ma più lentamente, quasi più per eccitare i due uomini che non se stessa, gli occhi fissi, però, sui due cazzi che aveva davanti.Quindi, con un unico e fluido movimento, si mise a sedere sul lettino, li impugnò uno per mano, ed iniziò ad accarezzarli.Dall’angolo buio in cui mi ero rintanato, vidi le sue splendide mani scivolare su quelle due aste turgide; sul cazzo del ragazzo di colore, le unghie laccate di rosa della ragazza risaltavano in modo eccezionale.Mi abbassai nuovamente i pantaloni ed i boxer e presi a far scorrere la mano sul cazzo, duro e teso come non mai.La situazione si stava facendo sempre più eccitante, e la sega che mi sarei fatto sarebbe rimasta negli annali dei miei ricordi.Certo, avrei preferito, e anche di molto, essere al posto di uno di quei due, e di ricevere io le attenzioni della ragazza; ma, vista la situazione, non è che potessi pretendere la luna.Mi sarei accontentato di quello che il destino mi aveva riservato.In definitiva, meglio fare il guardone che nulla.Insomma, avrei appagato la mia libidine con una sega, e sentivo che sarei venuto come poche volte mi era capitato nella vita.
Osservavo quelle mani diaboliche scappellare, stringere, scivolare, palpare: di sicuro io non avrei resistito a lungo, come invece vedevo i due uomini riuscivano a fare.Mi vennero in mente tutte quelle chiacchiere e quelle dicerie che si facevano al bar, e mi convinsi che i due, essendo con ogni probabilità attori di film hard, fossero ben allenati a ritardare l’orgasmo, e a trattenere l’eiaculazione oltre il tempo che normalmente un uomo riesce a trattenerla.
La bionda continuò a masturbarli a lungo, con carezze esperte e consumate.Le cappelle dei due cazzi apparivano e scomparivano al ritmo delle seghe che le mani della ragazza stavano facendo: quella del ragazzo più basso appariva violacea, mentre quella dell’uomo di colore era marrone chiaro, e contrastava con il nero del cazzo in piena erezione.Fermai la mano, ormai prossimo all’esplosione; volevo che anche il mio piacere durasse il più a lungo possibile.Temevo di venire troppo presto, e di non godermi fino in fondo tutto quello che sicuramente sarebbe accaduto fra i tre.
Ed infatti, dopo nemmeno un minuto, la ragazza, inginocchiatasi di fronte ai due, prese a passare la lingua sulle due aste frementi, alternandosi tra l’una e l’altra.Tormentava le cappelle con rapide leccate, scivolava con le labbra sull’intera lunghezza dei due membri spasmodicamente protesi verso di lei, succhiava abilmente le palle gonfie e dure; di tanto in tanto mi giungevano le voci dei due uomini, ma, vista la distanza, non riuscivo ad interpretare esattamente le parole.Immaginai fossero apprezzamenti per le capacità orali della bionda, o anche insulti, sicuramente per rendere ancora più torrida l’atmosfera che si era andata creando tra i tre.
La ragazza continuò a succhiarli e a leccarli, anche se mi era evidente la sua predilezione per lo splendido cazzo dell’uomo di colore: vedevo chiaramente tutto il piacere che l’ingoiarlo quasi per intero le dava, e l’eccitazione che lo stringerlo tra le labbra le provocava.
Mentre la mia mano andava piano in su e in giù, gli occhi fissi sui tre, il nero si andò a sedere sul lettino, le gambe divaricate, il cazzo svettante.La ragazza si voltò e, sempre stando in ginocchio, si chinò con il viso sul palo turgido e gonfio, leccando in punta di lingua la larga cappella.L’altro, il ragazzo più giovane, anche lui si mise in ginocchio, si posizionò dietro di lei, le afferrò le natiche con le mani, accostò il suo cazzo alla carne della bionda, e la penetrò con un solo e deciso colpo di reni: udii chiaramente un intenso gemito di piacere uscire dalla bocca della donna, malgrado le sue labbra fossero impegnate a scorrere lungo l’asta enorme dell’uomo di colore.Accelerai il ritmo della mia sega, per poi nuovamente rallentarlo, ormai vicinissimo a scoppiare.
Mentre il ragazzo con i capelli lunghi la scopava vigorosamente da dietro, la donna continuò a rivolgere le sue attenzioni al cazzo dell’uomo sdraiato sul lettino: dalla mia posizione vedevo perfettamente la scena e non mi persi neppure un attimo di quello che accadde.
La mano della ragazza impugnò la scura asta, le sue unghie rosa meravigliosamente a contrasto con la pelle nera di lui: lo scappellò fino in fondo, leccò nuovamente, ma solo per un attimo, la lucida cappella marrone, se la fece scivolare tra le labbra dischiuse, e quindi lo ingoiò per più di metà della sua lunghezza.La testa prese ad andare avanti ed indietro, mentre le mani dell’uomo, strette tra i suoi corti e biondi capelli, le dettavano il ritmo del pompino.Non mi era più possibile controllare le mie reazioni: mi sentivo il cazzo pulsare nella mano ed i testicoli dolere per il bisogno di scaricare la tensione dello sperma accumulato.
Poi accadde tutto quasi contemporaneamente.Il ragazzo, con un ultimo affondo nella fica della bionda, uscì da lei, le appoggiò il cazzo tra le natiche, all’attaccatura della schiena, e venne abbondantemente, inondandole la pelle lucida ed abbronzata.Subito dopo fu la ragazza a godere: sollevò il viso dall’asta nera che stava succhiando, stringendola nuovamente nella sua erotica mano, e, gemendo e sospirando, si abbandonò all’orgasmo che dilagava impetuoso in ogni cellula del suo corpo.
Gli occhi fissi sulla sua mano, sulle quelle favolose sue unghie rosa, sulle dita che avevano ripreso a masturbare quella meraviglia turgida e scura, esplosi tutto il mio seme sul pavimento del locale delle macchine della piscina.Con le gambe tremanti per l’eccitazione, lo sguardo ancora fisso sui tre, il cuore che mi batteva furiosamente, vidi uno schizzo bianco fuoriuscire dalla punta del cazzo del nero e colpire la ragazza in pieno viso: un secondo getto le inondò la pelle della gola ed i seni, mentre altro sperma, bianco e denso, colava lungo l’asta e sulle dita della mano che ancora, sia pur lentamente, continuava a masturbarlo…
Stravolto da quello che era accaduto, attesi che i tre, ripresisi dalle loro evoluzioni erotiche, si alzassero e si dirigessero, completamente nudi, ridendo e scherzando, verso la villa, e scomparendo quindi al suo interno.
Rimasto solo, con le mani ancora malferme, portai rapidamente a termine il mio lavoro, aggiustando la pompa e ripulendo i filtri: l’acqua della piscina sarebbe tornata limpida in poche ore.Misi via gli attrezzi e feci il numero dell’amministratore per comunicargli che avevo terminato.Mi sarei fatto pagare profumatamente per il lavoro svolto, ma, onestamente, vista la situazione in cui mi ero venuto a trovare, lavori come quello li avrei fatti anche gratis.E molto volentieri, per giunta.

VIAGGIO TRA I RICORDI

Era partito da Sofia da nemmeno un’ora e già si era pentito amaramente della decisione presa.Erano passate ormai le undici di sera da un pezzo, e la neve continuava a cadere incessante, in una cortina assolutamente impenetrabile, asciutta e fitta, imbiancando tutto quello su cui, lieve come una piuma, si andava a depositare.
Lui aveva trascorso in Bulgaria due giorni soltanto, il tempo strettamente necessario a partecipare ad un noiosissimo congresso, in rappresentanza della società informatica per la quale lavorava ormai da molti anni.E in quei due giorni il tempo era stato sempre orribile, gelido e piovoso, ma la neve aveva preso a cadere solo nel primo pomeriggio di quel secondo giorno in cui lui doveva partire per tornare a casa.La nevicata, con il passare delle ore, si era andata trasformando in una vera e propria bufera, e la capitale bulgara, malgrado fosse abituata ad inverni lunghi e rigidi, era andata completamente in tilt.
Alcune ore prima che si mettesse in viaggio, nel grande albergo dove si era svolto il congresso, era stato offerto il ricco buffet conclusivo della manifestazione, al termine del quale lui era salito subito in macchina per rientrare ad Atene; avrebbe dovuto viaggiare tutta la notte per coprire i novecento e passa chilometri che separavano le due capitali, ma non poteva fare altrimenti, dovendo inderogabilmente presentare al direttore generale, per il pomeriggio successivo, una relazione, anche se forzatamente approssimativa, sui lavori e sulle novità che erano emerse in quei due giorni del convegno.
La strada che da Sofia porta al confine con la Grecia, dalle autorità bulgare è pomposamente chiamata superstrada, ma in realtà si tratta di una schifosissima strada a due sole corsie, tutta curve e saliscendi, e dall’asfalto in pessime condizioni, percorsa incessantemente da migliaia di autotreni rombanti e ammorbata dai loro pestilenziali e velenosi scarichi.Una volta che fosse giunto al confine di stato, ben trecentocinquanta chilometri più avanti dal punto in cui si trovava in quel momento, l’uomo avrebbe finalmente imboccato l’autostrada per Atene e, con ogni probabilità, anche il tempo sarebbe decisamente migliorato: forse avrebbe potuto ancora piovere, probabilmente anche molto, ma di certo la neve e la terribile bufera sarebbero scomparse.O così, almeno, lui si augurava, confortato anche dai bollettini meteorologici che aveva ansiosamente ascoltato nell’ultima mezzora.Era concentrato al massimo nella guida perché, di tanto in tanto, sentiva la BMW pattinare pericolosamente su qualche tratto di strada ghiacciato più del consentito.Ridusse ulteriormente la velocità, già molto bassa viste le pessime condizioni atmosferiche, e, con il sottofondo della musica trasmessa dall’autoradio, si rassegnò, sospirando annoiato, al difficile viaggio e alla notte infernale che chiaramente l’attendevano.
La neve ora cadeva fittissima, come mai gli era capitato di vedere in passato, riducendo la visibilità a solamente poche decine di metri.I fari dell’auto illuminavano un muro bianco, compatto, quasi impenetrabile.Si sentiva gli occhi gonfi e pesanti, e un senso generale di spossatezza gli avvolgeva subdolo le membra, sgradevoli conseguenze della precedente notte di baldoria, notte passata quasi interamente senza dormire.Ma ne era valsa la pena, e nella maniera più assoluta, di non chiudere praticamente occhio.Questo era assolutamente indiscutibile.
Tra i membri della delegazione di un’importante e molto conosciuta società tedesca, si trovava una ragazza (la segretaria personale di uno dei massimi dirigenti di quella società, per la precisione) che lo aveva subito colpito e affascinato, non appena gli era capitato di mettere gli occhi su di lei.Forse non eccessivamente alta, ma molto ben proporzionata, bionda come solo le nordiche sanno esserlo, sensuale ed erotica nelle movenze quasi feline, dalla voce calda e provocante, la ragazza lo aveva da subito intrigato, accendendo immediatamente in lui il desiderio della conquista.
Superò con estrema attenzione un camion turco che era praticamente fermo nella bufera: strizzò gli occhi nella speranza vana di vedere un pò più lontano, ma la situazione atmosferica di quella dannata notte si andava facendo, minuto dopo minuto, sempre più difficile.Il tempo sembrava peggiorare ogni istante di più.Ormai, comunque, se ne era fatta una ragione.La sua mente ritornò subito, però, a Kristine, la splendida ragazza tedesca con la quale, grazie alle sue collaudate capacità di conquista, era riuscito a passare la notte precedente.
Se l’era lavorata per tutta la seconda giornata di quel maledetto congresso, cercando sempre l’occasione per incontrarla e facendole una corte discreta e signorile, anche se decisamente serrata ed asfissiante: e così era riuscito, infine, ad invitarla a pranzo da sola, entrando ben presto in gran confidenza con lei.Bisognava ammettere che, con il passare degli anni, lui era stato capace di affinare tecniche di conquista femminile molto sottili; non se ne vantava mai con nessuno, per carità, ma molto raramente le donne che si metteva in testa di conquistare riuscivano a sfuggirgli.E lui era molto orgoglioso di questo.C’era da considerare anche il fatto, naturalmente, che lui era un gran bell’uomo: a qualche anno dalla quarantina, alto e ben piantato, dal fisico prestante, sempre elegantemente vestito e dai modi estremamente cortesi e gentili.Le donne per le quali lui provava attrazione, e che venivano soggiogate senza scampo dal suo fascino e dalla sua educazione, quasi sempre finivano nel suo letto, ad allungare la già ricchissima collezione dei suoi successi galanti.
Quella delle donne, l’essere sempre pronto a cedere alle lusinghe del gentil sesso, era per lui una vera e propria malattia.In verità, sin da ragazzo si era sentito attratto dall’altro sesso in modo notevolmente superiore ai suoi coetanei.Lui si era chiesto spesso il perchè, aveva cercato di comprendere le ragioni più profonde di questa incontrollabile frenesia sessuale, di questa voglia di sesso che sentiva sempre pressante, ed era giunto alla conclusione che, forse, il tutto non fosse altro che una inconscia reazione a quanto aveva visto accadere, giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno, nella sua stessa famiglia.
