*****ROXY E' TORNATA!

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Con grande eccitazione Roxy vi comunica che riparte l'aggiornamento costante del suo blog.Dopo una lunga pausa vi invita tutti a seguire i suoi post dedicati al mondo del sesso e più intrigante erotismo.Buona Lettura

Adult Ego

martedì 14 luglio 2009

VIAGGIO TRA I RICORDI

Era partito da Sofia da nemmeno un’ora e già si era pentito amaramente della decisione presa.

Erano passate ormai le undici di sera da un pezzo, e la neve continuava a cadere incessante, in una cortina assolutamente impenetrabile, asciutta e fitta, imbiancando tutto quello su cui, lieve come una piuma, si andava a depositare.

Lui aveva trascorso in Bulgaria due giorni soltanto, il tempo strettamente necessario a partecipare ad un noiosissimo congresso, in rappresentanza della società informatica per la quale lavorava ormai da molti anni.
E in quei due giorni il tempo era stato sempre orribile, gelido e piovoso, ma la neve aveva preso a cadere solo nel primo pomeriggio di quel secondo giorno in cui lui doveva partire per tornare a casa.
La nevicata, con il passare delle ore, si era andata trasformando in una vera e propria bufera, e la capitale bulgara, malgrado fosse abituata ad inverni lunghi e rigidi, era andata completamente in tilt.

Alcune ore prima che si mettesse in viaggio, nel grande albergo dove si era svolto il congresso, era stato offerto il ricco buffet conclusivo della manifestazione, al termine del quale lui era salito subito in macchina per rientrare ad Atene; avrebbe dovuto viaggiare tutta la notte per coprire i novecento e passa chilometri che separavano le due capitali, ma non poteva fare altrimenti, dovendo inderogabilmente presentare al direttore generale, per il pomeriggio successivo, una relazione, anche se forzatamente approssimativa, sui lavori e sulle novità che erano emerse in quei due giorni del convegno.

La strada che da Sofia porta al confine con la Grecia, dalle autorità bulgare è pomposamente chiamata superstrada, ma in realtà si tratta di una schifosissima strada a due sole corsie, tutta curve e saliscendi, e dall’asfalto in pessime condizioni, percorsa incessantemente da migliaia di autotreni rombanti e ammorbata dai loro pestilenziali e velenosi scarichi.
Una volta che fosse giunto al confine di stato, ben trecentocinquanta chilometri più avanti dal punto in cui si trovava in quel momento, l’uomo avrebbe finalmente imboccato l’autostrada per Atene e, con ogni probabilità, anche il tempo sarebbe decisamente migliorato: forse avrebbe potuto ancora piovere, probabilmente anche molto, ma di certo la neve e la terribile bufera sarebbero scomparse.
O così, almeno, lui si augurava, confortato anche dai bollettini meteorologici che aveva ansiosamente ascoltato nell’ultima mezzora.
Era concentrato al massimo nella guida perché, di tanto in tanto, sentiva la BMW pattinare pericolosamente su qualche tratto di strada ghiacciato più del consentito.
Ridusse ulteriormente la velocità, già molto bassa viste le pessime condizioni atmosferiche, e, con il sottofondo della musica trasmessa dall’autoradio, si rassegnò, sospirando annoiato, al difficile viaggio e alla notte infernale che chiaramente l’attendevano.

La neve ora cadeva fittissima, come mai gli era capitato di vedere in passato, riducendo la visibilità a solamente poche decine di metri.
I fari dell’auto illuminavano un muro bianco, compatto, quasi impenetrabile.
Si sentiva gli occhi gonfi e pesanti, e un senso generale di spossatezza gli avvolgeva subdolo le membra, sgradevoli conseguenze della precedente notte di baldoria, notte passata quasi interamente senza dormire.
Ma ne era valsa la pena, e nella maniera più assoluta, di non chiudere praticamente occhio.
Questo era assolutamente indiscutibile.

Tra i membri della delegazione di un’importante e molto conosciuta società tedesca, si trovava una ragazza (la segretaria personale di uno dei massimi dirigenti di quella società, per la precisione) che lo aveva subito colpito e affascinato, non appena gli era capitato di mettere gli occhi su di lei.
Forse non eccessivamente alta, ma molto ben proporzionata, bionda come solo le nordiche sanno esserlo, sensuale ed erotica nelle movenze quasi feline, dalla voce calda e provocante, la ragazza lo aveva da subito intrigato, accendendo immediatamente in lui il desiderio della conquista.

Superò con estrema attenzione un camion turco che era praticamente fermo nella bufera: strizzò gli occhi nella speranza vana di vedere un pò più lontano, ma la situazione atmosferica di quella dannata notte si andava facendo, minuto dopo minuto, sempre più difficile.
Il tempo sembrava peggiorare ogni istante di più.
Ormai, comunque, se ne era fatta una ragione.
La sua mente ritornò subito, però, a Kristine, la splendida ragazza tedesca con la quale, grazie alle sue collaudate capacità di conquista, era riuscito a passare la notte precedente.

Se l’era lavorata per tutta la seconda giornata di quel maledetto congresso, cercando sempre l’occasione per incontrarla e facendole una corte discreta e signorile, anche se decisamente serrata ed asfissiante: e così era riuscito, infine, ad invitarla a pranzo da sola, entrando ben presto in gran confidenza con lei.
Bisognava ammettere che, con il passare degli anni, lui era stato capace di affinare tecniche di conquista femminile molto sottili; non se ne vantava mai con nessuno, per carità, ma molto raramente le donne che si metteva in testa di conquistare riuscivano a sfuggirgli.
E lui era molto orgoglioso di questo.
C’era da considerare anche il fatto, naturalmente, che lui era un gran bell’uomo: a qualche anno dalla quarantina, alto e ben piantato, dal fisico prestante, sempre elegantemente vestito e dai modi estremamente cortesi e gentili.
Le donne per le quali lui provava attrazione, e che venivano soggiogate senza scampo dal suo fascino e dalla sua educazione, quasi sempre finivano nel suo letto, ad allungare la già ricchissima collezione dei suoi successi galanti.

Quella delle donne, l’essere sempre pronto a cedere alle lusinghe del gentil sesso, era per lui una vera e propria malattia.
In verità, sin da ragazzo si era sentito attratto dall’altro sesso in modo notevolmente superiore ai suoi coetanei.
Lui si era chiesto spesso il perchè, aveva cercato di comprendere le ragioni più profonde di questa incontrollabile frenesia sessuale, di questa voglia di sesso che sentiva sempre pressante, ed era giunto alla conclusione che, forse, il tutto non fosse altro che una inconscia reazione a quanto aveva visto accadere, giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno, nella sua stessa famiglia.

Il fratello di suo padre, lo zio Leo, era dichiaratamente omosessuale: viveva questa sua natura in maniera assolutamente discreta, ma in famiglia, come del resto era inevitabile, l’argomento si poneva sempre all’ordine del giorno.
Gli capitava spesso di ascoltare i commenti e, a volte, le battute, anche se bonarie, dei suoi genitori e degli altri zii, dei parenti e dei vicini di casa, riguardanti il povero zio Leo, che, tra parentesi, era anche il suo zio preferito: d’animo buono e sensibile, sempre disponibile, adorava indistintamente tutti i suoi nipoti, quasi fossero quei figli che dalla vita lui non aveva avuto.
Ed anche se le battute erano dette, di solito, senza cattiveria o malizia, il vedere come il mondo considerasse un omosessuale, come la “diversità” fosse bollata e sbeffeggiata, lo aveva portato ad eccedere in senso opposto, a circondarsi di donne, quasi a voler allontanare da chiunque il solo sospetto che lui potesse essere un “frocio”.

Era stata quella la vera e più profonda paura della sua vita: ingenerare negli altri, anche inavvertitamente, il pensiero che lui potesse avere tendenze omosessuali (cosa che, peraltro, era lontanissima dalla sua natura assolutamente eterosessuale).
E allora la continua ricerca di nuove conquiste femminili si era rivelata essere il miglior antidoto contro tutti i suoi timori.
La conseguenza di tutto ciò era stata anche che, di fatto, lui non si era mai legato veramente con nessuna ragazza: le donne gli erano servite solamente per dimostrare al mondo intero che lui era un uomo normale, e quindi ci giocava, le usava, e se le portava a letto per il suo esclusivo ed egoistico piacere sessuale.
E, per sillogismo, poiché le scopava, tutti sapevano per certo che lui era un vero e proprio dongiovanni, e a nessuno poteva mai sorgere il dubbio che potesse essere un “frocio”.
Ed era soltanto in questo modo che tutte le sue paure riuscivano a dileguarsi in via definitiva.

Frenò lentamente perché la strada davanti a lui era bloccata.
Forse la neve.
O, forse, più probabilmente, un incidente.
Dopo alcuni minuti di sosta, con estrema lentezza, la fila di auto e camion riprese a muoversi, e dopo un altro centinaio di metri, vide due TIR fermi al lato della strada che montavano le catene alle ruote.
Anche alcune auto si erano fermate per lo stesso motivo, mentre altri veicoli, dotati di gomme da neve, proseguivano il difficoltoso viaggio nella notte tempestosa.
In effetti si sarebbe dovuto fermare anche lui, mettere le catene, e solo allora ripartire.
Ma l’idea di scendere dalla macchina, così calda ed accogliente, gli apparve insopportabile: decise di provare ad andare avanti in quel modo, guidando con prudenza, ancora per un pò, nella tenue speranza che il tempo all’improvviso migliorasse.

