*****ROXY E' TORNATA!

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Con grande eccitazione Roxy vi comunica che riparte l'aggiornamento costante del suo blog.Dopo una lunga pausa vi invita tutti a seguire i suoi post dedicati al mondo del sesso e più intrigante erotismo.Buona Lettura

Adult Ego

sabato 25 aprile 2009

LA VETRATA


Aveva avuto inizio tutto come ogni volta.In questo non si erano mai verificati cambiamenti o variazioni.La procedura era immutabile.
Una volta al mese, di solito verso la metà, mi recavo all’ufficio postale che si trovava di fronte alla stazione Theselon di Atene, in Viale Ermu, l’ampio e trafficato viale che la costeggia sul lato orientale.Parcheggiavo quindi l’auto con estrema attenzione, inserivo le monete nel parchimetro (una semplice multa per divieto di sosta, che mi fosse stata appioppata da un vigile eccessivamente zelante, si sarebbe potuta rivelare un rischio troppo grave da correre) e, come una qualunque altra persona, entravo con noncuranza e disinvoltura nell’enorme ufficio postale, uno tra i più grandi e affollati della capitale greca.Una volta all’interno, con la piccola chiave in mano, mi dirigevo verso la casella numero 754 del fermoposta, facevo scattare la serratura, e quindi controllavo se, nel piccolo vano metallico, si trovasse della corrispondenza che mi fosse stata inviata.Il più delle volte la casella postale risultava vuota, ma quando invece vi trovavo una busta, questo voleva significare che per me iniziava il lavoro.
E quella mattina, per mia fortuna, la busta c’era.Il mio periodo di inattività era durato troppo a lungo.Afferrai il piccolo plico, me lo feci scivolare in tasca, richiusi con cura lo sportello e, cercando di non dare nell’occhio, me ne andai rapidamente dall’ufficio postale.Risalii quindi in macchina, accesi l’autoradio e, in compagnia della musica pop di una stazione internazionale, aprii la busta.Questa conteneva, come d’abitudine, una chiave ed un foglio.Spiegai quest’ultimo e lessi le poche parole che vi erano scritte con il computer: Banca Nazionale di Grecia, agenzia 16 di Atene, Viale Akadimias, cassetta di sicurezza n°301.Gettai il foglio di carta e la chiave sul sedile accanto al mio, misi in moto e lentamente mi staccai dal marciapiede.
Il funzionario di banca girò la sua chiave, io ruotai la mia e sfilai la cassetta di sicurezza dal suo alloggiamento; mentre l’uomo si allontanava per evidenti ragioni di privacy, portai la cassetta sul tavolo che era lì vicino e l’aprii.Estrassi la spessa busta marrone che conteneva le istruzioni ed i soldi per il lavoro che avrei dovuto eseguire, e contai attentamente le mazzette di banconote, accuratamente impilate.Erano cinquantamila dollari, la cifra che mi era versata come acconto sul mio compenso.Altri cinquantamila dollari li avrei trovati, e con le stesse modalità, a lavoro ultimato.In questo genere di attività nessuno si sognava di barare: io portavo a termine con scrupolo e professionalità il mio lavoro, e loro mi pagavano puntualmente e senza storie.Non c’erano mai stati problemi e non si erano verificati mai intoppi.Tutto, sempre, filava via liscio come l’olio.
Aprii la valigetta vuota che avevo portato con me, vi trasferii i soldi e la busta marrone, chiusi la cassetta e richiamai il funzionario.Insieme la rimettemmo al suo posto.Salutai l’uomo educatamente ed uscii dalla banca.Mi sentivo bene ed in perfetta forma.Ora, dopo due mesi d’inattività, avevo finalmente un nuovo contratto.
A casa, con il televisore acceso su uno dei canali che trasmettevano notizie ventiquattrore su ventiquattro, aprii la busta marrone che avevo trovato nella cassetta di sicurezza e iniziai a studiare chi dovevo uccidere questa volta.
Essere un killer di professione aveva degli indubbi vantaggi.Uno di questi era che lavoravi da solo, senza dover affidare a terzi compiti che, se non eseguiti alla perfezione, ti potevano condurre verso il disastro.Se sbagliavi in qualcosa era colpa solamente tua.E solo con te stesso te la potevi andare a prendere.Per me, carattere solitario per natura, era un lavoro perfetto, e che mi permetteva di guadagnare grosse cifre con una fatica, in definitiva, molto limitata.I rischi erano enormi, è evidente.Ma non si può pretendere tutto dalla vita.I fogli che tenevo in mano, e che mi dicevano chi avrei dovuto questa volta tenere nel centro del mirino e rispedire al Creatore, erano, come al solito, stringati ed esaurienti.