Il fratello di suo padre, lo zio Leo, era dichiaratamente omosessuale: viveva questa sua natura in maniera assolutamente discreta, ma in famiglia, come del resto era inevitabile, l’argomento si poneva sempre all’ordine del giorno.Gli capitava spesso di ascoltare i commenti e, a volte, le battute, anche se bonarie, dei suoi genitori e degli altri zii, dei parenti e dei vicini di casa, riguardanti il povero zio Leo, che, tra parentesi, era anche il suo zio preferito: d’animo buono e sensibile, sempre disponibile, adorava indistintamente tutti i suoi nipoti, quasi fossero quei figli che dalla vita lui non aveva avuto.Ed anche se le battute erano dette, di solito, senza cattiveria o malizia, il vedere come il mondo considerasse un omosessuale, come la “diversità” fosse bollata e sbeffeggiata, lo aveva portato ad eccedere in senso opposto, a circondarsi di donne, quasi a voler allontanare da chiunque il solo sospetto che lui potesse essere un “frocio”.
Era stata quella la vera e più profonda paura della sua vita: ingenerare negli altri, anche inavvertitamente, il pensiero che lui potesse avere tendenze omosessuali (cosa che, peraltro, era lontanissima dalla sua natura assolutamente eterosessuale).E allora la continua ricerca di nuove conquiste femminili si era rivelata essere il miglior antidoto contro tutti i suoi timori.La conseguenza di tutto ciò era stata anche che, di fatto, lui non si era mai legato veramente con nessuna ragazza: le donne gli erano servite solamente per dimostrare al mondo intero che lui era un uomo normale, e quindi ci giocava, le usava, e se le portava a letto per il suo esclusivo ed egoistico piacere sessuale.E, per sillogismo, poiché le scopava, tutti sapevano per certo che lui era un vero e proprio dongiovanni, e a nessuno poteva mai sorgere il dubbio che potesse essere un “frocio”.Ed era soltanto in questo modo che tutte le sue paure riuscivano a dileguarsi in via definitiva.
Frenò lentamente perché la strada davanti a lui era bloccata.Forse la neve.O, forse, più probabilmente, un incidente.Dopo alcuni minuti di sosta, con estrema lentezza, la fila di auto e camion riprese a muoversi, e dopo un altro centinaio di metri, vide due TIR fermi al lato della strada che montavano le catene alle ruote.Anche alcune auto si erano fermate per lo stesso motivo, mentre altri veicoli, dotati di gomme da neve, proseguivano il difficoltoso viaggio nella notte tempestosa.In effetti si sarebbe dovuto fermare anche lui, mettere le catene, e solo allora ripartire.Ma l’idea di scendere dalla macchina, così calda ed accogliente, gli apparve insopportabile: decise di provare ad andare avanti in quel modo, guidando con prudenza, ancora per un pò, nella tenue speranza che il tempo all’improvviso migliorasse.
Con il pensiero tornò alla ragazza tedesca della sera precedente.Dopo il pranzo con Kristine, durante il quale aveva dato fondo a tutte le sue riserve di fascino e galanteria, al bar dell’albergo, insieme con altri congressisti, lui e la ragazza avevano scherzato e bevuto molto; tra una chiacchiera e l’altra, una battuta e un’allusione, un complimento ed uno sguardo esplicito, era riuscito finalmente a farsi dare il numero della sua camera, e a strappare alla ragazza un tacito appuntamento notturno.E così, attorno alla mezzanotte, era andato a bussarle con discrezione alla porta.Quasi subito, come se lei lo attendesse con impazienza, Kristine aveva socchiuso il battente e lui era velocemente sgusciato all’interno della stanza.La ragazza era appena uscita dalla doccia ed aveva ancora i capelli bagnati: si era avvolta in un largo telo da bagno che la fasciava, in maniera erotica e sensuale, dal seno alle ginocchia.Quel riceverlo in camera così abbigliata, in pratica seminuda, era stato un chiaro segnale, se ancora ce ne fosse stato bisogno, di quali fossero le sue reali intenzioni, di come anche lei desiderasse andare a letto con lui.Senza nemmeno dirsi una parola, lui l’aveva subito attirata a sé, e, mentre le due bocche si congiungevano in modo frenetico, quasi con brutalità, esplorandosi ed assaporandosi con le lingue guizzanti, lui delicatamente le aveva fatto scivolare in basso il telo da bagno, scoprendo finalmente lo splendido ed eccitante corpo di Kristine.
La ragazza era già chiaramente su di giri, eccitata al massimo da quell’incontro clandestino, (più tardi, molto più tardi, abbracciata a lui sul letto, dopo le lunghe ore di sesso consumato, lei gli aveva confessato di come, sotto la doccia, non sapendo se poi lui sarebbe arrivato o meno, si fosse a lungo masturbata, sognando quello che poi sarebbe tra loro effettivamente accaduto), a tal punto che le sue mani avevano preso a spogliarlo con una frenesia a stento repressa.In piedi, uno di fronte all’altra, lei gli aveva sbottonato rapidamente la camicia, passando le dita affusolate e dalle lunghe unghie laccate di rosso sui pettorali scolpiti dell’uomo, strizzando delicatamente i capezzoli e disegnando le linee degli addominali, e quindi gli aveva allentato la cintura dei pantaloni che, scivolando lungo le gambe, si erano andati ad arrotolare attorno alle caviglie.La mano di Kristine, sempre più impaziente, si era infilata rapida negli slip, impugnando subito e stringendo spasmodicamente il duro e rigonfio membro di lui.E lui l’aveva lasciata fare, godendosi quei momenti, quasi immobile, per vedere fino a dove lei, preda di un’eccitazione sempre più incontenibile, si sarebbe spinta.Giudicava Kristine sufficientemente spregiudicata e libera da qualunque freno inibitore in campo sessuale, a tal punto da stupirlo sicuramente con le sue iniziative.
E quella notte, infatti, lui non era rimasto di certo deluso dall’abilità erotica dell’intraprendente ragazza tedesca.
Kristine lo aveva masturbato a lungo, con sempre minor delicatezza, quasi dolorosamente, scappellandolo con colpi violenti e prolungati, ritraendogli la pelle fino all’estremo limite, e proiettandolo in quella zona di confine, sempre inesplorata e misteriosa, situata tra il piacere ed il dolore.Ad un certo momento, quasi in trance, la ragazza era caduta in ginocchio, guardando affascinata il sesso pulsante dell’uomo per alcuni interminabili secondi, accostando timidamente poi le labbra alla sua cappella, ed ingoiandogli il pene, infine, quasi per la sua intera lunghezza.Ogni tentativo, da parte di lui, di prolungare quei momenti di pura estasi era stato vano: ben presto si era abbandonato completamente alla calda ed esperta bocca di Kristine, alle sue morbide e sensuali labbra e a quella lingua infernale che lo faceva rabbrividire in continuazione d’intenso piacere.La ragazza si era rivelata di un’abilità straordinaria: con le labbra lo aveva succhiato divinamente, e con la lingua aveva accarezzato l’intera asta, dalla cappella ai testicoli, con lente passate che gli avevano strappato gemiti e sospiri di assoluta beatitudine.Quando non aveva potuto più resistere a quella fantastica tortura, lui era venuto, inondandole la bocca di un caldo e denso fiume di sperma.
Kristine, con le labbra eroticamente macchiate dal bianco del suo seme, aveva quindi alzato gli occhi verso l’uomo, quasi in un gesto di supplica.E allora lui l’aveva sollevata da terra e, tenendola tra le braccia, l’aveva condotta verso il letto.Kristine era talmente bagnata per l’eccitazione che i suoi umori avevano preso a colare lungo l’interno delle morbide cosce.Sdraiata sulle lenzuola immacolate, bellissima nella sua nudità, con le gambe completamente divaricate, totalmente esposta al torbido e lascivo sguardo dell’uomo, la ragazza si stava offrendo impaziente alle sue attenzioni: e lui non l’aveva fatta attendere oltre, iniziando a leccarla avidamente, con sapienti colpi di lingua, e costringendola a gemiti ed ansiti di puro godimento che, ben presto, si erano trasformati in grida di vera estasi erotica.Avvolgendo abilmente il clitoride della ragazza con la lingua, in un abbraccio sensuale e bollente, l’aveva condotta verso l’orgasmo: e, un attimo prima che Kristine godesse, lui aveva sollevato la bocca dal sesso della ragazza, si era sdraiato su quel corpo fremente, per poi penetrarla con un unico e deciso movimento, scopandola con sempre crescente vigore.Erano venuti entrambi, accaldati e sconvolti da quella loro frenesia.
E più tardi, abbracciati sul letto, lui aveva ripreso ad accarezzarla, prima sui seni, poi sulle cosce, quindi sulla fica, nuovamente grondante degli umori dell’eccitazione: allora lui si era inumidito, in quel miele che le colava incessante tra le gambe, prima l’indice, e poi il medio della mano destra, e, spingendo all’inizio delicatamente, e quindi con sempre maggior impeto, li aveva inseriti ripetutamente nell’ano di lei, fino a condurla ad un ennesimo e irrefrenabile orgasmo.Quella era stata soltanto la preparazione manuale alla penetrazione anale che ne era conseguita, quando lui aveva infilato per intero il suo cazzo nel culo incredibilmente accogliente di Kristine…Era stata una notte straordinaria, in cui la ragazza tedesca gli aveva permesso di esplorare ogni più piccola parte del suo corpo, senza mai un attimo d’esitazione o di vergogna, offrendosi a lui in modo totale e sconvolgente.
All’improvviso lui si riscosse da quei piacevolissimi ricordi, e tornò a concentrarsi sulla guida, difficoltosa come poche volte gli era capitato.Ora sembrava nevicare con minore intensità, ma la strada era sempre più ghiacciata e, di conseguenza, ancora più scivolosa, e le gomme della macchina stentavano sempre più spesso a far presa sull’asfalto.Si accorse di aver premuto un pò troppo sull’acceleratore nel mentre fantasticava su Kristine: d’altronde, il ricordo della notte precedente era ancora così vivo in lui da fargli dimenticare la necessaria prudenza.Rallentò immediatamente, scalando una marcia ed evitando di toccare i freni, e scendendo ad una velocità sicuramente più controllata.Desiderava, sopra ogni altra cosa, un caffè, nero, dolce e bollente: ma su quella strada schifosa, abbandonata da Dio e dagli uomini, di notte non si trovava assolutamente nulla. E, forse, anche di giorno, la situazione non sarebbe stata molto diversa.Bar, ristoranti, motel.Nulla, assolutamente nulla dove fermarsi e riposarsi per qualche minuto.E anche la benzina poteva diventare un problema: controllò l’indicatore sul cruscotto e, dopo un rapido calcolo, decise che il carburante sarebbe stato sufficiente fino a quando non fosse arrivato a superare la frontiera.Entrato in Grecia, sull’autostrada che lo avrebbe condotto prima a Salonicco e poi ad Atene, avrebbe sicuramente trovato un distributore di benzina aperto anche di notte.E magari anche quel caffè che così tanto desiderava.
Kristine era stata veramente fantastica: pronta a tutto, mai sazia di sesso, gli aveva regalato una notte di un erotismo assolutamente indimenticabile.Si era concessa a lui senza mostrare alcuna inibizione, godendo e facendolo godere per ore ed ore: lui si era fatto masturbare dalle sue mani, piccole, snelle, nervose e con quelle eccitanti unghie smaltate di rosso, aveva lasciato che lei lo leccasse e lo succhiasse con le sue calde labbra, l’aveva poi penetrata, a lungo, perdendosi nel suo sesso bollente e in quell’ano accogliente e cedevole, in una fantastica girandola di sensazioni e di orgasmi che era sembrata non dover avere mai fine.Ma, nonostante l’avventura con la bella Kristine, quello che gli era capitato la settimana precedente, il ricordo di un’altra notte di sesso senza limiti, in un altro albergo e in un’altra città, continuava a solleticare insistente i suoi pensieri.E anche in quel momento, chiuso in auto ed impegnato in un’attenta guida, ripensando agli eventi accaduti, lui avvertiva un fremito di desiderio, un’immediata e languida tensione propagarsi molto piacevolmente verso il suo inguine.
Era andato a cena nel locale dove lui era un cliente fisso, in quel quartiere di Atene che sorge subito sotto il Partenone.Da tempo aveva eletto quel ristorante a sua base operativa preferita, poiché, essendo situato proprio nel centro della capitale greca, era frequentato da molti turisti e, ovviamente, da tante e altrettanto disponibili turiste.Ed il piacere che lui provava nel conquistare, in poche ore, donne che erano chiaramente soltanto di passaggio, e che si trattenevano ad Atene magari solo per qualche giorno, era estremamente appagante: l’ennesima conferma, a voler essere onesti fino in fondo, del suo ruolo di play-boy che, con ostinata pervicacia, si era andato a costruire in tutti quegli anni.