Con il pensiero tornò alla ragazza tedesca della sera precedente.
Dopo il pranzo con Kristine, durante il quale aveva dato fondo a tutte le sue riserve di fascino e galanteria, al bar dell’albergo, insieme con altri congressisti, lui e la ragazza avevano scherzato e bevuto molto; tra una chiacchiera e l’altra, una battuta e un’allusione, un complimento ed uno sguardo esplicito, era riuscito finalmente a farsi dare il numero della sua camera, e a strappare alla ragazza un tacito appuntamento notturno.
E così, attorno alla mezzanotte, era andato a bussarle con discrezione alla porta.
Quasi subito, come se lei lo attendesse con impazienza, Kristine aveva socchiuso il battente e lui era velocemente sgusciato all’interno della stanza.
La ragazza era appena uscita dalla doccia ed aveva ancora i capelli bagnati: si era avvolta in un largo telo da bagno che la fasciava, in maniera erotica e sensuale, dal seno alle ginocchia.
Quel riceverlo in camera così abbigliata, in pratica seminuda, era stato un chiaro segnale, se ancora ce ne fosse stato bisogno, di quali fossero le sue reali intenzioni, di come anche lei desiderasse andare a letto con lui.
Senza nemmeno dirsi una parola, lui l’aveva subito attirata a sé, e, mentre le due bocche si congiungevano in modo frenetico, quasi con brutalità, esplorandosi ed assaporandosi con le lingue guizzanti, lui delicatamente le aveva fatto scivolare in basso il telo da bagno, scoprendo finalmente lo splendido ed eccitante corpo di Kristine.

La ragazza era già chiaramente su di giri, eccitata al massimo da quell’incontro clandestino, (più tardi, molto più tardi, abbracciata a lui sul letto, dopo le lunghe ore di sesso consumato, lei gli aveva confessato di come, sotto la doccia, non sapendo se poi lui sarebbe arrivato o meno, si fosse a lungo masturbata, sognando quello che poi sarebbe tra loro effettivamente accaduto), a tal punto che le sue mani avevano preso a spogliarlo con una frenesia a stento repressa.
In piedi, uno di fronte all’altra, lei gli aveva sbottonato rapidamente la camicia, passando le dita affusolate e dalle lunghe unghie laccate di rosso sui pettorali scolpiti dell’uomo, strizzando delicatamente i capezzoli e disegnando le linee degli addominali, e quindi gli aveva allentato la cintura dei pantaloni che, scivolando lungo le gambe, si erano andati ad arrotolare attorno alle caviglie.
La mano di Kristine, sempre più impaziente, si era infilata rapida negli slip, impugnando subito e stringendo spasmodicamente il duro e rigonfio membro di lui.
E lui l’aveva lasciata fare, godendosi quei momenti, quasi immobile, per vedere fino a dove lei, preda di un’eccitazione sempre più incontenibile, si sarebbe spinta.
Giudicava Kristine sufficientemente spregiudicata e libera da qualunque freno inibitore in campo sessuale, a tal punto da stupirlo sicuramente con le sue iniziative.

E quella notte, infatti, lui non era rimasto di certo deluso dall’abilità erotica dell’intraprendente ragazza tedesca.

Kristine lo aveva masturbato a lungo, con sempre minor delicatezza, quasi dolorosamente, scappellandolo con colpi violenti e prolungati, ritraendogli la pelle fino all’estremo limite, e proiettandolo in quella zona di confine, sempre inesplorata e misteriosa, situata tra il piacere ed il dolore.
Ad un certo momento, quasi in trance, la ragazza era caduta in ginocchio, guardando affascinata il sesso pulsante dell’uomo per alcuni interminabili secondi, accostando timidamente poi le labbra alla sua cappella, ed ingoiandogli il pene, infine, quasi per la sua intera lunghezza.
Ogni tentativo, da parte di lui, di prolungare quei momenti di pura estasi era stato vano: ben presto si era abbandonato completamente alla calda ed esperta bocca di Kristine, alle sue morbide e sensuali labbra e a quella lingua infernale che lo faceva rabbrividire in continuazione d’intenso piacere.
La ragazza si era rivelata di un’abilità straordinaria: con le labbra lo aveva succhiato divinamente, e con la lingua aveva accarezzato l’intera asta, dalla cappella ai testicoli, con lente passate che gli avevano strappato gemiti e sospiri di assoluta beatitudine.
Quando non aveva potuto più resistere a quella fantastica tortura, lui era venuto, inondandole la bocca di un caldo e denso fiume di sperma.

Kristine, con le labbra eroticamente macchiate dal bianco del suo seme, aveva quindi alzato gli occhi verso l’uomo, quasi in un gesto di supplica.
E allora lui l’aveva sollevata da terra e, tenendola tra le braccia, l’aveva condotta verso il letto.
Kristine era talmente bagnata per l’eccitazione che i suoi umori avevano preso a colare lungo l’interno delle morbide cosce.
Sdraiata sulle lenzuola immacolate, bellissima nella sua nudità, con le gambe completamente divaricate, totalmente esposta al torbido e lascivo sguardo dell’uomo, la ragazza si stava offrendo impaziente alle sue attenzioni: e lui non l’aveva fatta attendere oltre, iniziando a leccarla avidamente, con sapienti colpi di lingua, e costringendola a gemiti ed ansiti di puro godimento che, ben presto, si erano trasformati in grida di vera estasi erotica.
Avvolgendo abilmente il clitoride della ragazza con la lingua, in un abbraccio sensuale e bollente, l’aveva condotta verso l’orgasmo: e, un attimo prima che Kristine godesse, lui aveva sollevato la bocca dal sesso della ragazza, si era sdraiato su quel corpo fremente, per poi penetrarla con un unico e deciso movimento, scopandola con sempre crescente vigore.
Erano venuti entrambi, accaldati e sconvolti da quella loro frenesia.

E più tardi, abbracciati sul letto, lui aveva ripreso ad accarezzarla, prima sui seni, poi sulle cosce, quindi sulla fica, nuovamente grondante degli umori dell’eccitazione: allora lui si era inumidito, in quel miele che le colava incessante tra le gambe, prima l’indice, e poi il medio della mano destra, e, spingendo all’inizio delicatamente, e quindi con sempre maggior impeto, li aveva inseriti ripetutamente nell’ano di lei, fino a condurla ad un ennesimo e irrefrenabile orgasmo.
Quella era stata soltanto la preparazione manuale alla penetrazione anale che ne era conseguita, quando lui aveva infilato per intero il suo cazzo nel culo incredibilmente accogliente di Kristine…
Era stata una notte straordinaria, in cui la ragazza tedesca gli aveva permesso di esplorare ogni più piccola parte del suo corpo, senza mai un attimo d’esitazione o di vergogna, offrendosi a lui in modo totale e sconvolgente.

All’improvviso lui si riscosse da quei piacevolissimi ricordi, e tornò a concentrarsi sulla guida, difficoltosa come poche volte gli era capitato.
Ora sembrava nevicare con minore intensità, ma la strada era sempre più ghiacciata e, di conseguenza, ancora più scivolosa, e le gomme della macchina stentavano sempre più spesso a far presa sull’asfalto.
Si accorse di aver premuto un pò troppo sull’acceleratore nel mentre fantasticava su Kristine: d’altronde, il ricordo della notte precedente era ancora così vivo in lui da fargli dimenticare la necessaria prudenza.
Rallentò immediatamente, scalando una marcia ed evitando di toccare i freni, e scendendo ad una velocità sicuramente più controllata.
Desiderava, sopra ogni altra cosa, un caffè, nero, dolce e bollente: ma su quella strada schifosa, abbandonata da Dio e dagli uomini, di notte non si trovava assolutamente nulla. E, forse, anche di giorno, la situazione non sarebbe stata molto diversa.
Bar, ristoranti, motel.
Nulla, assolutamente nulla dove fermarsi e riposarsi per qualche minuto.
E anche la benzina poteva diventare un problema: controllò l’indicatore sul cruscotto e, dopo un rapido calcolo, decise che il carburante sarebbe stato sufficiente fino a quando non fosse arrivato a superare la frontiera.
Entrato in Grecia, sull’autostrada che lo avrebbe condotto prima a Salonicco e poi ad Atene, avrebbe sicuramente trovato un distributore di benzina aperto anche di notte.
E magari anche quel caffè che così tanto desiderava.

Kristine era stata veramente fantastica: pronta a tutto, mai sazia di sesso, gli aveva regalato una notte di un erotismo assolutamente indimenticabile.
Si era concessa a lui senza mostrare alcuna inibizione, godendo e facendolo godere per ore ed ore: lui si era fatto masturbare dalle sue mani, piccole, snelle, nervose e con quelle eccitanti unghie smaltate di rosso, aveva lasciato che lei lo leccasse e lo succhiasse con le sue calde labbra, l’aveva poi penetrata, a lungo, perdendosi nel suo sesso bollente e in quell’ano accogliente e cedevole, in una fantastica girandola di sensazioni e di orgasmi che era sembrata non dover avere mai fine.
Ma, nonostante l’avventura con la bella Kristine, quello che gli era capitato la settimana precedente, il ricordo di un’altra notte di sesso senza limiti, in un altro albergo e in un’altra città, continuava a solleticare insistente i suoi pensieri.
E anche in quel momento, chiuso in auto ed impegnato in un’attenta guida, ripensando agli eventi accaduti, lui avvertiva un fremito di desiderio, un’immediata e languida tensione propagarsi molto piacevolmente verso il suo inguine.