Tassos Mavridis, un ricco finanziere di dubbia fama, politicamente scomodo e con le mani in pasta in quasi tutto ciò che c’era d’illegale ad Atene a quei tempi, ampiamente compromesso anche nel giro della droga e della mafia russa: sarebbe stato lui il mio prossimo bersaglio.Aveva evidentemente pestato una merda più grossa di lui, ed ora gli schizzi gli sarebbero arrivati fino alle orecchie.Era un uomo molto conosciuto, spesso sulle prime pagine dei giornali, ma studiai ugualmente la foto che era contenuta nella busta: una cinquantina d’anni ben portati, alto e discretamente robusto, capelli brizzolati, aveva un’indiscussa fama da play-boy negli ambienti della vita notturna di Atene.Nella busta non c’erano altre istruzioni, solo un foglietto con il tempo massimo per la sua esecuzione: trenta giorni.Non erano pochi, ma non erano nemmeno tanti.Dovevo subito darmi da fare, e senza perdere tempo.Si potevano verificare imprevisti o contrattempi, e bisognava sempre prevedere tutto.Meticolosamente.
Il giorno successivo mi misi in azione, secondo un copione ampiamente collaudato.Com’era mia abitudine, non lasciavo mai nulla al caso, ed i giorni che precedevano l’esecuzione vera e propria divenivano convulsi e frenetici.Indagini, appostamenti, pedinamenti.Tutto era finalizzato alla perfetta riuscita del mio lavoro.Sono sempre stato scrupoloso ed efficiente.Ed orgoglioso di esserlo.Insomma, e senza tirarla tanto per le lunghe, alla fine delle mie fatiche, anche quella volta il piano per arrivare ad uccidere il mio bersaglio fu pronto sin nei minimi dettagli.Il momento di passare all’azione era finalmente arrivato.
Era dunque per questa ragione, per il solo fatto che ero un professionista della morte, che ora mi ritrovavo lì, nascosto e appostato su quella scogliera, alta ed impervia.Di fronte a me, al di là di una piccola baia, sorgeva la villa nella quale Tassos Mavridis avrebbe trovato la morte..Nelle indagini che avevo svolto durante le tre settimane precedenti, avevo scoperto che il mio bersaglio passava tutti i venerdì notte in quella casa, con la sua amante venticinquenne, una ragazza russa di nome Irina.Non che avesse solo questa di amante il buon Tassos, figuriamoci: i soldi ed il potere gli davano la possibilità di pescare a piene mani fra le donne che vivevano in quel mondo, dove il lusso e la bellezza erano caratteristiche fondamentali ed imprescindibili.Attricette, accompagnatrici, prostitute d’alto bordo.A Tassos Mavridis era sufficiente schioccare le dita per averle tutte ai suoi piedi.Fra le tante, però, Irina, la ragazza russa, era di gran lunga la sua favorita.E sarebbe stata proprio lei l’ultima persona che avrebbe visto Tassos Mavridis vivo.
La casa era abbarbicata alla parete rocciosa della scogliera di fronte a quella dove io pazientemente attendevo.Alla bassa villa a due piani si arrivava per una sterrata che scendeva dalla sovrastante strada litoranea che, serpeggiando lungo la costa in un’infinita serie di curve, conduceva fino a Salonicco.La stretta baia su cui la villa si affacciava era veramente di dimensioni ridottissime: una piccola spiaggia di non più di settanta metri di lunghezza per venti di profondità.La mia posizione, che avevo scelto con molta cura, era ottimale: nascosto tra le rocce, e per di più al buio vista l’ora della sera, avevo di fronte a me, a non più di ottanta metri, l’ampia vetrata del salone della casa, che si apriva su un largo terrazzo sorretto da piloni in cemento.La sommità della scogliera era ad una ventina di metri sopra la mia testa, e vedevo la piccola spiaggia sottostante una cinquantina di metri più in basso.
Con tutte le luci accese, il salone della villa mi appariva come il grande schermo panoramico di un cinema, sul quale la figura slanciata della ragazza russa si muoveva agilmente avanti e indietro.Devo ammettere che Tassos Mavridis aveva un gusto eccellente in fatto di donne: Irina era alta, bionda e con tutte le curve al posto giusto.Si muoveva con grazia ed eleganza nell’ampio salotto, preparandosi un drink e armeggiando intorno allo stereo.La visuale era perfetta e mi sarebbe stato impossibile mancare il bersaglio.Il tiro sarebbe stato di una facilità disarmante.