Quella sera, proprio al tavolo di fianco al suo, erano sedute due donne di straordinaria bellezza: non erano di certo ragazzine, più vicine ai quaranta che non ai trenta, ma di un’eleganza e di un’innata sensualità che lo avevano subito rapito e lasciato senza fiato, facendogli provare l’immediato desiderio di conoscerle e conquistarle.Dalla lingua che parlavano fra loro, e dal modo in cui gesticolavano animatamente con le mani, lui intuì immediatamente come le sue due belle vicine di tavolo fossero italiane.La prima, mora, e che poi scoprì chiamarsi Eugenia, era di altezza media, formosa al punto giusto, e irradiava una carica naturale di erotismo e di fascino veramente inarrivabile.Con la pelle del viso perfetta e luminosa, occhi grandi e scuri come la notte, leggermente a mandorla, tanto da donare alla donna un aspetto quasi orientale, caschetto di capelli corvini, naso dritto e perfetto ed una bocca dalle labbra carnose ed invitanti, quella splendida creatura era apparsa ai suoi occhi così provocante e sensuale da fargli dimenticare l’ottimo cibo che il cameriere gli aveva appena servito.Eugenia, dalla quale lui non riusciva quasi a staccare gli occhi di dosso, aveva le dita delle mani, dita sottili e dalle lunghe unghie smaltate di un rosa perlaceo, impreziosite da numerosi anelli, e non certo di bigiotteria; ed anche il suo seno, le cui forme piene e sode lui intuiva sotto la leggera maglia di filo che la donna indossava, prometteva di rivelarsi una parte molto invitante e seducente del suo corpo.L’altra donna, l’amica che sedeva al tavolo con Eugenia, era castana, con colpi di sole che facevano apparire i suoi capelli più chiari di quanto non fossero naturalmente, e si chiamava Grazia.Il viso, sicuramente meno delicato e bello di quello d’Eugenia, aveva un qualcosa di sfrontato, un’espressione quasi d’arroganza, ma proprio per questo suo apparire in parte volgare risultava straordinariamente attraente.Grazia era qualche centimetro più alta dell’amica, la pelle del viso che faceva pensare alla seta, mani più grandi e dalle dita lunghe ed affusolate, unghie più corte di quelle delle mani di Eugenia e laccate di un rosso brillante.Quella sera indossava un largo abito verde chiaro che ne celava le forme del corpo che, però, lui aveva subito immaginato essere snello e attraente.Le sue vicine di tavolo erano, per farla breve, due donne splendide e desiderabili: anche se non più giovanissime, ma elegantemente vestite, affascinanti e sexy, lo avevano costretto a trascurare del tutto l’ottimo cibo che aveva ordinato.
Durante la cena, non appena gli si era presentata l’occasione, e senza apparire sfacciato o indiscreto, lui attaccò abilmente discorso in inglese con le due italiane, mostrandosi cortese ed educato, sempre disponibile a rispondere a tutte le domande che le due donne gli avevano rivolto, e a soddisfare le varie curiosità che Eugenia e Greta avevano sulla Grecia e su Atene in particolare: fu una dimostrazione, da parte sua, d’impeccabile signorilità, a tal punto che, alla fine della cena, era venuto naturale a tutti e tre di uscire insieme dal ristorante.Era tale la confidenza che si era instaurata tra l’uomo e le due splendide italiane che, quando lui le aveva invitate, con un sorriso affascinante, a proseguire quella piacevole serata in un piano-bar poco distante, Eugenia e Grazia avevano accettato prontamente e con evidente entusiasmo.Fu così che aveva fatto salire nella sua auto le due ultime conquiste femminili e, in pochi minuti, avevano raggiunto il locale, dove la loro serata sarebbe poi proseguita.
Con il sottofondo gradevole della musica greca e sorseggiando le consumazioni, seduti ad un tavolo d’angolo nel locale discretamente illuminato, le due donne gli avevano raccontato che erano ad Atene al seguito dei rispettivi mariti, entrambi dirigenti di una grande azienda italiana, di Milano, azienda che aveva importanti interessi economici sia in Grecia che in Turchia.E, sempre per affari, i due uomini si erano spostati in aereo proprio in Turchia, a Smirne per l’esattezza, lasciando le mogli da sole per qualche giorno ad Atene, per visitare la città e fare shopping; al loro ritorno dalla Turchia, il pomeriggio successivo, sarebbero subito rientrati tutti in Italia.Era stato poi il suo turno di raccontare qualcosa di se stesso e quale attività lui svolgesse nella vita, affascinando le sue nuove amiche confidando loro le pesanti responsabilità che gravavano sulle sue spalle, e narrando episodi avvenuti durante i frequenti viaggi di lavoro che faceva in molte parti del mondo (aveva esagerato un tantino, in realtà, ma la cosa si era necessaria affinchè le due italiane restassero ancora più intrigate da lui…).La serata, dunque, si era svolta in maniera assolutamente piacevole.
Tra una chiacchiera e l’altra, una battuta spiritosa ed una risata, lui aveva notato che Eugenia, la mora bellissima che tanto lo affascinava, con sempre maggior frequenza gli lanciava, e nemmeno tanto velatamente, occhiate a tal punto esplicite che erano più che un invito a concludere la serata infilandosi insieme in un letto.Grazia, al contrario, si mostrava più distaccata, più fredda, ed in alcuni momenti appariva pensierosa, quasi assente, estraniandosi dalla compagnia e perdendosi in chissà quali personali riflessioni.
Alla fine della serata, lui le aveva riaccompagnate con l’auto al loro albergo, quando l’una di notte era passata da pochi minuti.L’uomo si era ormai praticamente rassegnato all’impossibilità di restare da solo con Eugenia, per tentare di portarsela a letto, visto che l’amica, Grazia, non accennava minimamente a togliersi di torno.Gli sarebbe risultato impossibile sondare il terreno, per scoprire quante possibilità lui avesse di aggiungere Eugenia alla sua collezione di conquiste femminili quella stessa sera.Anzi, fu proprio Grazia, davanti all’ingresso dell’hotel, a proporre un ultimo bicchiere fra loro, prima di lasciarsi e di concludere in quel modo la piacevolissima serata.Ed era stato per quella ragione che lui si era ritrovato a seguire le due donne nella camera d’albergo di Grazia.
Più che di una camera di hotel, si trattava di una vera e propria suite quella che l’albergo aveva riservato a Grazia ed al marito: dall’ingresso si accedeva in un ampio salotto, arredato con divano e poltrone, un tavolo antico con due sedie ed un mobile-bar, estremamente fornito, in un angolo.Dal salone, una porta, in quel momento accostata, lasciava intravedere un’ariosa camera matrimoniale, di sicuro dotata di un bagno all’altezza della situazione.Le due amiche lo avevano fatto accomodare sul divano, parlando e scherzando allegramente, di certo già abbondantemente brille per i numerosi drinks bevuti durante la serata, e dirigendosi entrambe verso il mobile-bar per preparare l’ultimo bicchiere prima della buonanotte.Lui si era ritrovato a sospirare, ormai quasi annoiato per la piega che aveva preso la situazione: aveva sperato di riuscire a scoparsi senza tante difficoltà quella donna meravigliosa e sensuale che era Eugenia, ed invece con le due donne avrebbe fatto l’ultimo brindisi e quindi se ne sarebbe poi andato a casa, deluso per l’occasione irrimediabilmente persa.In effetti, l’uomo iniziava a provare una sensazione di fastidio al pensiero che quella sera il suo intuito l’aveva clamorosamente tradito: Eugenia forse ci sarebbe anche stata, ma Grazia non aveva mostrato alcuna sensibilità, restando sempre fra i piedi, ed impedendogli qualsiasi tipo di approccio. E la stessa Eugenia nulla aveva fatto per cercare di allontanare l’amica da loro due, quasi lei non fosse veramente interessata a restare da sola con lui.Era rimasto perplesso di fronte a quello strano comportamento, perchè era sicurissimo che, se non ci fosse stata Grazia con loro, Eugenia sarebbe stata lusingata dalla sua corte, e di certo più che disponibile ad avere un’avventura di una notte con lui.
Ed era stata proprio Eugenia a porgergli il bicchiere, mettendosi seduta poi di fianco a lui sul divano, mentre Grazia si era andata a sistemare comodamente su una delle ampie poltrone di fronte.
Dopo una decina di minuti di discorsi senza importanza alcuna, lui appoggiò il bicchiere, ormai vuoto, sul basso tavolino di fronte al divano, pronto a salutare le due donne e ad andar via.Ma, proprio nel momento in cui stava per alzarsi e accomiatarsi da loro, percepì improvviso il calore della gamba sinistra di Eugenia, che, in un gesto che poteva anche apparire casuale, si era accostata alla sua: la gonna leggera che la donna indossava era risalita maliziosamente sulle cosce, mostrandone una porzione generosa, dalla quale i suoi occhi vennero immediatamente attratti, come fossero falene attirate da una luce nella notte.Fu sufficiente quella sensazione di tepore, nettamente percepita attraverso la stoffa dei pantaloni, per eccitarlo all’istante.E era stato solo allora che lui si era reso conto del silenzio che all’improvviso era calato tra loro tre e, in modo ancora più inaspettato, della mano di Eugenia che si era andata a posare leggera sui suoi pantaloni, senza alcun imbarazzo, e premendo meravigliosamente sul suo sesso che già andava inturgidendosi.La delusione e la noia di poco prima furono sostituite dall’ansia per quello che stava per accadere e dal desiderio di avere Eugenia.Dopo pochi istanti, sorridendogli con occhi ambigui, Eugenia, con abilità consumata, aveva sbottonato i pantaloni dell’uomo, aveva scostato l’elastico dei boxer e liberato finalmente il pene dalla costrizione dell’indumento, prendendo a massaggiare con la sua splendida mano, in punta di dita, il cazzo eretto, ora nudo e fremente.
Inutile negarlo.Era rimasto a dir poco sbalordito dal repentino cambiamento d’atmosfera che si era verificato su quel divano, dall’iniziativa presa da Eugenia nonostante la presenza dell’amica.Lui si era ormai convinto di avere fatto il classico buco nell’acqua, e che Eugenia, l’affascinante italiana incontrata solo poche ore prima, sarebbe rimasta un sogno proibito, uno dei rari fallimenti nelle sue più che collaudate strategie di conquista.L’imbarazzo che lui in quel momento provava, causato dalla rapidità degli eventi che stavano andando a verificarsi, si era completamente dileguato quando, alzando lo sguardo alla poltrona di fronte, aveva visto Grazia, l’ampio abito sollevato e le gambe aperte, che, seguendo con gli occhi le evoluzioni della mano dell’amica su quel palo di carne, si passava lentamente le dita della destra, accarezzandosi, sulla fica, ancora celata dalle minuscole mutandine nere che lei indossava.La luce soffusa (e anche di quel particolare, di come fosse stato di certo studiato dalle due donne per creare il giusto ambiente, lui non si era accorto in precedenza) che proveniva da un’unica lampada a stelo posizionata in un angolo della camera, accresceva, e di molto, l’erotismo di cui si era andata caricando l’atmosfera, divenuta improvvisamente elettrica.
Aveva lasciato che la mano ingioiellata e così erotica di Eugenia vagasse, a tratti indolente, a tratti energica, sul suo cazzo eretto allo spasimo, che scivolasse delicata lungo l’asta, che indugiasse sui testicoli, che le sue dita e le sue unghie laccate di rosa giocassero con la liscia cappella; quindi, sentendo il respiro della donna accelerare in modo percettibile, aveva iniziato a spogliarla, scoprendo ben presto un corpo assolutamente perfetto e sensuale, un corpo talmente voluttuoso che sembrava essere stato creato per dispensare sesso e piaceri.Travolti da una frenesia delirante, in brevissimo tempo lui e la donna si erano ritrovati entrambi completamente nudi.Si erano baciati e toccati con passione, accarezzandosi ora con esasperante lentezza, ora con infuocata frenesia, una frenesia sessuale sempre più dirompente ed incontrollabile.Anche Grazia, nel frattempo, gli occhi incollati ai loro corpi nudi ed eccitati, si era liberata velocemente degli abiti, mostrando anch’essa un corpo meravigliosamente sexy, e si era andata ad unire a lui e ad Eugenia, raggiungendoli sull’ampio divano.Tutto si stava svolgendo con tale rapidità che lui si era sentito emozionato ed eccitato come non gli succedeva ormai da molto tempo.