Era andato a cena nel locale dove lui era un cliente fisso, in quel quartiere di Atene che sorge subito sotto il Partenone.
Da tempo aveva eletto quel ristorante a sua base operativa preferita, poiché, essendo situato proprio nel centro della capitale greca, era frequentato da molti turisti e, ovviamente, da tante e altrettanto disponibili turiste.
Ed il piacere che lui provava nel conquistare, in poche ore, donne che erano chiaramente soltanto di passaggio, e che si trattenevano ad Atene magari solo per qualche giorno, era estremamente appagante: l’ennesima conferma, a voler essere onesti fino in fondo, del suo ruolo di play-boy che, con ostinata pervicacia, si era andato a costruire in tutti quegli anni.

Quella sera, proprio al tavolo di fianco al suo, erano sedute due donne di straordinaria bellezza: non erano di certo ragazzine, più vicine ai quaranta che non ai trenta, ma di un’eleganza e di un’innata sensualità che lo avevano subito rapito e lasciato senza fiato, facendogli provare l’immediato desiderio di conoscerle e conquistarle.
Dalla lingua che parlavano fra loro, e dal modo in cui gesticolavano animatamente con le mani, lui intuì immediatamente come le sue due belle vicine di tavolo fossero italiane.
La prima, mora, e che poi scoprì chiamarsi Eugenia, era di altezza media, formosa al punto giusto, e irradiava una carica naturale di erotismo e di fascino veramente inarrivabile.
Con la pelle del viso perfetta e luminosa, occhi grandi e scuri come la notte, leggermente a mandorla, tanto da donare alla donna un aspetto quasi orientale, caschetto di capelli corvini, naso dritto e perfetto ed una bocca dalle labbra carnose ed invitanti, quella splendida creatura era apparsa ai suoi occhi così provocante e sensuale da fargli dimenticare l’ottimo cibo che il cameriere gli aveva appena servito.
Eugenia, dalla quale lui non riusciva quasi a staccare gli occhi di dosso, aveva le dita delle mani, dita sottili e dalle lunghe unghie smaltate di un rosa perlaceo, impreziosite da numerosi anelli, e non certo di bigiotteria; ed anche il suo seno, le cui forme piene e sode lui intuiva sotto la leggera maglia di filo che la donna indossava, prometteva di rivelarsi una parte molto invitante e seducente del suo corpo.
L’altra donna, l’amica che sedeva al tavolo con Eugenia, era castana, con colpi di sole che facevano apparire i suoi capelli più chiari di quanto non fossero naturalmente, e si chiamava Grazia.
Il viso, sicuramente meno delicato e bello di quello d’Eugenia, aveva un qualcosa di sfrontato, un’espressione quasi d’arroganza, ma proprio per questo suo apparire in parte volgare risultava straordinariamente attraente.
Grazia era qualche centimetro più alta dell’amica, la pelle del viso che faceva pensare alla seta, mani più grandi e dalle dita lunghe ed affusolate, unghie più corte di quelle delle mani di Eugenia e laccate di un rosso brillante.
Quella sera indossava un largo abito verde chiaro che ne celava le forme del corpo che, però, lui aveva subito immaginato essere snello e attraente.
Le sue vicine di tavolo erano, per farla breve, due donne splendide e desiderabili: anche se non più giovanissime, ma elegantemente vestite, affascinanti e sexy, lo avevano costretto a trascurare del tutto l’ottimo cibo che aveva ordinato.

Durante la cena, non appena gli si era presentata l’occasione, e senza apparire sfacciato o indiscreto, lui attaccò abilmente discorso in inglese con le due italiane, mostrandosi cortese ed educato, sempre disponibile a rispondere a tutte le domande che le due donne gli avevano rivolto, e a soddisfare le varie curiosità che Eugenia e Greta avevano sulla Grecia e su Atene in particolare: fu una dimostrazione, da parte sua, d’impeccabile signorilità, a tal punto che, alla fine della cena, era venuto naturale a tutti e tre di uscire insieme dal ristorante.
Era tale la confidenza che si era instaurata tra l’uomo e le due splendide italiane che, quando lui le aveva invitate, con un sorriso affascinante, a proseguire quella piacevole serata in un piano-bar poco distante, Eugenia e Grazia avevano accettato prontamente e con evidente entusiasmo.
Fu così che aveva fatto salire nella sua auto le due ultime conquiste femminili e, in pochi minuti, avevano raggiunto il locale, dove la loro serata sarebbe poi proseguita.

Con il sottofondo gradevole della musica greca e sorseggiando le consumazioni, seduti ad un tavolo d’angolo nel locale discretamente illuminato, le due donne gli avevano raccontato che erano ad Atene al seguito dei rispettivi mariti, entrambi dirigenti di una grande azienda italiana, di Milano, azienda che aveva importanti interessi economici sia in Grecia che in Turchia.
E, sempre per affari, i due uomini si erano spostati in aereo proprio in Turchia, a Smirne per l’esattezza, lasciando le mogli da sole per qualche giorno ad Atene, per visitare la città e fare shopping; al loro ritorno dalla Turchia, il pomeriggio successivo, sarebbero subito rientrati tutti in Italia.
Era stato poi il suo turno di raccontare qualcosa di se stesso e quale attività lui svolgesse nella vita, affascinando le sue nuove amiche confidando loro le pesanti responsabilità che gravavano sulle sue spalle, e narrando episodi avvenuti durante i frequenti viaggi di lavoro che faceva in molte parti del mondo (aveva esagerato un tantino, in realtà, ma la cosa si era necessaria affinchè le due italiane restassero ancora più intrigate da lui…).
La serata, dunque, si era svolta in maniera assolutamente piacevole.

Tra una chiacchiera e l’altra, una battuta spiritosa ed una risata, lui aveva notato che Eugenia, la mora bellissima che tanto lo affascinava, con sempre maggior frequenza gli lanciava, e nemmeno tanto velatamente, occhiate a tal punto esplicite che erano più che un invito a concludere la serata infilandosi insieme in un letto.
Grazia, al contrario, si mostrava più distaccata, più fredda, ed in alcuni momenti appariva pensierosa, quasi assente, estraniandosi dalla compagnia e perdendosi in chissà quali personali riflessioni.

Alla fine della serata, lui le aveva riaccompagnate con l’auto al loro albergo, quando l’una di notte era passata da pochi minuti.
L’uomo si era ormai praticamente rassegnato all’impossibilità di restare da solo con Eugenia, per tentare di portarsela a letto, visto che l’amica, Grazia, non accennava minimamente a togliersi di torno.
Gli sarebbe risultato impossibile sondare il terreno, per scoprire quante possibilità lui avesse di aggiungere Eugenia alla sua collezione di conquiste femminili quella stessa sera.
Anzi, fu proprio Grazia, davanti all’ingresso dell’hotel, a proporre un ultimo bicchiere fra loro, prima di lasciarsi e di concludere in quel modo la piacevolissima serata.
Ed era stato per quella ragione che lui si era ritrovato a seguire le due donne nella camera d’albergo di Grazia.

Più che di una camera di hotel, si trattava di una vera e propria suite quella che l’albergo aveva riservato a Grazia ed al marito: dall’ingresso si accedeva in un ampio salotto, arredato con divano e poltrone, un tavolo antico con due sedie ed un mobile-bar, estremamente fornito, in un angolo.
Dal salone, una porta, in quel momento accostata, lasciava intravedere un’ariosa camera matrimoniale, di sicuro dotata di un bagno all’altezza della situazione.
Le due amiche lo avevano fatto accomodare sul divano, parlando e scherzando allegramente, di certo già abbondantemente brille per i numerosi drinks bevuti durante la serata, e dirigendosi entrambe verso il mobile-bar per preparare l’ultimo bicchiere prima della buonanotte.
Lui si era ritrovato a sospirare, ormai quasi annoiato per la piega che aveva preso la situazione: aveva sperato di riuscire a scoparsi senza tante difficoltà quella donna meravigliosa e sensuale che era Eugenia, ed invece con le due donne avrebbe fatto l’ultimo brindisi e quindi se ne sarebbe poi andato a casa, deluso per l’occasione irrimediabilmente persa.
In effetti, l’uomo iniziava a provare una sensazione di fastidio al pensiero che quella sera il suo intuito l’aveva clamorosamente tradito: Eugenia forse ci sarebbe anche stata, ma Grazia non aveva mostrato alcuna sensibilità, restando sempre fra i piedi, ed impedendogli qualsiasi tipo di approccio. E la stessa Eugenia nulla aveva fatto per cercare di allontanare l’amica da loro due, quasi lei non fosse veramente interessata a restare da sola con lui.
Era rimasto perplesso di fronte a quello strano comportamento, perchè era sicurissimo che, se non ci fosse stata Grazia con loro, Eugenia sarebbe stata lusingata dalla sua corte, e di certo più che disponibile ad avere un’avventura di una notte con lui.

Ed era stata proprio Eugenia a porgergli il bicchiere, mettendosi seduta poi di fianco a lui sul divano, mentre Grazia si era andata a sistemare comodamente su una delle ampie poltrone di fronte.

Dopo una decina di minuti di discorsi senza importanza alcuna, lui appoggiò il bicchiere, ormai vuoto, sul basso tavolino di fronte al divano, pronto a salutare le due donne e ad andar via.
Ma, proprio nel momento in cui stava per alzarsi e accomiatarsi da loro, percepì improvviso il calore della gamba sinistra di Eugenia, che, in un gesto che poteva anche apparire casuale, si era accostata alla sua: la gonna leggera che la donna indossava era risalita maliziosamente sulle cosce, mostrandone una porzione generosa, dalla quale i suoi occhi vennero immediatamente attratti, come fossero falene attirate da una luce nella notte.
Fu sufficiente quella sensazione di tepore, nettamente percepita attraverso la stoffa dei pantaloni, per eccitarlo all’istante.
E era stato solo allora che lui si era reso conto del silenzio che all’improvviso era calato tra loro tre e, in modo ancora più inaspettato, della mano di Eugenia che si era andata a posare leggera sui suoi pantaloni, senza alcun imbarazzo, e premendo meravigliosamente sul suo sesso che già andava inturgidendosi.
La delusione e la noia di poco prima furono sostituite dall’ansia per quello che stava per accadere e dal desiderio di avere Eugenia.
Dopo pochi istanti, sorridendogli con occhi ambigui, Eugenia, con abilità consumata, aveva sbottonato i pantaloni dell’uomo, aveva scostato l’elastico dei boxer e liberato finalmente il pene dalla costrizione dell’indumento, prendendo a massaggiare con la sua splendida mano, in punta di dita, il cazzo eretto, ora nudo e fremente.