Accostai di nuovo il binocolo agli occhi e Irina mi sembrò a non più di due o tre metri: ora si era seduta sul divano, intenta a passarsi uno smalto rosso sulle unghie dei piedi.La ragazza indossava una minigonna bianca ed una maglietta scollata gialla, e lo spettacolo delle sue gambe, snelle, abbronzate e tornite, mi aiutava a passare il tempo in modo estremamente piacevole.Imbracciai il fucile, un Vaime MK2, un vero e proprio gioiello, e guardando nel mirino telescopico Bushnell controllai ancora una volta che la visuale fosse perfetta, e che nessun problema ostacolasse il compito che dovevo portare a termine.Irina era lì, vicinissima e bellissima.Se avessi premuto il grilletto, la ragazza non si sarebbe nemmeno accorta di morire.Come non se ne sarebbe accorto Tassos.
Era passata un’altra ora, quando le luci di due auto illuminarono finalmente la sterrata, scendendo dalla litoranea velocemente verso la casa.L’auto di Tassos Mavridis era seguita da quella della sua scorta personale, alcuni gorilla raccattati nei più luridi bassifondi del Pireo.Mentre la BMW di Tassos Mavridis spariva dietro l’edificio, l’altra auto fece manovra, per poi risalire lungo la sterrata: il lavoro delle guardie del corpo di Mavridis per quella sera era terminato.Dopo un paio di minuti che la BMW era scomparsa dietro la villa, vidi Irina alzarsi dal divano posto di fronte alla vetrata, e dirigersi ancheggiando verso il retro del salone; riapparve poco dopo, in compagnia di un uomo con indosso un impeccabile vestito blu.Tassos Mavridis era arrivato puntuale al suo appuntamento con la morte.Il reticolo del mirino era già centrato sulla fronte dell’uomo che stava chiacchierando con la ragazza, in piedi davanti al divano.Il momento e la prospettiva erano ideali.Era inutile e rischioso attendere oltre.Calcolai la direzione del vento e l’eventuale incidenza dello stesso sul colpo, aumentai lievemente la pressione sul grilletto, espirai piano il fiato, svuotando completamente i polmoni, e… e proprio in quell’istante Tassos si spostò, dandomi la schiena.Avrei potuto sparare ugualmente, colpirlo alla nuca ed ucciderlo in un baleno, ma avevo sempre colpito il bersaglio in piena fronte, e anche quella volta non avrei fatto eccezioni: ne facevo un punto di orgoglio personale portare a termine gli incarichi nel modo più preciso e professionale che potessi.E poi, in certi ambienti, se inizia a girare la voce che magari non hai più la mano ferma come un tempo, i contratti si volatilizzano molto rapidamente: di persone come me che uccidono a pagamento ce ne sono molte di più di quanto non si possa immaginare.Sembra incredibile a dirsi, ma esiste una sorta di concorrenza anche fra noi cecchini.
Tornando a riempirmi i polmoni dell’aria salmastra che soffiava dal mare, vidi il mio bersaglio uscire dal salone e, dopo pochi secondi, la luce di una delle camere del piano superiore si accese.Contrariato, appoggiai il fucile accanto a me, e ripresi in mano il binocolo.Irina era rimasta di sotto e trafficava davanti al mobile-bar.La temperatura si andava abbassando notevolmente e l’umidità del mare mi penetrava in modo fastidioso nelle ossa; iniziai a sentire il desiderio di fumare, ma sapevo di non poterlo fare, perchè anche il rosso della brace di una sigaretta poteva tradirmi e rivelare la mia posizione.Attesi pazientemente che mi si ripresentasse il momento opportuno per sparare.