Intanto che lui baciava Eugenia, esplorandole la bocca con la lingua e sentendo lo smalto liscio dei candidi denti ed il calore del suo alito, Grazia aveva preso a succhiare abilmente i capezzoli eretti dell’amica, passando le labbra da uno all’altro, e facendoli diventare, attimo dopo attimo, ancora più duri e deliziosamente sporgenti.Quindi era toccato a lui cercare i seni di Grazia, baciandoli e palpandoli in tutta la loro morbida consistenza, mentre Eugenia univa le sue labbra a quelle dell’amica.E dopo quei lunghi momenti di passione, che erano serviti a riscaldare ulteriormente i sensi di tutti e tre, senza alcun bisogno di parlare, si erano trasferiti sull’ampio letto matrimoniale della camera adiacente: le due donne italiane lo avevano fatto sdraiare tra di loro, il cazzo svettante nella penombra, e le bocche delle due amiche erano scese rapide ad impossessarsene, quasi litigandoselo con le labbra e con le lingue, e alternandosi in un fantastico e straordinario pompino.Le labbra, infaticabili, esperte, voraci, avide, scorrevano per tutta la lunghezza di quell’asta turgida e in piena erezione, senza risparmiare neanche un centimetro di quel cazzo che avevano a loro completa disposizione.Lo succhiavano a turno, staccandosene quasi a fatica quando era il momento di lasciarlo alle cure dell’altra: ora era la bocca di Eugenia, ora invece quella di Grazia, e poi era la lingua di Eugenia a scivolare sulla cappella, per essere poi sostituita da quella di Grazia che gli lambiva il prepuzio.E, spesso, non riuscendo a resistere al richiamo di quel cazzo spettacoloso, le due donne vi si gettavano sopra contemporaneamente, facendolo impazzire di piacere al contatto di quelle morbide labbra, e facendolo sussultare per i brividi di eccitazione che gli regalavano in continuazione quelle lingue così umide e bollenti.Mentre una gli leccava delicatamente i testicoli, sensibili e gonfi di sperma, l’altra gli disegnava, in punta di lingua, geometrie sempre diverse sulla cappella congestionata, per poi farsela scivolare tra le labbra rese bramose dalla passione.E poi, ancora, le lingue che riprendevano a danzare, lievi ma ardenti, lungo l’intero cazzo, arrivando finalmente ad incontrarsi e ad intrecciarsi in un intenso bacio saffico, per l’uomo così eroticamente sconvolgente.Quando lui finalmente era venuto, esplodendo tutta la sua eccitazione, le bocche delle due amiche si erano contese il suo sperma, ripulendolo e assaporandolo, con le lingue frenetiche, sino all’ultima goccia…
La strada sembrava ora un pò meno trafficata.La neve continuava a scendere nella notte, ma certamente con minore intensità di prima: malgrado questo, però, la visibilità, a causa della foschia, non era per nulla migliorata.Si accodò ad un enorme autotreno, che schizzava valanghe di neve e fango dalle ruote posteriori, seguendo le luci rosse di posizione, e non azzardando il sorpasso, in quel momento troppo rischioso.Il viaggio sarebbe durato ancora molto a lungo in quelle schifosissime condizioni atmosferiche.Si rilassò, avvolto e coccolato dal bozzolo caldo dell’abitacolo.E tornò con la mente a quella notte ad Atene e alle due bellissime donne italiane.
Nel frattempo che lui riprendeva fiato, subito dopo che quelle due bocche incredibili lo avevano letteralmente svuotato di ogni energia, Eugenia e Grazia, eccitate al parossismo, si erano sdraiate sul letto, la testa dell’una affondata tra le gambe dell’altra, in un fantastico sessantanove, e avevano preso a leccarsi gli umori e ad assaporare i profumi delle loro fiche incredibilmente bagnate ed eccitate.Lui era rimasto ad osservarle, una mano ad accarezzarsi l’uccello di nuovo in erezione, sentendo crescere ulteriormente l’intenso desiderio per quei due erotici corpi che tanto lo stimolavano.Vedeva le lingue accarezzare e leccare, percorrere le grandi labbra, giocare diaboliche con i clitoridi, solleticare le parti più sensibili di quei due sessi incandescenti e appassionati.L’uomo era affascinato dalle mani di Eugenia, dalle sue dita piene di anelli, dita che si insinuavano tra le natiche di Grazia, massaggiandole l’ano, penetrandolo con maestria, e strappandole in continuazione gemiti e mugolii di piacere.E osservava con interesse anche le mani di Grazia, le sue unghie rosse che, con la poca luce che rischiarava debolmente la stanza, apparivano quasi nere, percorrere lente le cosce dell’amica, accarezzando e, forse, graffiando la pelle sensibile e perfetta.Le due amiche erano bravissime, consapevoli ognuna delle passioni dell’altra, in assoluta sintonia, e lui ben presto si rese conto di come non fosse certamente la prima volta che le due donne andassero a letto insieme: dimostravano di essere troppo affiatate e complici in quel rapporto lesbico per non possedere una conoscenza perfetta ed assoluta dei rispettivi corpi.Evidentemente i mariti, troppo presi dal lavoro, o magari distratti da colleghe e segretarie, le trascuravano per lunghi periodi, e le due amiche sfogavano tra loro le voglie ed i desideri sessuali che le agitavano; e, come testimoniava la sua presenza su quel letto, Eugenia e Grazia non disdegnavano di certo la compagnia sessuale di altri uomini, oltre a quella, sicuramente più saltuaria, dei due rispettivi ed impegnatissimi mariti.
Ora era Eugenia ad essersi messa sopra l’amica.Sollevando per un attimo la bocca dalla fica di Grazia, con uno sguardo ambiguo ed accattivante, lo aveva invitato ad unirsi a loro, ai loro giochi e alla loro frenesia erotica.Chiaramente lui, in quei momenti, non aspettava altro.Si era inginocchiato dietro di lei ed aveva appoggiato il cazzo, nuovamente duro e teso, all’ano invitante della donna e, senza quasi trovare resistenza alcuna tra quelle cedevoli e già violate pareti, era scivolato al suo interno.Aveva iniziato ad incularla lentamente, con un ritmo sempre uguale, entrando ogni volta fino in fondo a quel culo da favola, mentre la donna continuava a leccare la fica di Grazia, e mentre la bocca di quest’ultima, da sotto, insisteva a martoriarle meravigliosamente il clitoride.E lui era venuto, per la seconda volta in quella straordinaria serata: aveva schizzato tutto il suo sperma nel culo di Eugenia, mentre le due amiche godevano ininterrottamente, trascinate dalle loro bocche in un orgasmo dietro l’altro.
Erano andati avanti così, per quasi tutta la notte, impegnati in un carosello sessuale che sembrava non dovesse avere mai fine; e, nei momenti in cui lui si doveva necessariamente prendere una pausa, Eugenia e Grazia, quelle due diaboliche vestali del sesso più scatenato, gli avevano mostrato tutti gli infiniti ed incantevoli modi in cui sapevano darsi il piacere tra loro…
Un uomo era in piedi in mezzo alla strada, e faceva gesti frenetici agli automezzi che sopraggiungevano.Si riscosse dall’estasi mentale in cui il ricordo della notte trascorsa con le due amiche italiane lo aveva precipitato, e spinse a fondo sul pedale del freno.L’auto sbandò immediatamente verso sinistra, pattinando sulla strada ghiacciata, ma lui, con consumata abilità, riuscì subito a riprenderne il controllo, riportandola sulla carreggiata di competenza.Nonostante la sua esperta manovra, però, l’auto si arrestò solo a pochi centimetri dal rimorchio dell’autotreno che lo precedeva: se i suoi riflessi lo avessero tradito anche per una frazione di secondo, se la sua reazione non fosse stata così immediata e tempestiva, la sua auto avrebbe di certo tamponato il camion.Respirò profondamente, a lungo, per tenere sotto controllo la scarica d’adrenalina che gli era andata in circolo nel corpo..Un’auto, poco più avanti, era finita fuori strada, e un’ambulanza stava portando i soccorsi ai feriti: avvertì un lungo e gelato brivido di paura scorrergli fastidiosamente lungo la schiena.Per un pelo, solo qualche millesimo di secondo con ogni probabilità, e non si era andato a schiantare su quel dannato rimorchio che lo precedeva.L’uomo sbuffò, imprecando, e maledicendosi per l’essersi fatto prendere così pericolosamente dal ricordo di Eugenia e Grazia: doveva porre attenzione alla guida se voleva arrivare a casa sano e salvo.In quel momento si accorse che la neve, pur continuando a cadere, era mista alla pioggia, e che la leggera foschia che offuscava le luci degli altri veicoli si stava rapidamente trasformando in nebbia.Restò fermo per una decina di minuti, il motore che girava al minimo ed il riscaldamento che, al contrario, andava al massimo, osservando l’ipnotico girare della sirena rossa dell’ambulanza e le due barelle che venivano caricate a bordo; poi, finalmente, l’ingorgo iniziò a sciogliersi e, lentamente, e con molta prudenza, lui riprese il suo viaggio nella notte verso Atene.
Era di nuovo rilassato e sentiva che l’auto tendeva a sbandare sempre con minore frequenza, ora che la pioggia si andava sostituendo alla neve e che le lastre di ghiaccio sulla strada erano meno spesse e numerose.Tornò a pensare con molta soddisfazione a tutte le avventure femminili che continuamente gli capitavano, e di cui lui, con tenacia, andava alla continua ricerca.Più donne lui aggiungeva alla sua già ricca collezione, più si rendeva conto di tutte le umiliazioni che il povero zio Leo, il diverso, “il frocio”, aveva dovuto sopportare, con certosina pazienza, durante l’arco della sua intera esistenza.Per contro, tutte le sue conquiste, tutte le sue scopate, tutte le donne con le quali era andato a letto, avevano fatto sì che il mondo sapesse che lui era “normale”: mai a nessuno poteva essere passato per la testa che lui potesse essere un omosessuale come lo zio Leo.Rabbrividì al solo pensiero di tale ed orribile eventualità.Passare per un “frocio”, quando lui era esattamente l’opposto, sarebbe stato terribile.Anche se…
Cercava sempre di non pensarci, di rimuovere quel ricordo, di cancellare dalla sua mente gli eventi verificatisi due anni prima.Ma più si sforzava di farlo, più cercava disperatamente di eliminare quei fatti, più le immagini di Venia e Sebastianos tornavano a tormentarlo: ed erano come fotografie, e così nitide ed implacabili, da gettarlo nel dubbio e nella disperazione.Il guaio era che, sebbene lui ripetesse di continuo a se stesso che non era assolutamente vero, nel suo “io” più profondo e nascosto era consapevole che l’essere andato a letto con Venia e Sebastianos, la coppia di trentacinquenni che lo aveva abbordato in spiaggia, gli era piaciuto, e nemmeno poco per dirla tutta.Il terrore di diventare come lo zio Leo in quei giorni lo aveva assalito, ma, anche se con estrema difficoltà, era riuscito a convincersi di non essere un vero “frocio”.Nel modo più assoluto.Perché a lui piacevano le donne.Da impazzire.E quella volta, il ritrovarsi a fare del sesso anche con un uomo, aveva rappresentato la classica eccezione che confermava la regola, e come tale doveva essere considerata unica ed irripetibile.
Si agitò dietro al volante, seccato che anche quella sera il ricordo fosse giunto puntuale a tormentarlo.Sapeva ormai che, per escluderlo di nuovo dai suoi pensieri, doveva ripercorrere con la mente, e per l’ennesima volta, i fatti accaduti durante quella vacanza.Solo dopo si sarebbe sentito meglio.Avrebbe rapidamente riconquistato la sua tranquillità.Almeno per un pò di tempo.Era un’amara medicina che andava ingerita, tutta d’un fiato e senza indugi, se voleva tornare a convincersi che l’omosessualità era un qualcosa che non gli apparteneva.Strinse con forza il volante, dette un filo di gas in più, quasi che l’aumentata velocità dell’auto servisse a rendere più rapido il ripercorrere nella sua testa quello sgradevole episodio, ed i fotogrammi del film di quei folli giorni presero a scorrergli implacabili sullo schermo della mente.
Quell’estate si era concesso una settimana di ferie.E questo era stato un vero e proprio evento.Lui, da sempre, odiava le vacanze.Odiava dover stare senza far nulla: per sentirsi vivo ed in forma, attivo e pieno d’energie, aveva bisogno dei ritmi frenetici che solo il lavoro riusciva a dargli: impegni, riunioni, pranzi di lavoro, viaggi, estenuanti nottate in ufficio, tra fiumi di caffè e fumo di sigarette.Quella era la vita che a lui piaceva, e le ferie si trasformavano sempre in periodi in cui lo divorava l’attesa d’iniziare nuovamente a lavorare, di viaggiare, di comunicare con altre persone, indaffarate e stressate esattamente come lui.Ma, quella volta, era giunto al punto di avere avuto realmente bisogno di staccare la spina, anche se per pochi giorni; ed era per questa ragione che si era deciso a prenotare una stanza in quell’hotel di Paros.Un pò di sole, qualche bagno in mare, passeggiate lungo la spiaggia e lunghe dormite: questo era il suo programma, utile a ricaricare le batterie, per poi tornare ad Atene ed al suo lavoro pieno di rinnovate energie.