Inutile negarlo.
Era rimasto a dir poco sbalordito dal repentino cambiamento d’atmosfera che si era verificato su quel divano, dall’iniziativa presa da Eugenia nonostante la presenza dell’amica.
Lui si era ormai convinto di avere fatto il classico buco nell’acqua, e che Eugenia, l’affascinante italiana incontrata solo poche ore prima, sarebbe rimasta un sogno proibito, uno dei rari fallimenti nelle sue più che collaudate strategie di conquista.
L’imbarazzo che lui in quel momento provava, causato dalla rapidità degli eventi che stavano andando a verificarsi, si era completamente dileguato quando, alzando lo sguardo alla poltrona di fronte, aveva visto Grazia, l’ampio abito sollevato e le gambe aperte, che, seguendo con gli occhi le evoluzioni della mano dell’amica su quel palo di carne, si passava lentamente le dita della destra, accarezzandosi, sulla fica, ancora celata dalle minuscole mutandine nere che lei indossava.
La luce soffusa (e anche di quel particolare, di come fosse stato di certo studiato dalle due donne per creare il giusto ambiente, lui non si era accorto in precedenza) che proveniva da un’unica lampada a stelo posizionata in un angolo della camera, accresceva, e di molto, l’erotismo di cui si era andata caricando l’atmosfera, divenuta improvvisamente elettrica.

Aveva lasciato che la mano ingioiellata e così erotica di Eugenia vagasse, a tratti indolente, a tratti energica, sul suo cazzo eretto allo spasimo, che scivolasse delicata lungo l’asta, che indugiasse sui testicoli, che le sue dita e le sue unghie laccate di rosa giocassero con la liscia cappella; quindi, sentendo il respiro della donna accelerare in modo percettibile, aveva iniziato a spogliarla, scoprendo ben presto un corpo assolutamente perfetto e sensuale, un corpo talmente voluttuoso che sembrava essere stato creato per dispensare sesso e piaceri.
Travolti da una frenesia delirante, in brevissimo tempo lui e la donna si erano ritrovati entrambi completamente nudi.
Si erano baciati e toccati con passione, accarezzandosi ora con esasperante lentezza, ora con infuocata frenesia, una frenesia sessuale sempre più dirompente ed incontrollabile.
Anche Grazia, nel frattempo, gli occhi incollati ai loro corpi nudi ed eccitati, si era liberata velocemente degli abiti, mostrando anch’essa un corpo meravigliosamente sexy, e si era andata ad unire a lui e ad Eugenia, raggiungendoli sull’ampio divano.
Tutto si stava svolgendo con tale rapidità che lui si era sentito emozionato ed eccitato come non gli succedeva ormai da molto tempo.

Intanto che lui baciava Eugenia, esplorandole la bocca con la lingua e sentendo lo smalto liscio dei candidi denti ed il calore del suo alito, Grazia aveva preso a succhiare abilmente i capezzoli eretti dell’amica, passando le labbra da uno all’altro, e facendoli diventare, attimo dopo attimo, ancora più duri e deliziosamente sporgenti.
Quindi era toccato a lui cercare i seni di Grazia, baciandoli e palpandoli in tutta la loro morbida consistenza, mentre Eugenia univa le sue labbra a quelle dell’amica.
E dopo quei lunghi momenti di passione, che erano serviti a riscaldare ulteriormente i sensi di tutti e tre, senza alcun bisogno di parlare, si erano trasferiti sull’ampio letto matrimoniale della camera adiacente: le due donne italiane lo avevano fatto sdraiare tra di loro, il cazzo svettante nella penombra, e le bocche delle due amiche erano scese rapide ad impossessarsene, quasi litigandoselo con le labbra e con le lingue, e alternandosi in un fantastico e straordinario pompino.
Le labbra, infaticabili, esperte, voraci, avide, scorrevano per tutta la lunghezza di quell’asta turgida e in piena erezione, senza risparmiare neanche un centimetro di quel cazzo che avevano a loro completa disposizione.
Lo succhiavano a turno, staccandosene quasi a fatica quando era il momento di lasciarlo alle cure dell’altra: ora era la bocca di Eugenia, ora invece quella di Grazia, e poi era la lingua di Eugenia a scivolare sulla cappella, per essere poi sostituita da quella di Grazia che gli lambiva il prepuzio.
E, spesso, non riuscendo a resistere al richiamo di quel cazzo spettacoloso, le due donne vi si gettavano sopra contemporaneamente, facendolo impazzire di piacere al contatto di quelle morbide labbra, e facendolo sussultare per i brividi di eccitazione che gli regalavano in continuazione quelle lingue così umide e bollenti.
Mentre una gli leccava delicatamente i testicoli, sensibili e gonfi di sperma, l’altra gli disegnava, in punta di lingua, geometrie sempre diverse sulla cappella congestionata, per poi farsela scivolare tra le labbra rese bramose dalla passione.
E poi, ancora, le lingue che riprendevano a danzare, lievi ma ardenti, lungo l’intero cazzo, arrivando finalmente ad incontrarsi e ad intrecciarsi in un intenso bacio saffico, per l’uomo così eroticamente sconvolgente.
Quando lui finalmente era venuto, esplodendo tutta la sua eccitazione, le bocche delle due amiche si erano contese il suo sperma, ripulendolo e assaporandolo, con le lingue frenetiche, sino all’ultima goccia…

La strada sembrava ora un pò meno trafficata.
La neve continuava a scendere nella notte, ma certamente con minore intensità di prima: malgrado questo, però, la visibilità, a causa della foschia, non era per nulla migliorata.
Si accodò ad un enorme autotreno, che schizzava valanghe di neve e fango dalle ruote posteriori, seguendo le luci rosse di posizione, e non azzardando il sorpasso, in quel momento troppo rischioso.
Il viaggio sarebbe durato ancora molto a lungo in quelle schifosissime condizioni atmosferiche.
Si rilassò, avvolto e coccolato dal bozzolo caldo dell’abitacolo.
E tornò con la mente a quella notte ad Atene e alle due bellissime donne italiane.

Nel frattempo che lui riprendeva fiato, subito dopo che quelle due bocche incredibili lo avevano letteralmente svuotato di ogni energia, Eugenia e Grazia, eccitate al parossismo, si erano sdraiate sul letto, la testa dell’una affondata tra le gambe dell’altra, in un fantastico sessantanove, e avevano preso a leccarsi gli umori e ad assaporare i profumi delle loro fiche incredibilmente bagnate ed eccitate.
Lui era rimasto ad osservarle, una mano ad accarezzarsi l’uccello di nuovo in erezione, sentendo crescere ulteriormente l’intenso desiderio per quei due erotici corpi che tanto lo stimolavano.
Vedeva le lingue accarezzare e leccare, percorrere le grandi labbra, giocare diaboliche con i clitoridi, solleticare le parti più sensibili di quei due sessi incandescenti e appassionati.
L’uomo era affascinato dalle mani di Eugenia, dalle sue dita piene di anelli, dita che si insinuavano tra le natiche di Grazia, massaggiandole l’ano, penetrandolo con maestria, e strappandole in continuazione gemiti e mugolii di piacere.
E osservava con interesse anche le mani di Grazia, le sue unghie rosse che, con la poca luce che rischiarava debolmente la stanza, apparivano quasi nere, percorrere lente le cosce dell’amica, accarezzando e, forse, graffiando la pelle sensibile e perfetta.
Le due amiche erano bravissime, consapevoli ognuna delle passioni dell’altra, in assoluta sintonia, e lui ben presto si rese conto di come non fosse certamente la prima volta che le due donne andassero a letto insieme: dimostravano di essere troppo affiatate e complici in quel rapporto lesbico per non possedere una conoscenza perfetta ed assoluta dei rispettivi corpi.
Evidentemente i mariti, troppo presi dal lavoro, o magari distratti da colleghe e segretarie, le trascuravano per lunghi periodi, e le due amiche sfogavano tra loro le voglie ed i desideri sessuali che le agitavano; e, come testimoniava la sua presenza su quel letto, Eugenia e Grazia non disdegnavano di certo la compagnia sessuale di altri uomini, oltre a quella, sicuramente più saltuaria, dei due rispettivi ed impegnatissimi mariti.

Ora era Eugenia ad essersi messa sopra l’amica.
Sollevando per un attimo la bocca dalla fica di Grazia, con uno sguardo ambiguo ed accattivante, lo aveva invitato ad unirsi a loro, ai loro giochi e alla loro frenesia erotica.
Chiaramente lui, in quei momenti, non aspettava altro.
Si era inginocchiato dietro di lei ed aveva appoggiato il cazzo, nuovamente duro e teso, all’ano invitante della donna e, senza quasi trovare resistenza alcuna tra quelle cedevoli e già violate pareti, era scivolato al suo interno.
Aveva iniziato ad incularla lentamente, con un ritmo sempre uguale, entrando ogni volta fino in fondo a quel culo da favola, mentre la donna continuava a leccare la fica di Grazia, e mentre la bocca di quest’ultima, da sotto, insisteva a martoriarle meravigliosamente il clitoride.
E lui era venuto, per la seconda volta in quella straordinaria serata: aveva schizzato tutto il suo sperma nel culo di Eugenia, mentre le due amiche godevano ininterrottamente, trascinate dalle loro bocche in un orgasmo dietro l’altro.