Dopo una ventina di minuti, Tassos Mavridis rientrò nel salone.Si era evidentemente fatto una doccia, ed ora indossava un largo accappatoio azzurro stretto in vita dalla cintura.Si accomodò sul divano e la ragazza, subito premurosa, gli porse un bicchiere pieno di un qualche liquore.Provai un’acuta fitta di desiderio per quel drink, per tutti i drinks a cui avevo rinunciato negli anni se volevo mantenere le mie mani ferme e letali.Ripresi l’arma, la puntai, ed il mirino tornò sulla fronte dell’uomo.Volevo farla finita rapidamente.Volevo tornarmene a casa.Ma, ancora una volta, la fortuna, d’improvviso, mi girò le spalle: ora il mirino inquadrava la schiena della ragazza che si era messa in piedi davanti all’uomo.Imprecai tra i denti, sperando che lei si spostasse al più presto.Invece vidi Irina sfilarsi lentamente la maglietta gialla e mostrarsi a Tassos; poi si voltò verso la vetrata, mostrando anche a me il suo seno perfetto, sodo e voluminoso, dai grandi capezzoli rosa.Girata inconsapevolmente verso di me, la osservai sfilarsi, con gesti sensuali ed accattivanti, la minigonna, fino a liberarsene, facendola scivolare eroticamente lungo le gambe slanciate.Ora Irina era nuda, a parte un minuscolo perizoma nero che la rendeva ancora più bella ed eccitante.Lentamente la donna tornò a girarsi verso l’uomo, e le forme del suo strepitoso fondoschiena riempirono il mio mirino.Era veramente una ragazza straordinariamente affascinante.Tassos Mavridis si concedeva solo il meglio dalla vita.La ragazza si sedette accanto a lui e con la mano destra prese a slacciargli la cintura dell’accappatoio.
Era la situazione perfetta per agire.In quel momento avrei potuto colpire l’uomo con estrema facilità, essendo lui immobile e completamente esposto al mio tiro; ma, con mia grande sorpresa, e contrariamente alle mie ferree e consolidate abitudini, mi ritrovai ad indugiare ancora, attratto dalla torbida atmosfera che si andava creando su quel maledetto divano.Non mi era mai capitato di colpire un bersaglio mentre stava per iniziare a fare l’amore.
Irina prese ad accarezzare sensualmente il petto dell’uomo, poi fece scivolare la mano, dalle lunghe unghie smaltate di rosso, verso il basso: gli afferrò il cazzo, stringendolo nel suo pugno e scappellandolo completamente.Iniziò quindi a masturbarlo lentamente, portandolo in breve tempo ad avere una completa erezione.Tassos era comodamente abbandonato e si godeva le carezze di Irina che, con un movimento improvviso, si chinò e gli prese il cazzo in bocca.Vedevo nel mirino telescopico la testa della ragazza andare in su ed in giù, l’asta scivolare dentro e fuori le sue labbra, la lingua leccare maliziosa i testicoli, la bocca succhiare avidamente la cappella.Era un pompino di un erotismo eccelso e in pochi attimi mi ritrovai eccitato come se quella bocca fosse all’opera su di me.Ebbi il pensiero fugace di sparare in quel momento, di ucciderlo mentre lei lo stava succhiando; ma il pensiero passò rapido come era venuto, e mi apprestai a vivere fino in fondo quella strana ed insolita esperienza da guardone.Avrei trovato lo stesso l’attimo adatto per sparare, ma prima volevo godermi il più a lungo possibile lo spettacolo di quella fantastica ragazza.
Il mio bersaglio aveva ancora in mano il suo drink e fissava la sua amante con sguardo beffardo, gli occhi del padrone sulla sua schiava, sulla sua puttana, quasi fosse insensibile al piacere che lei gli stava certamente regalando.Poi Irina si rialzò, gli tolse di mano il bicchiere e, sfilandosi il minuscolo perizoma, gli salì sulle gambe, impalandosi sul cazzo eretto, ed iniziando a scoparlo.Si, perchè dal mio lontano punto d’osservazione, avevo la netta sensazione che fosse lei a scoparlo.Vedevo la schiena della ragazza, liscia e tesa, con i capelli biondi che si muovevano al ritmo del movimento che lei imprimeva all’amplesso; vedevo, quando lei si sollevava, la base del cazzo di Tassos apparire tra le sue natiche.Immaginavo i gemiti, i mugolii, i sospiri di Irina.Reali o simulati che fossero.Stavo assistendo ad uno straordinario film muto, un’eccitante sequenza di immagini erotiche, in cui la bellezza di Irina era il colore e la forma, la fotografia della sensualità nella sua massima espressione.