Ma, dopo solo due giorni dal suo arrivo a Paros, lui si sentiva già profondamente annoiato per quella forzata inattività: la vita di spiaggia gli diventava, ogni ora che trascorreva, sempre più insopportabile e monotona.In ogni caso, rassegnato ad aspettare che la settimana passasse, aveva iniziato a guardarsi attorno, alla ricerca di qualche compagnia femminile: una donna sarebbe stata l’ideale per ingannare piacevolmente il troppo tempo che aveva a disposizione.Di donne, ovviamente, ce n’erano molte, ed alcune veramente attraenti, ma quella che più l’aveva intrigato era stata Venia, la sua vicina d’ombrellone.Il problema era stato, però, che la donna non era libera: accanto a lei vi era sempre il marito, Sebastianos.
Lui, nascosto dietro gli occhiali da sole, aveva scrutato a lungo quella signora così affascinante, studiando con interesse le splendide e sensuali forme del suo corpo, e desiderando, con sempre maggiore intensità, di riuscire ad avere un’avventura con quella donna così eccezionalmente bella.Era un puro esercizio di stile, ovviamente, perché la presenza costante del marito inibiva sul nascere una qualunque sua iniziativa rivolta ad abbordarla.Si sentiva però certo che, se una donna così incantevole lui l’avesse incontrata in altre circostanze, se lei fosse stata da sola, libera, senza il marito tra i piedi, allora lui non avrebbe perso un solo istante per riuscire ad averla, nella convinzione più assoluta che lei avrebbe rapidamente ceduto alle sue lusinghe.Fu a causa di questi motivi che, anche se a malincuore, concentrò la sua attenzione su altre prede, donne e ragazze che sembravano essere più facilmente disponibili ad accompagnarsi ad un uomo piacente come lui.Ma, come poi molto spesso succede, quello che all’inizio ci appare impossibile che possa accadere, improvvisamente diventa realtà.
Nevicava sempre di meno, ma pioveva con sempre maggior intensità.Due enormi autotreni viaggiavano lentissimi davanti a lui: quando vide che la carreggiata in senso contrario era libera, scalò la marcia e mise la freccia, iniziando la manovra di sorpasso.L’auto scattò in avanti ed il potente motore della BMW gli permise di rientrare nella sua corsia di marcia in pochi secondi.L’uomo diminuì nuovamente la velocità e tornò a pensare a quelle strane vacanze a Paros, a quell’episodio che, per vergogna ed imbarazzo, continuava a tenere nascosto a chiunque, e che molto volentieri, se solo ne fosse stato capace, avrebbe tenuto nascosto anche a se stesso.
- E’anche lei di Atene ? -Lui, in quel momento, stava leggendo un giornale (anche se, in realtà, sbirciava di soppiatto verso il bagnasciuga, dove una ragazza sui venticinque anni, abbronzantissima e con un due pezzi estremamente ridotto e che evidenziava le sue forme esplosive, era sdraiata languidamente sull’asciugamano a prendere il sole).Quasi trasalì per la sorpresa alla domanda che giungeva dall’ombrellone accanto al suo.Si voltò e, ancora una volta, si rammaricò che la donna che tanto lo attraeva avesse accanto a sé il marito, precludendogli la possibilità di una conquista di cui lui sarebbe andato molto fiero.Venia era castana, i capelli lunghi e lisci, e i colpi di sole, che evidentemente si era fatta applicare di recente dal parrucchiere, l’avevano resa quasi bionda; gli occhi verdi erano grandi e profondi, il viso delicato e straordinariamente piacente.Ma quello che più l’aveva intrigato era stato il corpo di quella bellissima trentacinquenne: slanciato, ma pieno e formoso, con un seno che letteralmente straripava dal bikini rosso che quel giorno indossava.Gambe perfette e tornite, natiche cesellate, pelle senza la più piccola imperfezione, Venia, questo scoprì essere il suo nome una volta che si furono presentati, era di un fascino tanto aggressivo e sfacciato quanto dirompente ed esplosivo.- Sì, anche io vengo da Atene. -Quel semplice e formale scambio di battute fu l’inizio di tutto quello che poi sarebbe irrimediabilmente accaduto.
Lei gli presentò il marito, Sebastianos, un uomo alto e scuro di carnagione, forse di qualche anno più grande della moglie (e quindi anche di lui, che all’epoca di anni ne aveva trentaquattro), in perfetta forma fisica e decisamente piacente.Chiacchierarono tutti e tre, a lungo, di questo e di quello, entrando sempre più in confidenza, a tal punto da decidere di pranzare assieme in uno dei ristoranti dell’hotel.Venia e Sebastianos erano commercianti, e gestivano quattro negozi di abbigliamento, tre ad Atene ed uno a Larissa.Erano persone educate ed estremamente piacevoli, e lui passò l’intero pomeriggio di quel giorno in loro compagnia.Alla sera, di fatto, e anche un pò sorprendentemente, erano ormai diventati grandi amici.Fu così che lui si convinse che la compagnia della coppia gli avrebbe reso più gradevole il trascorrere di quel che restava della sua settimana di ferie.
Dopo quelle semplici e scontate battute iniziali, avevano iniziato a parlare di argomenti leggeri e per nulla impegnativi, quasi che Venia e Sebastianos cercassero anche loro qualcuno che li aiutasse a sconfiggere la noia di quella mattinata in spiaggia.Il loro vero obiettivo era però un altro: ma lui, sorprendentemente, si era reso conto delle loro reali intenzioni solo nel tardo pomeriggio del giorno successivo.
Era quasi calata la sera, quando lui aveva deciso di fare un ultimo bagno in mare: si era quindi tuffato in acqua, rabbrividendo per la notevole differenza di temperatura con l’aria della spiaggia.Aveva nuotato per qualche minuto, fino al momento in cui l’acqua non gli era sembrata più così fredda, ma tiepida e piacevole al contatto con la pelle.Stava riprendendo fiato, galleggiando cullato dalle onde, quando si era accorto che una persona nuotava nella sua direzione: era Venia, che ben presto lo aveva raggiunto con poche ed agili bracciate.- E’ meravigliosa l’acqua, stasera - gli aveva detto la donna, ancora più desiderabile ai suoi occhi con i capelli bagnati e gocciolanti.L’assenza di Sebastianos gli aveva fatto sentire l’acuto desiderio di provare un approccio più diretto con quella donna che tanto lo eccitava, anche se sapeva in partenza che si sarebbe rivelato un tentativo senza speranza alcuna: però, un suo atteggiamento galante, un complimento sincero alla bellezza della donna, avrebbe testimoniato, in modo inequivocabile, tutta la sua ammirazione per lei ed il suo fascino, e di questo suo modo di fare Venia ne sarebbe stata di certo lusingata.Ma lei, sorprendendolo, non gli aveva lasciato letteralmente il tempo di tradurre in parole quei suoi pensieri.
Venia gli era venuta ancora più vicina, tenendosi a galla con lenti movimenti delle gambe: lo aveva fissato con una luce maliziosa negli occhi e, passandogli il palmo delle mani sul petto, senza mostrare alcun imbarazzo per la situazione, gli aveva detto: - Sebastianos ed io avremmo piacere che tu venissi in camera nostra, questa notte… -Le dita delle mani di Venia avevano preso a pizzicargli dolcemente i capezzoli, mentre la donna continuava a sorridergli con sguardo complice; quel contatto con lei, in acqua, probabilmente sotto gli occhi del marito che, dalla riva, di certo li stava osservando, lo aveva eccitato immediatamente.Il suo pene si era subito inturgidito, stimolato dalla vicinanza della donna e dall’idea di quello che Venia gli andava proponendo.Sott’acqua, con le mani l’aveva afferrata per i fianchi e attirata a sè, facendole sentire fisicamente tutta la sua dura eccitazione sessuale.
- E Sebastianos ? A lui piace guardare o… - le aveva chiesto, le labbra della donna pericolosamente vicine alle sue, lasciando in sospeso la frase perché fosse lei a completarla, un immediato campanello d’allarme a risuonare fastidioso nella sua mente.Venia non aveva risposto alla sua domanda: era rimasta incollata a lui, la sua morbida pelle a promettergli il paradiso, ma dall’espressione del suo viso non era difficile intuire che il marito non sarebbe rimasto passivo, che non si sarebbe accontentato di guardare la moglie, a letto, fare sesso con un altro uomo.A posteriori, lui aveva dovuto riconoscere con se stesso che, a farlo decidere di accettare quel maledetto invito, erano stati gli affascinanti occhi di Venia, il contatto con la sua serica pelle, il piacere che le carezze della donna gli regalavano in quegli istanti ed il desiderio di averla, di possederla, di scoparla fino a farla impazzire.Di fatto, e cosa insolita per lui, era rimasto stregato da quella splendida creatura.Il rischio, se non la certezza, che Sebastianos non si accontentasse di guardarlo fare ginnastica tra le lenzuola assieme alla moglie, ma che intendesse avere con lui rapporti omosessuali, non fu sufficiente a fargli declinare la proposta di Venia.In futuro avrebbe avuto occasione di pentirsene, e anche amaramente, ma, in acqua con lei, in quel pomeriggio estivo che stava scivolando verso la sera, lui non ebbe un attimo d’esitazione ad accettare l’invito.- D’accordo… questa notte verrò da voi… -A quelle sue parole, la mano di Venia era scivolata subito in basso, lungo il suo petto, fino a stringersi a pugno, anche se solo per un istante, sul palo di carne che gli premeva impazzito nel costume.Quindi la donna si era staccata da lui e, nuotando lentamente come una splendida sirena, era ritornata verso la spiaggia, lasciandolo solo con i suoi pensieri e la sua insana voglia di lei.
Anche quella sera avevano cenato insieme, al medesimo tavolo, nel ristorante all’aperto che si trovava sulla spiaggia, e la coppia, tranquilla e rilassata, non aveva fatto il benché minimo cenno a quello che sarebbe dovuto accadere di lì a qualche ora.Venia era al massimo del suo splendore, in un corto e scollatissimo abito bianco, al limite della decenza, a coprirle sommariamente il corpo fantastico; ed anche Sebastianos faceva la sua indubbia figura, vestito sportivamente ma con una ricercata eleganza.Solo verso le undici, quando Sebastianos e Venia lo avevano lasciato per ritirarsi nella loro camera, lei, con un meraviglioso sorriso carico di erotiche promesse, gli aveva ricordato quello di cui avevano già parlato in acqua alcune ore prima, dicendogli, in un roco sussurro carico di lascivia, di raggiungerli in camera subito dopo la mezzanotte.Sebbene quella situazione che si andava creando fosse per lui del tutto inconsueta, non avendo mai, in vita sua, nemmeno lontanamente pensato di ritrovarsi in un letto anche con un altro uomo, il fascino e la sensualità di Venia lo avevano incantato, a tal punto da desiderare con tutto se stesso che il momento di salire nella loro camera giungesse al più presto.Reso nervoso ed agitato dall’impazienza, aveva approfittato di quell’ora di tempo che aveva a disposizione per farsi una doccia, rasarsi accuratamente e cambiarsi d’abito.
Il calore del riscaldamento rendeva l’abitacolo dell’auto gradevolmente tiepido ed accogliente.Si accorse che il traffico era diminuito ancora, anche se la pioggia continuava a battere insistente sul parabrezza.Della neve, ormai, restavano solo dei larghi e radi fiocchi bagnati, che si scioglievano non appena i tergicristalli li spazzavano via.Era giunto a quella parte del ricordo che più lo imbarazzava, non tanto per quello che era accaduto nella stanza d’albergo di Sebastianos e di Venia (nessuno ne sarebbe mai venuto a conoscenza, comunque), quanto per il fatto che quella notte di sesso e perdizione gli era piaciuta in modo incredibile, perchè i suoi sensi erano rimasti prigionieri di quell’atmosfera così torbida ed erotica che si era andata creando fra loro tre.E la presenza del marito di Venia, ed era quest’aspetto di quanto accaduto ad atterrirlo in modo particolare, aveva contribuito ad accrescere il suo piacere come mai avrebbe immaginato potesse succedere.Continuando a guidare nella notte, sprofondò, rassegnato, di nuovo nei suoi ricordi, consapevole di come quella fosse l’unica strada da percorrere per riconquistare un pò di tranquillità, nonostante la vergogna e l’imbarazzo che continuava a provare.