Erano andati avanti così, per quasi tutta la notte, impegnati in un carosello sessuale che sembrava non dovesse avere mai fine; e, nei momenti in cui lui si doveva necessariamente prendere una pausa, Eugenia e Grazia, quelle due diaboliche vestali del sesso più scatenato, gli avevano mostrato tutti gli infiniti ed incantevoli modi in cui sapevano darsi il piacere tra loro…

Un uomo era in piedi in mezzo alla strada, e faceva gesti frenetici agli automezzi che sopraggiungevano.
Si riscosse dall’estasi mentale in cui il ricordo della notte trascorsa con le due amiche italiane lo aveva precipitato, e spinse a fondo sul pedale del freno.
L’auto sbandò immediatamente verso sinistra, pattinando sulla strada ghiacciata, ma lui, con consumata abilità, riuscì subito a riprenderne il controllo, riportandola sulla carreggiata di competenza.
Nonostante la sua esperta manovra, però, l’auto si arrestò solo a pochi centimetri dal rimorchio dell’autotreno che lo precedeva: se i suoi riflessi lo avessero tradito anche per una frazione di secondo, se la sua reazione non fosse stata così immediata e tempestiva, la sua auto avrebbe di certo tamponato il camion.
Respirò profondamente, a lungo, per tenere sotto controllo la scarica d’adrenalina che gli era andata in circolo nel corpo.
.
Un’auto, poco più avanti, era finita fuori strada, e un’ambulanza stava portando i soccorsi ai feriti: avvertì un lungo e gelato brivido di paura scorrergli fastidiosamente lungo la schiena.
Per un pelo, solo qualche millesimo di secondo con ogni probabilità, e non si era andato a schiantare su quel dannato rimorchio che lo precedeva.
L’uomo sbuffò, imprecando, e maledicendosi per l’essersi fatto prendere così pericolosamente dal ricordo di Eugenia e Grazia: doveva porre attenzione alla guida se voleva arrivare a casa sano e salvo.
In quel momento si accorse che la neve, pur continuando a cadere, era mista alla pioggia, e che la leggera foschia che offuscava le luci degli altri veicoli si stava rapidamente trasformando in nebbia.
Restò fermo per una decina di minuti, il motore che girava al minimo ed il riscaldamento che, al contrario, andava al massimo, osservando l’ipnotico girare della sirena rossa dell’ambulanza e le due barelle che venivano caricate a bordo; poi, finalmente, l’ingorgo iniziò a sciogliersi e, lentamente, e con molta prudenza, lui riprese il suo viaggio nella notte verso Atene.

Era di nuovo rilassato e sentiva che l’auto tendeva a sbandare sempre con minore frequenza, ora che la pioggia si andava sostituendo alla neve e che le lastre di ghiaccio sulla strada erano meno spesse e numerose.
Tornò a pensare con molta soddisfazione a tutte le avventure femminili che continuamente gli capitavano, e di cui lui, con tenacia, andava alla continua ricerca.
Più donne lui aggiungeva alla sua già ricca collezione, più si rendeva conto di tutte le umiliazioni che il povero zio Leo, il diverso, “il frocio”, aveva dovuto sopportare, con certosina pazienza, durante l’arco della sua intera esistenza.
Per contro, tutte le sue conquiste, tutte le sue scopate, tutte le donne con le quali era andato a letto, avevano fatto sì che il mondo sapesse che lui era “normale”: mai a nessuno poteva essere passato per la testa che lui potesse essere un omosessuale come lo zio Leo.
Rabbrividì al solo pensiero di tale ed orribile eventualità.
Passare per un “frocio”, quando lui era esattamente l’opposto, sarebbe stato terribile.
Anche se…

Cercava sempre di non pensarci, di rimuovere quel ricordo, di cancellare dalla sua mente gli eventi verificatisi due anni prima.
Ma più si sforzava di farlo, più cercava disperatamente di eliminare quei fatti, più le immagini di Venia e Sebastianos tornavano a tormentarlo: ed erano come fotografie, e così nitide ed implacabili, da gettarlo nel dubbio e nella disperazione.
Il guaio era che, sebbene lui ripetesse di continuo a se stesso che non era assolutamente vero, nel suo “io” più profondo e nascosto era consapevole che l’essere andato a letto con Venia e Sebastianos, la coppia di trentacinquenni che lo aveva abbordato in spiaggia, gli era piaciuto, e nemmeno poco per dirla tutta.
Il terrore di diventare come lo zio Leo in quei giorni lo aveva assalito, ma, anche se con estrema difficoltà, era riuscito a convincersi di non essere un vero “frocio”.
Nel modo più assoluto.
Perché a lui piacevano le donne.
Da impazzire.
E quella volta, il ritrovarsi a fare del sesso anche con un uomo, aveva rappresentato la classica eccezione che confermava la regola, e come tale doveva essere considerata unica ed irripetibile.

Si agitò dietro al volante, seccato che anche quella sera il ricordo fosse giunto puntuale a tormentarlo.
Sapeva ormai che, per escluderlo di nuovo dai suoi pensieri, doveva ripercorrere con la mente, e per l’ennesima volta, i fatti accaduti durante quella vacanza.
Solo dopo si sarebbe sentito meglio.
Avrebbe rapidamente riconquistato la sua tranquillità.
Almeno per un pò di tempo.
Era un’amara medicina che andava ingerita, tutta d’un fiato e senza indugi, se voleva tornare a convincersi che l’omosessualità era un qualcosa che non gli apparteneva.
Strinse con forza il volante, dette un filo di gas in più, quasi che l’aumentata velocità dell’auto servisse a rendere più rapido il ripercorrere nella sua testa quello sgradevole episodio, ed i fotogrammi del film di quei folli giorni presero a scorrergli implacabili sullo schermo della mente.

Quell’estate si era concesso una settimana di ferie.
E questo era stato un vero e proprio evento.
Lui, da sempre, odiava le vacanze.
Odiava dover stare senza far nulla: per sentirsi vivo ed in forma, attivo e pieno d’energie, aveva bisogno dei ritmi frenetici che solo il lavoro riusciva a dargli: impegni, riunioni, pranzi di lavoro, viaggi, estenuanti nottate in ufficio, tra fiumi di caffè e fumo di sigarette.
Quella era la vita che a lui piaceva, e le ferie si trasformavano sempre in periodi in cui lo divorava l’attesa d’iniziare nuovamente a lavorare, di viaggiare, di comunicare con altre persone, indaffarate e stressate esattamente come lui.
Ma, quella volta, era giunto al punto di avere avuto realmente bisogno di staccare la spina, anche se per pochi giorni; ed era per questa ragione che si era deciso a prenotare una stanza in quell’hotel di Paros.
Un pò di sole, qualche bagno in mare, passeggiate lungo la spiaggia e lunghe dormite: questo era il suo programma, utile a ricaricare le batterie, per poi tornare ad Atene ed al suo lavoro pieno di rinnovate energie.

Ma, dopo solo due giorni dal suo arrivo a Paros, lui si sentiva già profondamente annoiato per quella forzata inattività: la vita di spiaggia gli diventava, ogni ora che trascorreva, sempre più insopportabile e monotona.
In ogni caso, rassegnato ad aspettare che la settimana passasse, aveva iniziato a guardarsi attorno, alla ricerca di qualche compagnia femminile: una donna sarebbe stata l’ideale per ingannare piacevolmente il troppo tempo che aveva a disposizione.
Di donne, ovviamente, ce n’erano molte, ed alcune veramente attraenti, ma quella che più l’aveva intrigato era stata Venia, la sua vicina d’ombrellone.
Il problema era stato, però, che la donna non era libera: accanto a lei vi era sempre il marito, Sebastianos.

Lui, nascosto dietro gli occhiali da sole, aveva scrutato a lungo quella signora così affascinante, studiando con interesse le splendide e sensuali forme del suo corpo, e desiderando, con sempre maggiore intensità, di riuscire ad avere un’avventura con quella donna così eccezionalmente bella.
Era un puro esercizio di stile, ovviamente, perché la presenza costante del marito inibiva sul nascere una qualunque sua iniziativa rivolta ad abbordarla.
Si sentiva però certo che, se una donna così incantevole lui l’avesse incontrata in altre circostanze, se lei fosse stata da sola, libera, senza il marito tra i piedi, allora lui non avrebbe perso un solo istante per riuscire ad averla, nella convinzione più assoluta che lei avrebbe rapidamente ceduto alle sue lusinghe.
Fu a causa di questi motivi che, anche se a malincuore, concentrò la sua attenzione su altre prede, donne e ragazze che sembravano essere più facilmente disponibili ad accompagnarsi ad un uomo piacente come lui.
Ma, come poi molto spesso succede, quello che all’inizio ci appare impossibile che possa accadere, improvvisamente diventa realtà.

Nevicava sempre di meno, ma pioveva con sempre maggior intensità.
Due enormi autotreni viaggiavano lentissimi davanti a lui: quando vide che la carreggiata in senso contrario era libera, scalò la marcia e mise la freccia, iniziando la manovra di sorpasso.
L’auto scattò in avanti ed il potente motore della BMW gli permise di rientrare nella sua corsia di marcia in pochi secondi.
L’uomo diminuì nuovamente la velocità e tornò a pensare a quelle strane vacanze a Paros, a quell’episodio che, per vergogna ed imbarazzo, continuava a tenere nascosto a chiunque, e che molto volentieri, se solo ne fosse stato capace, avrebbe tenuto nascosto anche a se stesso.