Evidentemente “sua signoria”, dopo un tempo decisamente lungo, si degnò di venire, perchè lei si sollevò con eleganza dal suo cazzo, per mettersi seduta per terra, sul morbido ed enorme tappeto persiano che ricopriva il pavimento.Eccitato da quello che i miei occhi avevano visto, mi riscossi, e tornai con la mente al motivo che mi aveva condotto su quella ripida scogliera.Quello sarebbe stato l’ennesimo momento perfetto per sparare.Lui, ancora seduto, si era acceso una sigaretta e fumava assorto in chissà quali pensieri; lei era quasi distesa sul tappeto, fuori dalla traiettoria del mio proiettile.In un secondo tutto sarebbe finito.Ma ancora una volta indugiai, mettendo come scusa a me stesso che, visto lo stato di eccitazione in cui mi ero venuto a ritrovare, la mia mano potesse non essere così ferma, e che potessi mancare il colpo, con tutto quello che ne sarebbe conseguito.Staccai l’occhio dal mirino e presi a respirare con regolarità, cercando di svuotare la mente da quello che avevo visto, concentrandomi esclusivamente sul mio obiettivo.Quando ripresi l’arma e accostai di nuovo l’occhio al mirino, la situazione nel salone non era cambiata di molto, a parte il fatto che Irina, ora completamente sdraiata ai piedi dell’uomo, teneva tra le mani, e carezzava con le dita, un fallo di gomma, grosso, lungo, nero o blu scuro.
Il mio cuore dette un colpo e seppi per certo che ancora una volta avrei ritardato il momento dell’esecuzione.Irina si era messa il fallo tra i seni, e lo faceva scivolare con gesti sensuali, in modo che la punta arrivasse con regolarità alle sue labbra e la sua lingua, guizzando, potesse leccarla.Quindi, con gesto naturale e carico di desiderio animale, se lo mise in bocca, iniziando a succhiarlo, mentre con la mano libera si accarezzava tra le gambe ora spalancate.Tassos guardava, sempre con il suo sorriso beffardo stampato sul volto, il cazzo moscio tra le gambe; non si eccitava nemmeno a quello spettacolo, lo stronzo.Quando l’eccitazione della ragazza ebbe una visibile impennata, Irina si portò il lungo fallo scuro sulla sua fica, ve lo appoggiò indugiando per qualche secondo, e poi lo spinse dentro con un unico movimento.La ragazza iniziò a dimenarsi sul tappeto, non so se fingendo per compiacere il suo padrone o se effettivamente eccitata e vogliosa di raggiungere l’orgasmo.Fosse quello che fosse, a me faceva impazzire di desiderio.Si penetrò per lunghi minuti, sempre più veloce, sempre più a fondo, fino al momento in cui s’inarcò e godette.
Mentre la ragazza giaceva abbandonata sul tappeto, ancora sconvolta dall’orgasmo, l’uomo si alzò dal divano, andò al cassetto di un lungo e basso mobile lì vicino, e prese un qualcosa che non mi riusciva di capire cosa fosse.Anche Irina ora si era alzata e lo guardava.Lui le disse qualche parola; la ragazza annuì, si girò e, appoggiandosi con le mani al tavolo, protese le sue splendide natiche in fuori, offrendole al suo amante.Tassos le si avvicinò, ora con il cazzo duro e teso, stringendo in mano un lungo frustino di cuoio.Il padrone voleva frustare la sua schiava, percuotere la sua personale puttana.Voleva segnare con i colpi la morbida pelle della ragazza.Era evidentemente quello il suo obiettivo, sin da quando era arrivato alla villa: usare la violenza per eccitarsi, e ribadire in quel modo il suo dominio totale su Irina.Mi riscossi da quello strano torpore che mi aveva assalito; ne avevo viste tante e tante ne avevo fatte, ma la frusta sulle delicate carni di una donna ancora mi mancava.Improvvisamente sentii la mano ferma, la vista più acuta del solito, la rabbia salirmi in petto.
Nel mio lavoro non c’era mai nulla di personale.Le mie vittime erano solo un bersaglio: non le odiavo, mai, e non avevo nessuna ragione per avercela con loro.Le uccidevo, è vero, ma sempre con distacco e, credo, anche con rispetto.Non era mio compito giudicarle: ero l’esecutore di una sentenza pronunciata da un qualche oscuro tribunale, il killer che la notificava e poi eseguiva la condanna.La mia pallottola era la parola “fine” ad un film che non avevo mai visto.Ma questa volta era diverso.Quell’uomo, ora che aveva la frusta in mano, lo volevo veramente uccidere.