Gli aveva aperto la porta Venia.La donna indossava ancora il medesimo corto e scollatissimo abito bianco che aveva durante la cena, ma ora non portava, al di sotto, biancheria intima di nessun tipo; sandali aperti e con il tacco vertiginosamente alto, una collana di perle a cingerle il collo, anelli d’oro alle dita delle mani, una braccialetto sottile, d’argento, alla caviglia destra.I capelli, morbidi e lisci, le ricadevano sulle spalle; il trucco sapiente evidenziava la perfezione dei suoi lineamenti, ed uno smalto rosso fuoco le impreziosiva le unghie delle mani e dei piedi.Vederla e restare senza fiato era stata per lui un’unica cosa.La donna lo aveva fatto accomodare, chiudendo a chiave la porta della camera alle sue spalle.Era un piccolo appartamentino, in effetti, con un ingresso abbastanza spazioso, un’ampia camera da letto con balcone privato, ed un bagno con vasca idromassaggio che si apriva sulla destra, appena superata la porta d’ingresso.Le luci erano soffuse, tanto da avvolgere la stanza in una misteriosa penombra: leggere un libro, o un giornale, sarebbe stato praticamente impossibile.Venia lo aveva preceduto nella camera da letto, e lui ne aveva subito approfittato per guardare la donna da dietro, le sue lunghe gambe, eccitanti, nude ed abbronzate.Per quanto poteva vedere, al momento del marito non vi era traccia: aveva immaginato, però, che potesse trovarsi sul balcone della camera, perché la portafinestra doveva essere aperta, dal momento che le tende bianche, completamente accostate, si muovevano leggermente per la debole corrente d’aria.Lui, un maestro nel prendere l’iniziativa, quella volta era stato battuto sul tempo dalla donna: in piedi, accanto all’ampio letto matrimoniale, Venia gli era venuta vicina, gli aveva cinto il collo con le braccia e lo aveva baciato senza la minima esitazione: una scarica di puro desiderio animale gli era esplosa nelle vene, nell’esatto momento in cui la sua bocca entrava in contatto con quelle meravigliose labbra che gli si offrivano così invitanti e sensuali.E mentre lo baciava con passione, le mani della donna, impazienti ed esperte, avevano iniziato a spogliarlo velocemente.Se lui era fuori di sé per la voglia di averla, anche Venia era eccitata allo spasimo.La notte si annunciava torrida ed esaltante.
Quando anche il vestito di Venia era finito sul pavimento, ed entrambi furono completamente svestiti, lui si era riempito gli occhi di quella splendida nudità: aveva accarezzato con lo sguardo quel corpo straordinariamente invitante, i seni grandi e perfetti, il ventre piatto e tonico, il piercing sull’ombelico, le cosce di raso, le gambe tornite e affusolate, e così magicamente erotiche.Sempre più ansiosi, travolti da una frenesia sessuale attimo dopo attimo più incontenibile, lui e Venia erano crollati strettamente avvinghiati sul letto.La sua bocca era scivolata avida lungo il collo della donna, assaporando l’intenso ma delicato profumo con il quale lei si era cosparsa prima del suo arrivo: lui aveva sfiorato la spalla di Venia con le labbra socchiuse, e poi era sceso ancora più in giù, fino ad impossessarsi di un capezzolo, duro e sensibile per la febbre di sesso che divorava la moglie di Sebastianos.Aveva preso a titillarlo in punta di lingua, a stringerlo tra le labbra, a mordicchiarlo gentilmente con gli incisivi: la ragazza ansimava e sospirava, le mani affondate fra i capelli dell’uomo, quasi a voler dirigere i movimenti della testa di lui.Lui si sentiva il cazzo sussultare per il piacere al solo contatto con la calda pelle del corpo di Venia, la tensione erotica pervadergli quasi dolorosamente i testicoli: non avrebbe certo perso tempo, perché il suo desiderio era troppo intenso, ormai incontenibile.Stava per penetrarla, per porre fine a quell’attesa spasmodica che gli mozzava il respiro, quando Venia, gentilmente ma con fermezza, lo aveva fatto sdraiare sul letto, gli occhi puntati su quella magica erezione che lui aveva tra le gambe.Sorpreso, lui era rimasto a guardarla con il cuore in gola, mentre Sebastianos faceva il suo ingresso nella stanza, scostando le tende che velavano la portafinestra.
Il marito di Venia indossava una corta e leggera vestaglia blu, che fasciava aderente il suo corpo atletico e muscoloso.Lentamente, gli occhi fissi sul letto e sui loro corpi nudi, aveva allentato la cintura che la stringeva in vita, aveva aperto l’indumento e se l’era sfilato, mostrandosi anche lui completamente nudo.Lui aveva immediatamente capito che quello sarebbe stato il momento giusto per tirarsi indietro: non stava scritto da nessuna parte, se non nelle menti perverse di quella donna e del marito, che lui fosse obbligato ad accettare anche Sebastianos in quel letto.Sarebbe stato sufficiente che si alzasse, si rivestisse ed andasse via, lasciando la coppia ai loro giochi erotici, quelli che fossero, giochi ai quali, però, lui non avrebbe partecipato.Sarebbe stato molto semplice.E se così lui avesse fatto, se avesse dato retta alla ragione e non all’istinto, di sicuro non si sarebbe tormentato negli anni seguenti con tutti i dubbi e le paure che, invece, gli tenevano costantemente compagnia, giorno dopo giorno.Ma l’atmosfera di quella camera d’albergo si era fatta così rovente, così eroticamente incandescente, che lui si era lasciato andare, senza opporre la minima resistenza all’arrivo di Sebastianos, seguendo quella sua parte di irrazionalità di cui era rimasto prigioniero sin dal momento in cui Venia gli aveva proposto quell’incontro a tre.Anzi.Era dura ammetterlo, ma la bramosia per quella donna da sogno gli aveva offuscato a tal punto la mente che lui si sentiva ormai disposto a tutto, pur di averla e di scoparla fino allo sfinimento.Aveva superato da un pezzo il punto di non ritorno, e gli ultimi barlumi di ragione si erano andati sempre più affievolendo.
Nello stesso tempo in cui nella testa gli vorticavano impazziti tutti quei pensieri, Venia gli aveva appoggiato la mano sul cazzo, le sue delicate ed eleganti dita a percorrere lievi l’intera asta, mentre Sebastianos li raggiungeva sul letto: anche il suo pene, di notevoli dimensioni, era già in piena e completa erezione,A quel punto la donna, guardando il marito, sconvolta dal desiderio, aveva accostato le labbra alla cappella dell’uomo, baciandola dapprima sulla punta, quasi in un soffio delicato di labbra, per poi farsela scivolare meravigliosamente in bocca: Sebastianos era rimasto immobile, ad osservarla succhiare così abilmente il pene dell’altro uomo, accarezzandosi lentamente i testicoli.Lui, nel frattempo, aveva socchiuso gli occhi, godendosi le morbide carezze di quella bocca vorace, quasi completamente indifferente alla presenza del marito di Venia.Quella donna fantastica, e che così tanto lui aveva desiderato, lo stava portando in paradiso.
Venia aveva continuato a succhiargli il cazzo a lungo, mentre con una mano aveva preso a masturbare il marito che, in ginocchio sul letto, osservava la scena con crescente eccitazione.Poi tutto era accaduto all’improvviso.Sebastianos aveva allungato una mano, accarezzando la guancia della moglie, ancora persa in quel pompino da favola, per poi scivolare con le dita sui testicoli e sulla base del cazzo di lui.A quell’inatteso e repentino contatto, lui aveva avuto un sussulto di fastidio, ma l’esperta bocca di Venia lo aveva tenuto inchiodato al letto, aumentando il ritmo delle evoluzioni delle labbra e della lingua, mentre Sebastianos continuava ad accarezzarlo con sempre maggiore piacere.E lui lo aveva lasciato fare, ormai consapevole di non potersi sottrarre alla sensualità e alla lussuria di quella diabolica coppia.E, per dirla tutta (anche se questa parte gli era particolarmente difficile da ammettere perfino a se stesso), non avrebbe neanche voluto che Sebastianos ritraesse la sua mano: lui desiderava Venia con tutte le sue forze, voleva vivere quell’esaltazione sessuale, della quale era rimasto vittima sin da quando l’aveva conosciuta, fino in fondo e, giunti a quel punto, e cancellando in modo definitivo tutte le sue inibizioni, desiderava anche Sebastianos.La notte che avevano davanti sarebbe stata veramente molto lunga.
Era ormai prossimo all’eiaculazione, quando le labbra della donna lo abbandonarono: il suo cazzo, lucido della saliva di Venia, svettava congestionato e fremente nella penombra della stanza.La mano di Sebastianos, allora, si era fatta più ardita, iniziando a scorrere, abile ed esperta, su quel pene eccezionalmente eretto.Lui era rimasto immobile, sbalordito dal fatto che quel contatto con le dita di un altro uomo che lo stava iniziando a masturbare lo stesse eccitando in quel modo.Venia, in ginocchio accanto a loro, il respiro corto e ansimante, osservava la scena che riempiva i suoi occhi, carezzandosi con la destra il seno, mentre la sinistra era sparita tra le cosce socchiuse.Sebastianos non aveva resistito a lungo al richiamo di quel cazzo che stringeva nella mano: si era chinato con la testa, posando le labbra sulla cappella interamente scoperta, e, quindi, facendoselo scivolare nella bocca, aveva preso a succhiarlo e a leccarlo con passione e consumata maestria.Era più che evidente come Sebastianos ci sapesse fare, come conoscesse alla perfezione l’arte di far godere un altro uomo.In quell’istante il pensiero del povero zio Leo gli aveva attraversato rapido la mente, cancellato subito, però, dalle intense emozioni che la bocca di Sebastianos gli stava regalando.Non più padrone dei propri sensi, lui aveva avvertito l’orgasmo salire irrefrenabile.Venia, gli occhi puntati sulle labbra del marito, strette attorno a quel palo, gemeva e sospirava, due dita infilate completamente nella fica inondata di umori.E, nel momento in cui lui scoppiava nella bocca dell’uomo, schizzando tutto quello sperma che così a lungo aveva trattenuto, anche la donna aveva raggiunto l’orgasmo, il corpo sconvolto dall’esplosione dei suoi sensi impazziti…
Sdraiati tutti e tre sul letto, si erano accarezzati a lungo, senza alcuna fretta, in un silenzio carico di una rinnovata e forte tensione erotica.Dapprima erano stati i due uomini a dedicarsi al corpo di Venia, alla sua pelle fantastica e sensibile, facendola rabbrividire e sussultare al contatto delle loro mani: le avevano esplorato insieme, con le mani e con le dita, l’intero corpo, penetrandole il sesso e l’ano, e baciandole i seni e le cosce.Quindi le avevano leccato il ventre e le gambe, e le avevano sfilato i sandali con il tacco alto che ancora lei calzava, succhiandole meravigliosamente le dita dei piedi, una ad una, riempiendosi lo sguardo di quello smalto rosso fuoco che le colorava così sensualmente le unghie.E poi era stata Venia, splendida maestra del sesso, ad impugnare contemporaneamente i loro cazzi, restituendo a lui la vigoria dell’erezione, naturalmente affievolitasi dopo la prima eiaculazione, e masturbando Sebastianos, l’unico dei tre a non aver ancora goduto, fino a farlo venire e a riempirsi la mano del suo abbondante e caldo seme bianco.Lui, ormai perfettamente a proprio agio con la coppia, voleva finalmente prendere la donna, penetrarla e godere della sua bagnata e bollente intimità.Quando i suoi occhi e quelli di Venia si erano alla fine incontrati, lui aveva intuito che il momento che tanto desiderava stava ormai per arrivare.
La donna gli era salita sul ventre, con le gambe divaricate, guidando con la mano il pene di lui, fino a portarlo a contatto con il suo sesso, e impalandosi, subito dopo, sul membro reso rovente dal desiderio.Lui l’aveva afferrata per i fianchi, accompagnando il ritmo da lei imposto alla penetrazione, morbosamente affascinato dai grandi seni di Venia che sobbalzavano erotici davanti ai suoi occhi..Nel frattempo, Sebastianos si era accostato alla moglie, da dietro, baciandole il collo e sospingendola in giù, verso l’uomo che la stava scopando: quindi, con le mani, le aveva allargato le natiche, per poi iniziare ad accarezzare, con il cazzo eretto e dalla larga cappella violacea, l’ano già dischiuso di Venia.E mentre il loro ospite continuava a scopargli la moglie, Sebastianos aveva preso ad inculare Venia, introducendo, centimetro dopo centimetro, il suo cazzo nel culo della donna.
L’avevano scopata e inculata così, contemporaneamente, a lungo, tra le grida di piacere della donna che si sentiva riempita completamente da quelle erezioni, mentre i due cazzi andavano quasi a sfiorarsi, separati solamente dai brucianti tessuti interni di Venia.Erano venuti, di fatto, tutti e tre quasi insieme, i due uomini riempiendo Venia con i loro densi e bollenti liquidi, e lei godendo di un orgasmo favoloso, quasi impazzita dal piacere provocato da quei due pali che l’aprivano e la trafiggevano senza più alcuna delicatezza…
Mancavano ottantacinque chilometri al confine di stato, ormai, ed il peggio, da un punto di vista meteorologico, sembrava sicuramente passato.Lui trafficò per qualche secondo con l’autoradio, cercando una stazione che trasmettesse una musica più gradevole di quella che stava ascoltando.Quando, alla fine della ricerca, trovò una stazione di musica country, la sua mente tornò ad assentarsi, riprendendo subito a lavorare e a ricordare le ore di quella notte che più gli avevano creato problemi nei mesi successivi, quegli eventi che lui non riusciva proprio a metabolizzare, malgrado tutti i tentativi fatti per rimuoverli.Ma, in quel momento, non poteva, e non voleva, interrompere il flusso dei ricordi che sopraggiungevano come sempre impetuosi: doveva continuare a rammentare a se stesso gli accadimenti di quella straordinaria notte con Venia e Sebastianos.Era più forte di lui e, nonostante i suoi sforzi, gli era impossibile sottrarsi a quella necessità.Voleva disperatamente bere un caffè, anche perché il sonno iniziava a farsi sentire: ma doveva resistere almeno fino alla frontiera, perché prima non avrebbe trovato assolutamente nulla d’aperto nella notte.Bar, motel, stazioni di servizio.Su quella dannata strada bulgara sembrava proprio che la civiltà non fosse mai arrivata.