- E’anche lei di Atene ? -
Lui, in quel momento, stava leggendo un giornale (anche se, in realtà, sbirciava di soppiatto verso il bagnasciuga, dove una ragazza sui venticinque anni, abbronzantissima e con un due pezzi estremamente ridotto e che evidenziava le sue forme esplosive, era sdraiata languidamente sull’asciugamano a prendere il sole).
Quasi trasalì per la sorpresa alla domanda che giungeva dall’ombrellone accanto al suo.
Si voltò e, ancora una volta, si rammaricò che la donna che tanto lo attraeva avesse accanto a sé il marito, precludendogli la possibilità di una conquista di cui lui sarebbe andato molto fiero.
Venia era castana, i capelli lunghi e lisci, e i colpi di sole, che evidentemente si era fatta applicare di recente dal parrucchiere, l’avevano resa quasi bionda; gli occhi verdi erano grandi e profondi, il viso delicato e straordinariamente piacente.
Ma quello che più l’aveva intrigato era stato il corpo di quella bellissima trentacinquenne: slanciato, ma pieno e formoso, con un seno che letteralmente straripava dal bikini rosso che quel giorno indossava.
Gambe perfette e tornite, natiche cesellate, pelle senza la più piccola imperfezione, Venia, questo scoprì essere il suo nome una volta che si furono presentati, era di un fascino tanto aggressivo e sfacciato quanto dirompente ed esplosivo.
- Sì, anche io vengo da Atene. -
Quel semplice e formale scambio di battute fu l’inizio di tutto quello che poi sarebbe irrimediabilmente accaduto.

Lei gli presentò il marito, Sebastianos, un uomo alto e scuro di carnagione, forse di qualche anno più grande della moglie (e quindi anche di lui, che all’epoca di anni ne aveva trentaquattro), in perfetta forma fisica e decisamente piacente.
Chiacchierarono tutti e tre, a lungo, di questo e di quello, entrando sempre più in confidenza, a tal punto da decidere di pranzare assieme in uno dei ristoranti dell’hotel.
Venia e Sebastianos erano commercianti, e gestivano quattro negozi di abbigliamento, tre ad Atene ed uno a Larissa.
Erano persone educate ed estremamente piacevoli, e lui passò l’intero pomeriggio di quel giorno in loro compagnia.
Alla sera, di fatto, e anche un pò sorprendentemente, erano ormai diventati grandi amici.
Fu così che lui si convinse che la compagnia della coppia gli avrebbe reso più gradevole il trascorrere di quel che restava della sua settimana di ferie.

Dopo quelle semplici e scontate battute iniziali, avevano iniziato a parlare di argomenti leggeri e per nulla impegnativi, quasi che Venia e Sebastianos cercassero anche loro qualcuno che li aiutasse a sconfiggere la noia di quella mattinata in spiaggia.
Il loro vero obiettivo era però un altro: ma lui, sorprendentemente, si era reso conto delle loro reali intenzioni solo nel tardo pomeriggio del giorno successivo.

Era quasi calata la sera, quando lui aveva deciso di fare un ultimo bagno in mare: si era quindi tuffato in acqua, rabbrividendo per la notevole differenza di temperatura con l’aria della spiaggia.
Aveva nuotato per qualche minuto, fino al momento in cui l’acqua non gli era sembrata più così fredda, ma tiepida e piacevole al contatto con la pelle.
Stava riprendendo fiato, galleggiando cullato dalle onde, quando si era accorto che una persona nuotava nella sua direzione: era Venia, che ben presto lo aveva raggiunto con poche ed agili bracciate.
- E’ meravigliosa l’acqua, stasera – gli aveva detto la donna, ancora più desiderabile ai suoi occhi con i capelli bagnati e gocciolanti.
L’assenza di Sebastianos gli aveva fatto sentire l’acuto desiderio di provare un approccio più diretto con quella donna che tanto lo eccitava, anche se sapeva in partenza che si sarebbe rivelato un tentativo senza speranza alcuna: però, un suo atteggiamento galante, un complimento sincero alla bellezza della donna, avrebbe testimoniato, in modo inequivocabile, tutta la sua ammirazione per lei ed il suo fascino, e di questo suo modo di fare Venia ne sarebbe stata di certo lusingata.
Ma lei, sorprendendolo, non gli aveva lasciato letteralmente il tempo di tradurre in parole quei suoi pensieri.

Venia gli era venuta ancora più vicina, tenendosi a galla con lenti movimenti delle gambe: lo aveva fissato con una luce maliziosa negli occhi e, passandogli il palmo delle mani sul petto, senza mostrare alcun imbarazzo per la situazione, gli aveva detto: – Sebastianos ed io avremmo piacere che tu venissi in camera nostra, questa notte… -
Le dita delle mani di Venia avevano preso a pizzicargli dolcemente i capezzoli, mentre la donna continuava a sorridergli con sguardo complice; quel contatto con lei, in acqua, probabilmente sotto gli occhi del marito che, dalla riva, di certo li stava osservando, lo aveva eccitato immediatamente.
Il suo pene si era subito inturgidito, stimolato dalla vicinanza della donna e dall’idea di quello che Venia gli andava proponendo.
Sott’acqua, con le mani l’aveva afferrata per i fianchi e attirata a sè, facendole sentire fisicamente tutta la sua dura eccitazione sessuale.

- E Sebastianos ? A lui piace guardare o… – le aveva chiesto, le labbra della donna pericolosamente vicine alle sue, lasciando in sospeso la frase perché fosse lei a completarla, un immediato campanello d’allarme a risuonare fastidioso nella sua mente.
Venia non aveva risposto alla sua domanda: era rimasta incollata a lui, la sua morbida pelle a promettergli il paradiso, ma dall’espressione del suo viso non era difficile intuire che il marito non sarebbe rimasto passivo, che non si sarebbe accontentato di guardare la moglie, a letto, fare sesso con un altro uomo.
A posteriori, lui aveva dovuto riconoscere con se stesso che, a farlo decidere di accettare quel maledetto invito, erano stati gli affascinanti occhi di Venia, il contatto con la sua serica pelle, il piacere che le carezze della donna gli regalavano in quegli istanti ed il desiderio di averla, di possederla, di scoparla fino a farla impazzire.
Di fatto, e cosa insolita per lui, era rimasto stregato da quella splendida creatura.
Il rischio, se non la certezza, che Sebastianos non si accontentasse di guardarlo fare ginnastica tra le lenzuola assieme alla moglie, ma che intendesse avere con lui rapporti omosessuali, non fu sufficiente a fargli declinare la proposta di Venia.
In futuro avrebbe avuto occasione di pentirsene, e anche amaramente, ma, in acqua con lei, in quel pomeriggio estivo che stava scivolando verso la sera, lui non ebbe un attimo d’esitazione ad accettare l’invito.
- D’accordo… questa notte verrò da voi… -
A quelle sue parole, la mano di Venia era scivolata subito in basso, lungo il suo petto, fino a stringersi a pugno, anche se solo per un istante, sul palo di carne che gli premeva impazzito nel costume.
Quindi la donna si era staccata da lui e, nuotando lentamente come una splendida sirena, era ritornata verso la spiaggia, lasciandolo solo con i suoi pensieri e la sua insana voglia di lei.

Anche quella sera avevano cenato insieme, al medesimo tavolo, nel ristorante all’aperto che si trovava sulla spiaggia, e la coppia, tranquilla e rilassata, non aveva fatto il benché minimo cenno a quello che sarebbe dovuto accadere di lì a qualche ora.
Venia era al massimo del suo splendore, in un corto e scollatissimo abito bianco, al limite della decenza, a coprirle sommariamente il corpo fantastico; ed anche Sebastianos faceva la sua indubbia figura, vestito sportivamente ma con una ricercata eleganza.
Solo verso le undici, quando Sebastianos e Venia lo avevano lasciato per ritirarsi nella loro camera, lei, con un meraviglioso sorriso carico di erotiche promesse, gli aveva ricordato quello di cui avevano già parlato in acqua alcune ore prima, dicendogli, in un roco sussurro carico di lascivia, di raggiungerli in camera subito dopo la mezzanotte.
Sebbene quella situazione che si andava creando fosse per lui del tutto inconsueta, non avendo mai, in vita sua, nemmeno lontanamente pensato di ritrovarsi in un letto anche con un altro uomo, il fascino e la sensualità di Venia lo avevano incantato, a tal punto da desiderare con tutto se stesso che il momento di salire nella loro camera giungesse al più presto.
Reso nervoso ed agitato dall’impazienza, aveva approfittato di quell’ora di tempo che aveva a disposizione per farsi una doccia, rasarsi accuratamente e cambiarsi d’abito.

Il calore del riscaldamento rendeva l’abitacolo dell’auto gradevolmente tiepido ed accogliente.
Si accorse che il traffico era diminuito ancora, anche se la pioggia continuava a battere insistente sul parabrezza.
Della neve, ormai, restavano solo dei larghi e radi fiocchi bagnati, che si scioglievano non appena i tergicristalli li spazzavano via.
Era giunto a quella parte del ricordo che più lo imbarazzava, non tanto per quello che era accaduto nella stanza d’albergo di Sebastianos e di Venia (nessuno ne sarebbe mai venuto a conoscenza, comunque), quanto per il fatto che quella notte di sesso e perdizione gli era piaciuta in modo incredibile, perchè i suoi sensi erano rimasti prigionieri di quell’atmosfera così torbida ed erotica che si era andata creando fra loro tre.
E la presenza del marito di Venia, ed era quest’aspetto di quanto accaduto ad atterrirlo in modo particolare, aveva contribuito ad accrescere il suo piacere come mai avrebbe immaginato potesse succedere.
Continuando a guidare nella notte, sprofondò, rassegnato, di nuovo nei suoi ricordi, consapevole di come quella fosse l’unica strada da percorrere per riconquistare un pò di tranquillità, nonostante la vergogna e l’imbarazzo che continuava a provare.