Tassos Mavridis aveva alzato la frusta e stava per dare inizio al suo spettacolo.Irina attendeva i colpi, come tante altre volte aveva sicuramente già fatto in passato.Buttai fuori l’aria dai polmoni, il mio dito si serrò sul grilletto imprimendo una pressione maggiore, il mirino centrato sulla testa dello stronzo.Irina aspettava la prima frustata sulle natiche.Sapeva che il dolore, quello vero, sarebbe venuto più tardi, quando i colpi si sarebbero aggiunti ai colpi.L’uomo, rosso in volto, di certo ansimava e sbuffava, eccitato dalla violenza imminente; procurarle dolore, sentirla gridare, vederla piangere per le frustate e l’umiliazione, erano le sole cose che lo facevano godere veramente.Irina chiuse gli occhi e aspettò, rassegnata a quel suo ruolo di vittima.Il braccio si sollevò e la frusta mi apparve in tutta la sua lunga oscenità.Nel mirino, il volto di Tassos era una maschera di bramosia e di perversione, e nei suoi occhi leggevo con chiarezza la ferocia e la malvagità che lo animavano.La mente azzerata di ogni sensazione, tirai delicatamente il grilletto…
Il rumore dello schiocco della frusta le sembrò forse diverso, e Irina si meravigliò di non sentirsi colpita.Si voltò sorpresa e vide Tassos, con un buco nel centro della fronte, la nuca spappolata, sangue e cervello schizzati via e andati a macchiare il divano sul quale poco prima erano stati seduti, piegarsi lentamente sulle ginocchia.L’uomo cadde a terra, sul morbido tappeto, con la frusta ancora stretta saldamente nel pugno.
L’autostrada scorreva sotto i miei fari.Guidavo con attenzione e rispettando con scrupolo il limite di velocità, per evitare multe e controlli, decisamente inopportuni in quel momento.Avevo incrociato, poco prima, due auto della polizia che correvano in senso inverso, a sirene spiegate.Irina aveva dato l’allarme.Desideravo solo arrivare a casa, bere un caffè e mettermi sotto la doccia, per togliermi la tensione dai muscoli e l’umidità dalle ossa.Il mio contratto era stato onorato, ma questa volta non tutto era ancora concluso.
Il parcheggio del grande ipermercato sulla circonvallazione esterna di Atene era affollato.Auto e furgoni andavano e venivano senza un attimo di tregua.Ero fermo, in doppia fila, ad una trentina di metri dall’utilitaria bianca che avevo spesso pedinato negli ultimi venti giorni.Attendevo, perfettamente rilassato, con gli occhi fissi sull’uscita del grande magazzino.Poi finalmente la vidi.Vidi i suoi morbidi capelli biondi, la sua figura slanciata e le lunghe gambe fasciate dai jeans.Irina, spingendo il carrello con alcune buste dentro, si avvicinò alla sua auto, posizionò il carrello vicino al portellone posteriore e si voltò per aprirlo.Inserii la marcia e la mia Mercedes schizzò in avanti, colpendo il carrello della ragazza, rovesciandolo e disseminando sull’asfalto barattoli e scatole, buste e pacchetti.Bloccai l’auto pochi metri oltre quel disastro e scesi.Irina si era voltata e guardava quel caos, visibilmente spaventata per l’accaduto.Mi avvicinai a lei e, profondendomi in scuse, l’aiutai a rimettere insieme la sua spesa; le caricai in macchina tutte le buste e le richiusi il portellone.Poi le dissi, guardando i suoi immensi occhi azzurri: - Sono veramente mortificato. Le posso offrire qualcosa da bere? E’ il minimo che possa fare per farmi perdonare. -
Irina mi guardò con attenzione.In pochi istanti esaminò con occhio esperto l’abito blu che indossavo, gettò un’occhiata alla mia Mercedes, valutò il Rolex d’oro che avevo al polso e poi, aprendosi in un sorriso, rispose: - Perchè no. Un caffè e proprio quelloche mi ci vuole dopo questo spavento. E poi lei mi ispira fiducia. -Mi tese la mano.- Piacere, mi chiamo Irina. -Stringendole la mano e presentandomi con il nome di copertura che abitualmente usavo, pensai a tutto quello che sapevo di lei.E a tutto quello che le avevo visto fare in quel salotto.Alla sua sensualità e alla sua carica erotica, delle quali ero rimasto affascinato a tal punto da desiderare di averla tutta per me.E il primo passo era stato fatto.Gli altri sarebbero stati ancora più semplici.
La presi sottobraccio ed insieme ci avviammo alla ricerca di un bar.

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