Dopo aver preso Venia in quel modo così eccitante, i due uomini erano letteralmente crollati sul letto, stanchi ed affannati.Lui aveva pensato di riposarsi un attimo, e quindi di lasciare la coppia subito dopo, facendo ritorno nella sua stanza, pago di tutto quello che già era accaduto: si era spinto troppo oltre, e capiva perfettamente che restare ancora in quella camera d’albergo lo avrebbe obbligato ad esplorare un terreno particolarmente infido e sul quale non aveva alcuna voglia di avventurarsi: d’altronde, si era già fatto fare un pompino da Sebastianos e, mentre giacevano sul letto, prima di scopare e inculare la donna, Venia gli aveva preso una mano, per poi appoggiarla sul cazzo del marito.Era la prima volta che si ritrovava a stringere fra le dita il pene di un altro uomo; aveva pensato di rifiutare, di non spingersi così oltre le sue convinzioni, ma Venia era stata ancora una volta diabolica perché, notata la sua indecisione, aveva posato la mano sulla sua, guidandolo nell’esplorazione del cazzo del marito.Insieme lo avevano masturbato, e, sarà stato per l’eccitazione dell’attesa di prenderla, sarà stato per l’incredibile situazione in cui si era venuto a trovare quella sera, fatto sta che il contatto con il cazzo dell’uomo, con la sua cappella calda e liscia, con la sua asta turgida e nervosa, tutto gli era piaciuto molto più di quanto potesse mai supporre.Ma ora che la libidine era stata placata, il momento di porre fine a quella pazzia era chiaramente giunto.Ancora una volta, però, Sebastianos e Venia si erano dimostrati molto più forti e determinati della sua traballante volontà, trascinandolo a partecipare a quell’ultimo gioco erotico che avevano in serbo per quella memorabile nottata in quell’albergo di Paros.
Mentre lui stava per mormorare qualche parola di commiato e, quindi, per alzarsi dal letto, si era accorto che la donna aveva preso ad accarezzare la schiena e le natiche del marito, totalmente rilassato, a pancia in sotto, sul letto.Le mani di Venia, dalle lunghe unghie rosso fuoco, scorrevano esperte sulla pelle di Sebastianos, e le dita s’insinuavano sempre più frequentemente tra le natiche dell’uomo, stuzzicandogli maliziosamente l’ano.Malgrado lui avesse deciso di andar via, gli era stato impossibile non restare nuovamente affascinato dall’erotismo estremo di quella coppia a dir poco disinibita: aveva seguito per parecchi minuti i movimenti delle mani di Venia, e l’erezione che di nuovo lo tormentava gli aveva confermato quanto fosse di suo gradimento quello che i suoi occhi gli stavano mostrando.Sebastianos, visibilmente eccitato dalle attenzioni della moglie, si era messo in ginocchio, e la lingua di Venia aveva sostituito le dita, iniziando a leccargli l’ano, inumidendolo con la saliva e penetrandolo lievemente con la punta.In passato, gli era capitato più volte di leccare il culo di qualche sua occasionale amante, trovando l’esperienza semplicemente meravigliosa; ma mai era successo il contrario, che una delle sue donne si dilettasse in quell’opera con l’intenzione di penetrarlo, con le dita della mano o con un qualunque strumento.Quello che Venia stava facendo al marito era per lui estremamente sorprendente, ma altrettanto erotico e sensuale.
Quando il culo di Sebastianos si mostrò rilassato a sufficienza, la moglie vi aveva inserito l’indice, spingendolo sino in fondo, e facendo ansimare l’uomo per il piacere.Stimolato dallo spettacolo che i suoi due compagni di letto offrivano al suo sguardo eccitato, lui stava per iniziare a masturbarsi, incapace di arginare l’intensa ondata di libidine che gli si era propagata in tutto il corpo, quando Venia aveva preso dal cassetto del comodino un profilattico, ne aveva aperto rapidamente la confezione e, con un gesto veloce e consumato, glielo aveva srotolato sul cazzo, fino in fondo, l’elastico dell’anello a serrargli la base del pene: quindi lo aveva preso per mano, costringendolo a sollevarsi dal letto, e, con voce rotta dall’emozione, gli aveva detto: - Dai… presto… non ci fare attendere ancora… inculalo… prenditi anche Sebastianos… -
Non più padrone delle sue azioni, sconvolto da quello che aveva visto e dalle parole della donna, lui si era inginocchiato dietro Sebastianos, il cazzo puntato verso il culo esposto dell’uomo: la mano di Venia gli aveva subito afferrato il pene, guidandolo e aiutandolo in quella penetrazione anale.E, a quel punto, lui aveva definitivamente rotto gli indugi: preso l’uomo per i fianchi, lui aveva iniziato ad incularlo, a montarlo con veemenza, strappandogli grida di dolore e di piacere, mentre la moglie, sdraiatasi sul letto a gambe divaricate, aveva incominciato a masturbarsi freneticamente, godendo in continuazione e senza alcun ritegno, stravolta da quel rapporto omosessuale che si svolgeva davanti ai suoi occhi febbrili…
Aveva nuovamente cambiato stazione radio, e la voce di Elton John risuonava gradevole nell’abitacolo dell’auto.Ora che la neve si era definitivamente tramutata in pioggia, e che le lastre di ghiaccio sull’asfalto erano in pratica sparite, lui aumentò notevolmente l’andatura, iniziando a sorpassare con più frequenza gli autoarticolati più lenti, sentendosi di nuovo totalmente padrone dell’auto.Aveva sempre più fretta di arrivare alla frontiera e di trovare un bar aperto per prendersi quel benedetto caffè che da ore sognava.
Alla fine, anche se con una certa fatica, era venuto ancora una volta, inculando Sebastianos, e schizzando quel suo terzo orgasmo della serata nel preservativo che gli avvolgeva il cazzo.Venia appariva stralunata e sconvolta anche lei, gli occhi ora chiusi, due dita della mano destra ancora infilate a fondo nella fica oscenamente aperta.Lui aveva approfittato di quel momento per alzarsi dal letto, le gambe ancora tremanti mentre si rivestiva, e abbandonare Sebastianos e Venia su quel letto, al dolce languore del sesso appena consumato.
Dopo quella notte di assoluta follia, i rapporti con la coppia erano diventati per lui francamente imbarazzanti: Sebastianos e Venia gli avevano chiesto più di una volta di tornare da loro, ma lui, in crisi con se stesso e con la sua virilità, era riuscito a declinare sempre i loro inviti (anche se con molto dispiacere, perché, volente o nolente, quello che era accaduto in quella notte indimenticabile a lui era piaciuto da morire) tanto che, l’ultima sera della sua permanenza a Paros, vide i due, seduti al bar dell’hotel, chiacchierare amabilmente con una ragazza bionda, certamente straniera: con ogni probabilità, se non con certezza, quella notte sarebbe stata lei lo strumento dei giochi erotici di Sebastianos e Venia.E quando finalmente giunse la mattina dell’ultimo giorno di quella settimana di vacanza, lui fu più che contento di ripartire e di lasciarsi alle spalle quello che era accaduto nella camera da letto della coppia.Non li aveva più visti né cercati.Venia e Sebastianos dovevano restare per sempre due fantasmi, figure indistinte nel suo più intimo e nascosto passato.
Il cartello stradale, storto e scolorito, a stento leggibile, indicava che mancavano solo trenta chilometri al confine di stato: trenta chilometri e avrebbe lasciato con estremo piacere la Bulgaria, per rientrare, dopo i due giorni del congresso, in Grecia.Finalmente stava rientrando a casa.Si sentiva stanco e sempre più assonnato.Gli occhi, gonfi e pesanti, gli si chiudevano, e solo con un enorme sforzo di volontà lui riusciva ancora a tenerli aperti.Il ricordo di quella notte con Sebastianos e Venia, come al solito, lo aveva svuotato di ogni energia: per lui, ritornare con il pensiero a quel letto era, ogni volta, come immergersi nell’acqua con la testa e restare in apnea fino a che il cuore ed i polmoni non arrivavano al punto di scoppiare.Solo allora riusciva a riemergere, riempiendosi affannosamente i polmoni di tutto l’ossigeno che gli era mancato.Sapeva di non essere come lo zio Leo: lui non era un “frocio”, e i fatti di quella notte di due anni prima rappresentavano solo un’eccezione nella sua vita, una vita interamente dedicata alle donne, alla loro conquista finalizzata al sesso.Nei momenti di maggior depressione, però, lui non riusciva a non considerare quell’esperienza come un neo, come una macchia indelebile nella sua strepitosa carriera d’impenitente donnaiolo.Era pur vero che si era scopato la splendida Venia, in lungo ed in largo, ma era altrettanto vero che si era fatto succhiare il cazzo da un uomo, aveva preso in mano il suo pene e aveva goduto mettendoglielo nel culo davanti alla moglie.E tutto ciò gli era piaciuto infinitamente.Al diavolo.Era successo solo una volta, ed era ora di smetterla con tutte quelle menate.
Un chiarore, qualche centinaio di metri più avanti, indistinto nella pioggia e nella nebbia, attirò subito la sua attenzione.Dopo alcuni secondi, quando fu più vicino, lui vide l’insegna illuminata: un posto di ristoro, aperto a quell’ora, su quella maledetta strada, gli sembrava un vero e proprio miracolo, perchè ormai non ci sperava più, convinto di poter prendere quel famoso caffè solo sull’autostrada greca verso Atene.Attivò subito la freccia, segnalando il suo cambio di direzione:Dopo pochi istanti ancora, spegneva il motore della potente BMW davanti alle vetrine appannate dalla condensa di un modesto bar per camionisti.
Il caldo soffocante del locale gli tolse il respiro.Il bar era affollato da decine di camionisti, molti assiepati davanti al bancone, ed altri seduti attorno a tavolini di plastica verde, stracarichi di bottiglie di birra e di piatti sporchi: alcune cameriere si aggiravano indaffarate in tutta quella confusione.L’aria era pesante, greve di odori di cibo, di fumo e del tanfo inconfondibile del sudore mischiato all’umido degli indumenti: lui, disgustato, decise all’istante che avrebbe preso soltanto un caffè e sarebbe ripartito immediatamente, non avendo alcuna intenzione di trattenersi più a lungo in quel lurido posto.
Si fece largo a fatica nella calca, conquistandosi un posto al bancone.Ordinò il caffè ad un uomo sudato e scarmigliato che sembrava fosse dotato di quattro mani, tanto rapidamente serviva le consumazioni alla massa vociante che aveva davanti.Lui pagò la consumazione e si allontanò dal bancone, appoggiando la tazzina su un basso frigorifero vicino ad una delle vetrate.
Il bar, a quanto poteva vedere, non offriva ai clienti solamente bevande e cibo: davanti ad una porta chiusa, sul fondo del locale, stazionavano tre o quattro ragazze, sommariamente vestite e pesantemente truccate.Di tanto in tanto, qualcuno si avvicinava alle ragazze e, dopo un rapido scambio di battute, spariva oltre la porta con una di loro.Di certo, a quelle puttane, visto il numero degli avventori che gremivano quel posto, il lavoro non mancava.Per un attimo pensò di andare anche lui con una di loro: una moretta, fasciata in un succinto abito bianco e corto, con stivali neri sopra il ginocchio, gli piaceva in modo particolare e aveva subito attirato la sua attenzione.Avrebbe potuto chiedere il prezzo e, quindi, varcare anche lui la porta in fondo al bar: si sarebbe fatto fare magari un bel pompino, una pausa rilassante e gradita in quel lungo viaggio che sembrava non dovesse aver mai fine.
Scacciò rapidamente il pensiero perchè non voleva perdere altro tempo: e poi, ad Atene, la sera successiva, ci sarebbe stata Yvonne a farlo divertire.La piccola, dolce, sensuale e perversa Yvonne.
Lasciò la tazzina vuota sul frigorifero, si diresse verso i bagni e svuotò la vescica; poi, con un’ultima occhiata alla brunetta, uscì dal bar e risalì in auto.Ancora pochi chilometri e sarebbe rientrato in Grecia.
Di nuovo seduto comodamente in auto, lui aumentò di molto la velocità, anche se la pioggia continuava a cadere fitta e la nebbia riduceva ancor di più la visibilità.La rapida sosta ed il caffè preso al bar non lo avevano aiutato affatto a sconfiggere la sonnolenza: alzò il volume della musica e si ripromise, per l’ennesima volta, di restare concentrato sulla guida, malgrado fosse stufo marcio di quel viaggio infernale.