Gli aveva aperto la porta Venia.
La donna indossava ancora il medesimo corto e scollatissimo abito bianco che aveva durante la cena, ma ora non portava, al di sotto, biancheria intima di nessun tipo; sandali aperti e con il tacco vertiginosamente alto, una collana di perle a cingerle il collo, anelli d’oro alle dita delle mani, una braccialetto sottile, d’argento, alla caviglia destra.
I capelli, morbidi e lisci, le ricadevano sulle spalle; il trucco sapiente evidenziava la perfezione dei suoi lineamenti, ed uno smalto rosso fuoco le impreziosiva le unghie delle mani e dei piedi.
Vederla e restare senza fiato era stata per lui un’unica cosa.
La donna lo aveva fatto accomodare, chiudendo a chiave la porta della camera alle sue spalle.
Era un piccolo appartamentino, in effetti, con un ingresso abbastanza spazioso, un’ampia camera da letto con balcone privato, ed un bagno con vasca idromassaggio che si apriva sulla destra, appena superata la porta d’ingresso.
Le luci erano soffuse, tanto da avvolgere la stanza in una misteriosa penombra: leggere un libro, o un giornale, sarebbe stato praticamente impossibile.
Venia lo aveva preceduto nella camera da letto, e lui ne aveva subito approfittato per guardare la donna da dietro, le sue lunghe gambe, eccitanti, nude ed abbronzate.
Per quanto poteva vedere, al momento del marito non vi era traccia: aveva immaginato, però, che potesse trovarsi sul balcone della camera, perché la portafinestra doveva essere aperta, dal momento che le tende bianche, completamente accostate, si muovevano leggermente per la debole corrente d’aria.
Lui, un maestro nel prendere l’iniziativa, quella volta era stato battuto sul tempo dalla donna: in piedi, accanto all’ampio letto matrimoniale, Venia gli era venuta vicina, gli aveva cinto il collo con le braccia e lo aveva baciato senza la minima esitazione: una scarica di puro desiderio animale gli era esplosa nelle vene, nell’esatto momento in cui la sua bocca entrava in contatto con quelle meravigliose labbra che gli si offrivano così invitanti e sensuali.
E mentre lo baciava con passione, le mani della donna, impazienti ed esperte, avevano iniziato a spogliarlo velocemente.
Se lui era fuori di sé per la voglia di averla, anche Venia era eccitata allo spasimo.
La notte si annunciava torrida ed esaltante.

Quando anche il vestito di Venia era finito sul pavimento, ed entrambi furono completamente svestiti, lui si era riempito gli occhi di quella splendida nudità: aveva accarezzato con lo sguardo quel corpo straordinariamente invitante, i seni grandi e perfetti, il ventre piatto e tonico, il piercing sull’ombelico, le cosce di raso, le gambe tornite e affusolate, e così magicamente erotiche.
Sempre più ansiosi, travolti da una frenesia sessuale attimo dopo attimo più incontenibile, lui e Venia erano crollati strettamente avvinghiati sul letto.
La sua bocca era scivolata avida lungo il collo della donna, assaporando l’intenso ma delicato profumo con il quale lei si era cosparsa prima del suo arrivo: lui aveva sfiorato la spalla di Venia con le labbra socchiuse, e poi era sceso ancora più in giù, fino ad impossessarsi di un capezzolo, duro e sensibile per la febbre di sesso che divorava la moglie di Sebastianos.
Aveva preso a titillarlo in punta di lingua, a stringerlo tra le labbra, a mordicchiarlo gentilmente con gli incisivi: la ragazza ansimava e sospirava, le mani affondate fra i capelli dell’uomo, quasi a voler dirigere i movimenti della testa di lui.
Lui si sentiva il cazzo sussultare per il piacere al solo contatto con la calda pelle del corpo di Venia, la tensione erotica pervadergli quasi dolorosamente i testicoli: non avrebbe certo perso tempo, perché il suo desiderio era troppo intenso, ormai incontenibile.
Stava per penetrarla, per porre fine a quell’attesa spasmodica che gli mozzava il respiro, quando Venia, gentilmente ma con fermezza, lo aveva fatto sdraiare sul letto, gli occhi puntati su quella magica erezione che lui aveva tra le gambe.
Sorpreso, lui era rimasto a guardarla con il cuore in gola, mentre Sebastianos faceva il suo ingresso nella stanza, scostando le tende che velavano la portafinestra.

Il marito di Venia indossava una corta e leggera vestaglia blu, che fasciava aderente il suo corpo atletico e muscoloso.
Lentamente, gli occhi fissi sul letto e sui loro corpi nudi, aveva allentato la cintura che la stringeva in vita, aveva aperto l’indumento e se l’era sfilato, mostrandosi anche lui completamente nudo.
Lui aveva immediatamente capito che quello sarebbe stato il momento giusto per tirarsi indietro: non stava scritto da nessuna parte, se non nelle menti perverse di quella donna e del marito, che lui fosse obbligato ad accettare anche Sebastianos in quel letto.
Sarebbe stato sufficiente che si alzasse, si rivestisse ed andasse via, lasciando la coppia ai loro giochi erotici, quelli che fossero, giochi ai quali, però, lui non avrebbe partecipato.
Sarebbe stato molto semplice.
E se così lui avesse fatto, se avesse dato retta alla ragione e non all’istinto, di sicuro non si sarebbe tormentato negli anni seguenti con tutti i dubbi e le paure che, invece, gli tenevano costantemente compagnia, giorno dopo giorno.
Ma l’atmosfera di quella camera d’albergo si era fatta così rovente, così eroticamente incandescente, che lui si era lasciato andare, senza opporre la minima resistenza all’arrivo di Sebastianos, seguendo quella sua parte di irrazionalità di cui era rimasto prigioniero sin dal momento in cui Venia gli aveva proposto quell’incontro a tre.
Anzi.
Era dura ammetterlo, ma la bramosia per quella donna da sogno gli aveva offuscato a tal punto la mente che lui si sentiva ormai disposto a tutto, pur di averla e di scoparla fino allo sfinimento.
Aveva superato da un pezzo il punto di non ritorno, e gli ultimi barlumi di ragione si erano andati sempre più affievolendo.

Nello stesso tempo in cui nella testa gli vorticavano impazziti tutti quei pensieri, Venia gli aveva appoggiato la mano sul cazzo, le sue delicate ed eleganti dita a percorrere lievi l’intera asta, mentre Sebastianos li raggiungeva sul letto: anche il suo pene, di notevoli dimensioni, era già in piena e completa erezione,
A quel punto la donna, guardando il marito, sconvolta dal desiderio, aveva accostato le labbra alla cappella dell’uomo, baciandola dapprima sulla punta, quasi in un soffio delicato di labbra, per poi farsela scivolare meravigliosamente in bocca: Sebastianos era rimasto immobile, ad osservarla succhiare così abilmente il pene dell’altro uomo, accarezzandosi lentamente i testicoli.
Lui, nel frattempo, aveva socchiuso gli occhi, godendosi le morbide carezze di quella bocca vorace, quasi completamente indifferente alla presenza del marito di Venia.
Quella donna fantastica, e che così tanto lui aveva desiderato, lo stava portando in paradiso.

Venia aveva continuato a succhiargli il cazzo a lungo, mentre con una mano aveva preso a masturbare il marito che, in ginocchio sul letto, osservava la scena con crescente eccitazione.
Poi tutto era accaduto all’improvviso.
Sebastianos aveva allungato una mano, accarezzando la guancia della moglie, ancora persa in quel pompino da favola, per poi scivolare con le dita sui testicoli e sulla base del cazzo di lui.
A quell’inatteso e repentino contatto, lui aveva avuto un sussulto di fastidio, ma l’esperta bocca di Venia lo aveva tenuto inchiodato al letto, aumentando il ritmo delle evoluzioni delle labbra e della lingua, mentre Sebastianos continuava ad accarezzarlo con sempre maggiore piacere.
E lui lo aveva lasciato fare, ormai consapevole di non potersi sottrarre alla sensualità e alla lussuria di quella diabolica coppia.
E, per dirla tutta (anche se questa parte gli era particolarmente difficile da ammettere perfino a se stesso), non avrebbe neanche voluto che Sebastianos ritraesse la sua mano: lui desiderava Venia con tutte le sue forze, voleva vivere quell’esaltazione sessuale, della quale era rimasto vittima sin da quando l’aveva conosciuta, fino in fondo e, giunti a quel punto, e cancellando in modo definitivo tutte le sue inibizioni, desiderava anche Sebastianos.
La notte che avevano davanti sarebbe stata veramente molto lunga.