Ad un tratto, gettando una rapida occhiata al sedile accanto al suo, sentì tornare immediato il buonumore, perchè dentro la busta bianca che si trovava sul sedile, appoggiata sopra la sua ventiquattrore, c’erano due falli in lattice, esageratamente grandi, il primo verde intenso, l’altro rosa pallido.Erano il regalo che aveva comprato a Yvonne, pensò sorridendo e con un delizioso brivido d’eccitazione.Al solo pensiero della ragazza sentì l’erezione montare immediata e premergli nei pantaloni.I ricordi legati a Venia e Sebastianos ora erano finalmente lontani anni luce.
La ragazza, Yvonne, era francese, di Parigi per l’esattezza, e lavorava come segretaria all’ambasciata di Atene del suo paese.Erano già due anni che era stata trasferita in Grecia: Yvonne era una ragazza bella e disinibita, sfrontata e maliziosa, amabile e puttana come poche.Mai sazia di sesso, al limite dall’essere ninfomane, lui era perfettamente a conoscenza, perché lei non ne aveva fatto mai mistero, del fatto che andava a letto con chiunque le capitasse a tiro, senza alcuna distinzione di sesso, infilandosi sotto le lenzuola con compagni e compagne sempre diversi: all’ambasciata erano pochi gli uomini che non se l’erano scopata, ed anche varie lesbiche avevano approfittato di quella sua assoluta disponibilità sessuale.Ma la cosa, a lui, lo lasciava del tutto indifferente, non essendo assolutamente geloso di lei.Quello che a lui interessava solamente era che Yvonne andasse a letto anche con lui, e tutte le volte che lui ne sentiva la voglia ed il desiderio.Non cercava nient’altro in quel rapporto, come poi non cercava nient’altro in tutti i suoi rapporti con le donne: solo il sesso era al centro dei suoi pensieri, un’esigenza primaria, da soddisfare rapidamente e senza ulteriori e fastidiose complicazioni.
La francesina, di appena ventitrè anni, amava fare uso di falli artificiali per soddisfare le sue insaziabili voglie.Ne possedeva d’ogni tipo e dimensione, ed era più che felice di riservargli spettacoli incredibilmente erotici e frizzanti.Fra loro, con il passare del tempo, si era instaurato una sorta di preciso rituale: di solito, era il medesimo che si ripeteva ogni volta, praticamente immodificabile. Per la verità, era un modo di fare l’amore che Yvonne, in realtà, gli aveva imposto, ma che lui si era fatto imporre più che volentieri.I loro incontri si svolgevano, dunque, in questo modo.La ragazza lo faceva accomodare su una poltrona, o anche su una sedia, accanto al letto, completamente nudo.Quindi Yvonne andava a sdraiarsi, anche lei ovviamente nuda, sulle lenzuola e, con studiata lentezza, prendeva ad accarezzarsi le tette, a massaggiarsi il corpo, a far andare le mani su ogni centimetro della sua pelle, così perfetta ed ambrata come lui aveva raramente riscontrato in una donna.E la pelle non era di certo l’unica parte del corpo di Yvonne che lui apprezzava: viso, seno, gambe, sedere, tutto concorreva a fargliela apparire sensuale ed eccitante: ma era il suo modo di fare, così allegro e solare, che lo intrigava e lo legava a lei così intensamente.
Quando Yvonne si sentiva eccitata al punto giusto (e questo avveniva quando lui era eccitato già da un bel pezzo, ed il trattenersi iniziava ad essergli quasi impossibile), la ragazza francese iniziava a penetrarsi, tenendo le gambe incredibilmente divaricate, con un lungo fallo, sempre di un colore diverso (quello che lui preferiva, però, era quello nero, sicuramente non fra i più lunghi, ma di una notevole circonferenza); e lui doveva restare a guardarla, non staccarle mai gli occhi di dosso, accarezzandosi il pene, ma evitando di masturbarsi, e senza assolutamente godere.Era quella, per lui, una tortura veramente deliziosa, alla quale si sottoponeva però con estrema arrendevolezza, ricompensato dal fatto che, dopo un tempo che spesso gli sembrava interminabile, e durante il quale la ragazza si scopava senza sosta con il finto cazzo, Yvonne lo supplicava di penetrarla anche da dietro, di aprirle il culo in due con un secondo grosso fallo.A quel punto, lui la faceva attendere sempre per qualche minuto, quasi a volersi prendere una rivincita per quell’intollerabile tensione erotica a cui Yvonne lo stava sottoponendo, fino al momento in cui il desiderio di lei si faceva ancora più violento: allora lui si accostava al letto, le umettava lungamente l’ano con la saliva, la penetrava con le dita per prepararla, e quindi la inculava con il secondo fallo che la ragazza aveva scelto in precedenza.E così, presa davanti e dietro, Yvonne raggiungeva orgasmi travolgenti, godendo in ogni fibra del suo corpo, urlando frasi oscene ed irripetibili, e quasi dimenticando la presenza dell’uomo.
Insomma, dopo tutto questo giocare con i falli, e come si può ben immaginare, lui era sconvolto dal desiderio, con i testicoli pieni e dolenti per essersi trattenuto così a lungo.Seguendo fedelmente quel rituale che avevano instaurato, lui si andava a rimettere nuovamente seduto, sulla poltrona o sulla sedia, e Yvonne, inginocchiandosi eccitatissima tra le sue gambe, afferrava con la mano il cazzo congestionato, scappellandolo fino in fondo, esponendo così la larga e sensibilissima cappella, per poi scivolare nuovamente con la mano verso la punta, in una dolce e suadente sega.Era un lentissimo supplizio che lo avvicinava passo dopo passo al piacere, così stoicamente a lungo represso.Quando Yvonne sentiva che lui stava per venire, avvicinava il viso all’asta dura e svettante, passava sapientemente la lingua sulla cappella e, aumentando il ritmo con la mano, si faceva schizzare del suo sperma le labbra, le guance, gli occhi…E lui, finalmente, raggiungeva il tanto sospirato orgasmo.
Solo più tardi Yvonne gli si concedeva.Si sdraiava con uno sguardo perverso sul letto e, a gambe nuovamente divaricate, la fica ancora inondata dagli umori degli orgasmi precedenti, lo invitava a penetrarla.E lui non la faceva mai attendere troppo, desiderandola intensamente.Appena il tempo di riprendersi dalla prima eiaculazione, e si accostava alla ragazza con il cazzo di nuovo duro ed eccitato, e la scopava violentemente, la inculava fino allo sfinimento, donandole orgasmi continui ed impetuosi.
Una delle ultime volte in cui si erano incontrati, dopo aver fatto per l’ennesima volta l’amore, Yvonne gli aveva proposto di avere un rapporto a tre, ospitando nel loro letto anche una ragazza che aveva conosciuto (e con la quale aveva già fatto sesso) solamente una decina di giorni prima.Lui aveva ovviamente accettato, e con un sorriso si era chiesto se fosse proprio la sera successiva quella in cui avrebbe avuto Yvonne e la nuova amica a sua completa disposizione…
Il camion viaggiava lento ed ansimante nella notte.L’autista, stanco per il lungo viaggio, contava mentalmente i chilometri che mancavano per arrivare a Sofia.Guidava da ore ed ore, senza interruzione, il pesante autoarticolato carico di pesce surgelato, destinato a due ditte della capitale bulgara.Gli occhi che pericolosamente gli si chiudevano per la stanchezza, l’uomo non vedeva l’ora di arrivare a destinazione, scaricare la merce ed andarsene a casa; e poi, quella dannata pioggia che scendeva torrenziale e sembrava non finire mai, e che rendeva la guida ancor più faticosa e difficile.Aveva sentito alla radio che, più avanti, avrebbe incontrato anche la neve: dalle voci gracidanti dei colleghi, voci che provenivano dal baracchino sotto il cruscotto, aveva capito che si trattava di una vera e propria bufera.Imprecò per la millesima volta contro la sua cattiva sorte.Sbadigliò, quindi, quasi fino a slogarsi la mascella, continuando a maledire in cuor suo il lavoro che faceva ormai da trent’anni, e che, inesorabile, gli stava risucchiando la vita.
Ah… Yvonne… domani le avrebbe subito telefonato… aveva proprio voglia di vederla… l’avrebbe fatta felice con il suo regalo… di certo lei gli avrebbe mostrato subito quale uso ne sapesse fare… e poi, se ci fosse stata anche quell’amica… lo spettacolo avrebbe rischiato d’essere superbo…
Fu in pratica a metà di una larga curva che si apriva sulla sinistra che l’autista del camion vide i fari dell’auto che stava venendogli incontro nella pioggia e nella nebbia.Proveniva chiaramente in senso contrario, e stava lentamente abbandonando la giusta corsia di marcia, invadendo ogni istante di più quella del traffico che sopraggiungeva in senso opposto.E correva.Correva troppo velocemente.Il camionista ebbe solo una frazione di secondo per sperare che il guidatore della vettura si accorgesse del suo autotreno, e che rientrasse con rapidità nella sua corsia di marcia, riprendendo la giusta traiettoria.
Sì… ne era più che certo… la ragazza francese avrebbe gradito moltissimo il suo regalo, e gli avrebbe offerto uno dei suoi fantastici spettacoli… la vedeva già, nuda, eccitata, bella e sensuale… la sognava fremente di desiderio, disinibita e scatenata come solo lei poteva esserlo… e alla fine l’avrebbe scopata, ad ennesima dimostrazione che lui non era assolutamente “frocio”…
Il camionista iniziò a frenare convulsamente, attaccandosi disperato al potente clacson, urlando e bestemmiando in modo concitato, conscio che tutto sarebbe risultato ormai inefficace, perché le ruote del gigantesco automezzo non riuscivano a far presa sull’asfalto viscido e bagnato.E, infatti, fu tutto inutile.La potente auto, senza nemmeno accennare ad una frenata dell’ultimo momento, si andò a schiantare rovinosamente contro il muso dell’enorme TIR, in un orribile fracasso di lamiere contorte e di vetri che esplodevano.E poi, per alcuni lunghissimi secondi, fu il silenzio a divenire assordante.
- La solita jella… bastava che non si addormentasse per altri otto chilometri… e poi il tutto sarebbe stato di competenza dei greci… e noi ce ne saremmo stati al caldo da qualche parte… -- Già. Però anche dall’altra parte hanno i loro problemi… ho sentito che, subito dopo il confine, c’è stato un tamponamento a catena… con una decina di feriti… -- Uhm… maledetto questo tempo di merda… -I due agenti della polizia stradale bulgara osservavano depressi ed infreddoliti i vigili del fuoco intenti a tagliare le lamiere della potente BMW con la fiamma ossidrica.Il corpo della vittima era rimasto incastrato nell’abitacolo dell’auto, ridotta ad un ammasso di ferraglia contorta.Altri agenti, in mezzo alla strada, stavano cercando di regolare il traffico che continuava a scorrere, lento ma incessante.Tutta la scena era illuminata dai lampeggianti azzurri delle auto della polizia e da quelli rossi del camion dei pompieri; anche una potente fotoelettrica era puntata sui resti della BMW.L’autista del camion, intontito, era seduto in una delle auto della polizia, con un caffè tra le mani: beveva a piccoli sorsi, lo sguardo fisso nel vuoto, le guance rigate dalle lacrime, incapace di capire perché quel povero diavolo si fosse andato a schiantare proprio contro il suo camion.Nella notte piovosa, le scintille della fiamma ossidrica sembravano luminarie di una festa di paese, una sagra povera e dimenticata da tutti.Un’ambulanza, a luci spente, attendeva a lato della strada.L’autista, il medico e gli infermieri stavano fumando le loro sigarette, in silenzio, battendo i piedi per riscaldarsi: avrebbero dovuto solamente portare un corpo all’obitorio, senza ormai alcuna fretta.Non c’erano più vite da salvare quella notte.
Ad un certo momento, i due agenti della stradale, sempre più bagnati ed intirizziti, videro avvicinarsi uno dei pompieri.- Ehi, ragazzi… guardate un pò cos’ho trovato… -Tra gli spessi guanti che gli proteggevano le mani teneva i due falli di gomma che avrebbero dovuto essere il regalo per Yvonne.- Dove diavolo stavano ? – chiese, incuriosito, uno dei due agenti.- Nell’auto di quel poveraccio. Voi che dite ? Sarà stato un frocio, magari, eh ? - rispose il vigile del fuoco, ridacchiando divertito.
A quella battutaccia, i due poliziotti si guardarono, perplessi ed incerti.Che cazzo !Ci vuole rispetto per i morti.Deferenza e rispetto per tutti.Froci o meno che fossero.Non si scherza davanti alla morte.Con la scusa di andare ad aiutare i colleghi che dirigevano il traffico, i due agenti si allontanarono dal pompiere, che, ammutolitosi, si continuava a rigirare ancora tra le mani i due falli di gomma che Yvonne non avrebbe mai ricevuto in regalo.
Smise di piovere soltanto quando la carcassa dell’auto venne rimossa dal carro attrezzi.E, quasi contemporaneamente, anche la nebbia si dissolse, spazzata via da un improvviso vento che annunciava finalmente un miglioramento del tempo.