Era ormai prossimo all’eiaculazione, quando le labbra della donna lo abbandonarono: il suo cazzo, lucido della saliva di Venia, svettava congestionato e fremente nella penombra della stanza.
La mano di Sebastianos, allora, si era fatta più ardita, iniziando a scorrere, abile ed esperta, su quel pene eccezionalmente eretto.
Lui era rimasto immobile, sbalordito dal fatto che quel contatto con le dita di un altro uomo che lo stava iniziando a masturbare lo stesse eccitando in quel modo.
Venia, in ginocchio accanto a loro, il respiro corto e ansimante, osservava la scena che riempiva i suoi occhi, carezzandosi con la destra il seno, mentre la sinistra era sparita tra le cosce socchiuse.
Sebastianos non aveva resistito a lungo al richiamo di quel cazzo che stringeva nella mano: si era chinato con la testa, posando le labbra sulla cappella interamente scoperta, e, quindi, facendoselo scivolare nella bocca, aveva preso a succhiarlo e a leccarlo con passione e consumata maestria.
Era più che evidente come Sebastianos ci sapesse fare, come conoscesse alla perfezione l’arte di far godere un altro uomo.
In quell’istante il pensiero del povero zio Leo gli aveva attraversato rapido la mente, cancellato subito, però, dalle intense emozioni che la bocca di Sebastianos gli stava regalando.
Non più padrone dei propri sensi, lui aveva avvertito l’orgasmo salire irrefrenabile.
Venia, gli occhi puntati sulle labbra del marito, strette attorno a quel palo, gemeva e sospirava, due dita infilate completamente nella fica inondata di umori.
E, nel momento in cui lui scoppiava nella bocca dell’uomo, schizzando tutto quello sperma che così a lungo aveva trattenuto, anche la donna aveva raggiunto l’orgasmo, il corpo sconvolto dall’esplosione dei suoi sensi impazziti…

Sdraiati tutti e tre sul letto, si erano accarezzati a lungo, senza alcuna fretta, in un silenzio carico di una rinnovata e forte tensione erotica.
Dapprima erano stati i due uomini a dedicarsi al corpo di Venia, alla sua pelle fantastica e sensibile, facendola rabbrividire e sussultare al contatto delle loro mani: le avevano esplorato insieme, con le mani e con le dita, l’intero corpo, penetrandole il sesso e l’ano, e baciandole i seni e le cosce.
Quindi le avevano leccato il ventre e le gambe, e le avevano sfilato i sandali con il tacco alto che ancora lei calzava, succhiandole meravigliosamente le dita dei piedi, una ad una, riempiendosi lo sguardo di quello smalto rosso fuoco che le colorava così sensualmente le unghie.
E poi era stata Venia, splendida maestra del sesso, ad impugnare contemporaneamente i loro cazzi, restituendo a lui la vigoria dell’erezione, naturalmente affievolitasi dopo la prima eiaculazione, e masturbando Sebastianos, l’unico dei tre a non aver ancora goduto, fino a farlo venire e a riempirsi la mano del suo abbondante e caldo seme bianco.
Lui, ormai perfettamente a proprio agio con la coppia, voleva finalmente prendere la donna, penetrarla e godere della sua bagnata e bollente intimità.
Quando i suoi occhi e quelli di Venia si erano alla fine incontrati, lui aveva intuito che il momento che tanto desiderava stava ormai per arrivare.

La donna gli era salita sul ventre, con le gambe divaricate, guidando con la mano il pene di lui, fino a portarlo a contatto con il suo sesso, e impalandosi, subito dopo, sul membro reso rovente dal desiderio.
Lui l’aveva afferrata per i fianchi, accompagnando il ritmo da lei imposto alla penetrazione, morbosamente affascinato dai grandi seni di Venia che sobbalzavano erotici davanti ai suoi occhi..
Nel frattempo, Sebastianos si era accostato alla moglie, da dietro, baciandole il collo e sospingendola in giù, verso l’uomo che la stava scopando: quindi, con le mani, le aveva allargato le natiche, per poi iniziare ad accarezzare, con il cazzo eretto e dalla larga cappella violacea, l’ano già dischiuso di Venia.
E mentre il loro ospite continuava a scopargli la moglie, Sebastianos aveva preso ad inculare Venia, introducendo, centimetro dopo centimetro, il suo cazzo nel culo della donna.

L’avevano scopata e inculata così, contemporaneamente, a lungo, tra le grida di piacere della donna che si sentiva riempita completamente da quelle erezioni, mentre i due cazzi andavano quasi a sfiorarsi, separati solamente dai brucianti tessuti interni di Venia.
Erano venuti, di fatto, tutti e tre quasi insieme, i due uomini riempiendo Venia con i loro densi e bollenti liquidi, e lei godendo di un orgasmo favoloso, quasi impazzita dal piacere provocato da quei due pali che l’aprivano e la trafiggevano senza più alcuna delicatezza…

Mancavano ottantacinque chilometri al confine di stato, ormai, ed il peggio, da un punto di vista meteorologico, sembrava sicuramente passato.
Lui trafficò per qualche secondo con l’autoradio, cercando una stazione che trasmettesse una musica più gradevole di quella che stava ascoltando.
Quando, alla fine della ricerca, trovò una stazione di musica country, la sua mente tornò ad assentarsi, riprendendo subito a lavorare e a ricordare le ore di quella notte che più gli avevano creato problemi nei mesi successivi, quegli eventi che lui non riusciva proprio a metabolizzare, malgrado tutti i tentativi fatti per rimuoverli.
Ma, in quel momento, non poteva, e non voleva, interrompere il flusso dei ricordi che sopraggiungevano come sempre impetuosi: doveva continuare a rammentare a se stesso gli accadimenti di quella straordinaria notte con Venia e Sebastianos.
Era più forte di lui e, nonostante i suoi sforzi, gli era impossibile sottrarsi a quella necessità.
Voleva disperatamente bere un caffè, anche perché il sonno iniziava a farsi sentire: ma doveva resistere almeno fino alla frontiera, perché prima non avrebbe trovato assolutamente nulla d’aperto nella notte.
Bar, motel, stazioni di servizio.
Su quella dannata strada bulgara sembrava proprio che la civiltà non fosse mai arrivata.

Dopo aver preso Venia in quel modo così eccitante, i due uomini erano letteralmente crollati sul letto, stanchi ed affannati.
Lui aveva pensato di riposarsi un attimo, e quindi di lasciare la coppia subito dopo, facendo ritorno nella sua stanza, pago di tutto quello che già era accaduto: si era spinto troppo oltre, e capiva perfettamente che restare ancora in quella camera d’albergo lo avrebbe obbligato ad esplorare un terreno particolarmente infido e sul quale non aveva alcuna voglia di avventurarsi: d’altronde, si era già fatto fare un pompino da Sebastianos e, mentre giacevano sul letto, prima di scopare e inculare la donna, Venia gli aveva preso una mano, per poi appoggiarla sul cazzo del marito.
Era la prima volta che si ritrovava a stringere fra le dita il pene di un altro uomo; aveva pensato di rifiutare, di non spingersi così oltre le sue convinzioni, ma Venia era stata ancora una volta diabolica perché, notata la sua indecisione, aveva posato la mano sulla sua, guidandolo nell’esplorazione del cazzo del marito.
Insieme lo avevano masturbato, e, sarà stato per l’eccitazione dell’attesa di prenderla, sarà stato per l’incredibile situazione in cui si era venuto a trovare quella sera, fatto sta che il contatto con il cazzo dell’uomo, con la sua cappella calda e liscia, con la sua asta turgida e nervosa, tutto gli era piaciuto molto più di quanto potesse mai supporre.
Ma ora che la libidine era stata placata, il momento di porre fine a quella pazzia era chiaramente giunto.
Ancora una volta, però, Sebastianos e Venia si erano dimostrati molto più forti e determinati della sua traballante volontà, trascinandolo a partecipare a quell’ultimo gioco erotico che avevano in serbo per quella memorabile nottata in quell’albergo di Paros.

Mentre lui stava per mormorare qualche parola di commiato e, quindi, per alzarsi dal letto, si era accorto che la donna aveva preso ad accarezzare la schiena e le natiche del marito, totalmente rilassato, a pancia in sotto, sul letto.
Le mani di Venia, dalle lunghe unghie rosso fuoco, scorrevano esperte sulla pelle di Sebastianos, e le dita s’insinuavano sempre più frequentemente tra le natiche dell’uomo, stuzzicandogli maliziosamente l’ano.
Malgrado lui avesse deciso di andar via, gli era stato impossibile non restare nuovamente affascinato dall’erotismo estremo di quella coppia a dir poco disinibita: aveva seguito per parecchi minuti i movimenti delle mani di Venia, e l’erezione che di nuovo lo tormentava gli aveva confermato quanto fosse di suo gradimento quello che i suoi occhi gli stavano mostrando.
Sebastianos, visibilmente eccitato dalle attenzioni della moglie, si era messo in ginocchio, e la lingua di Venia aveva sostituito le dita, iniziando a leccargli l’ano, inumidendolo con la saliva e penetrandolo lievemente con la punta.
In passato, gli era capitato più volte di leccare il culo di qualche sua occasionale amante, trovando l’esperienza semplicemente meravigliosa; ma mai era successo il contrario, che una delle sue donne si dilettasse in quell’opera con l’intenzione di penetrarlo, con le dita della mano o con un qualunque strumento.
Quello che Venia stava facendo al marito era per lui estremamente sorprendente, ma altrettanto erotico e sensuale.

Quando il culo di Sebastianos si mostrò rilassato a sufficienza, la moglie vi aveva inserito l’indice, spingendolo sino in fondo, e facendo ansimare l’uomo per il piacere.

Stimolato dallo spettacolo che i suoi due compagni di letto offrivano al suo sguardo eccitato, lui stava per iniziare a masturbarsi, incapace di arginare l’intensa ondata di libidine che gli si era propagata in tutto il corpo, quando Venia aveva preso dal cassetto del comodino un profilattico, ne aveva aperto rapidamente la confezione e, con un gesto veloce e consumato, glielo aveva srotolato sul cazzo, fino in fondo, l’elastico dell’anello a serrargli la base del pene: quindi lo aveva preso per mano, costringendolo a sollevarsi dal letto, e, con voce rotta dall’emozione, gli aveva detto: – Dai… presto… non ci fare attendere ancora… inculalo… prenditi anche Sebastianos… -

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