*****ROXY E' TORNATA!

La mia foto
Con grande eccitazione Roxy vi comunica che riparte l'aggiornamento costante del suo blog.Dopo una lunga pausa vi invita tutti a seguire i suoi post dedicati al mondo del sesso e più intrigante erotismo.Buona Lettura

Adult Ego

sabato 18 aprile 2009

SILVANA


Era una domenica mattina di pieno inverno. Fuori cadeva una fredda pioggia, frammista a neve.
Ma dentro, invece, c'era un bel tepore, grazie al riscaldamento, e grazie anche ai nostri corpi e ai nostri cuori, se così si può dire.
Mi trovavo con Silvana, la mia fidanzata, nella sua casa del centro storico. Eravamo appoggiati l'uno all'altro, completamente nudi, sdraiati sul grande letto di legno scuro che probabilmente aveva già ospitato le contorsioni erotiche fin-de-siécle di chissà quale sua trisavola tutta trine e guepière. Il mio braccio destro le cingeva le spalle, e la mia mano, distrattamente ma non troppo, arrivava giusto a vellicare il suo seno destro, tondo e sodo, indugiando sul capezzolo scuro, piacevole, piccolo e ben rilevato. Appena sotto i suoi seni, le tracce umide del mio amore si andavano lentamente asciugando, e lei le aveva lasciate lì, con compiaciuta indifferenza, senza detergersi nemmeno col lenzuolo.
Avevamo finito da poco, appunto, di fare l'amore, almeno per il momento. Ora stavamo aspettando che i nostri sensi assopiti si risvegliassero quel tanto che basta per ricominciare; e, per rilassarci, stavamo guardando una videocassetta nel televisore da ventuno pollici collocato ai piedi del letto, unica concessione al moderno in una camera da letto scura, massiccia ed antica, ma ancora molto più giovane di quella casa, i cui mattoni, che in quel momento si stavano curando di lasciare l'inverno fuori, dovevano essere stati sfornati almeno tre secoli prima.
Silvana, stretta al mio fianco, guardava interessata la videocassetta che io le avevo portato, e che non poteva non essere in tema con quella mattinata calda (almeno per noi due) e appassionata. Di tanto in tanto alzava il capo e, da sotto i suoi capelli bruni piacevolmente tagliati a caschetto, mi guardava con i suoi occhi da scorpione (in senso zodiacale), sorridendomi; oppure ero io che la guardavo mentre lei guardava incantata le belle immagini che coloravano il suo video. Oppure mi porgeva le labbra stanche ma soddisfatte in un bacio leggero, o le schiudeva per un rapido contatto tra la mia lingua e la sua, che dardeggiava per mezzo secondo tra i suoi denti bianchi e sorridenti.
Ci eravamo perduti nella visione di un bellissimo film, "Nothing to hide II", una produzione americana di una decina d'anni prima. Ecco la storia: una bellissima ragazza bionda, non particolarmente raffinata ma seconda a nessuno quanto a passione e sensualità, nonostante il profondo amore che la legava al suo ragazzo si lasciava intrigare in una storia di sesso con un uomo molto più maturo di lei, un prestante vedovo afflitto (fino all'incontro con lei) da problemi di impotenza depressiva. Ma poi, colpo di scena, lei scopriva che lui era il padre del suo ragazzo. Allora, sconvolta e piena di sensi di colpa, mollava tutto e partiva per un'altra città; ma se non altro aveva risolto i problemi sessuali del vedovo, ora di nuovo pronto a ritornare alla vita; e sicuramente neanche suo figlio, grazioso fanciullo californiano tutto fitness e jogging da spiaggia, ci avrebbe messo molto a trovare di che consolarsi.
Mi accorsi che il film stava piacendo molto anche a Silvana. Di tanto in tando la sua mano destra andava indugiando, senza averne troppo l'aria, sul suo sesso, coperto dal lenzuolo; e allora io spostavo ancora più volentieri lo sguardo dal video al suo viso, ai suoi seni, di nuovo al suo viso maliziosamente infantile. E quindi mi perdevo qualche sequenza del film, che peraltro conoscevo già bene.
Ad un certo punto, però, la vidi prendere improvvisamente il telecomando del videoregistratore e rimandare indietro il nastro. Qual'era la scena che l'aveva colpita, che voleva rivedere ancora? Prestai attenzione allo schermo.
La bella Emanuelle (nome piuttosto evocativo, bisogna dire, ai limiti dell'abuso) aveva appena ammanettato il suo maturo amante, per scherzo, alla ringhiera di una scala della sua casa californiana. Poi, guardandolo negli occhi, si era avvicinata a lui, che smaniava impazzito e affamato; allargava la scollatura dell'ampio camicione che portava, fino ad estrarne i suoi due grandi seni a pera, la cui bellezza naturale non era stata certo contaminata dal silicone; e poi, rapidamente, come se fosse la cosa più naturale del mondo, attaccava al suo seno sinistro una molletta da bucato. Nel momento in cui le ganasce del piccolo oggetto, promosso per l'occasione a complice sessuale, si serravano attorno al capezzolo rosa, lei aveva un brivido; poi rapidamente si inginocchiava per accogliere in bocca il suo amante, ancora legato alla ringhiera, minuto per minuto e momento per momento, fino al meritato orgasmo.
Silvana fece tornare indietro il nastro una prima volta, poi una seconda. Mi resi conto che era stata profondamente affascinata dalla situazione. - Ti piace? - le chiesi.
- Moltissimo - mi rispose, senza togliere gli occhi dallo schermo.
La strinsi ancora più forte a me. Appoggiai la mia mano destra alla sua, che adesso indugiava sul suo sesso con molta più convinzione.
La situazione mi stava rapidamente restituendo l'energia; la mia voglia di lei cresceva, ma non volevo distrarla dal film. Per cui mi costrinsi ad aspettare.
Finalmente arrivarono i titoli di coda. Silvana si voltò verso di me, offrendomi le labbra schiuse, in cui io tuffai immediatamente la mia lingua; seguì un bacio appassionato, mentre lei continuava delicatamente ad accarezzarsi. Chiusi gli occhi, ascoltai il sapore della sua saliva, i deliziosi rumori delle nostre lingue e dei nostri palati che si incontravano, il calore del suo fiato.
Poi, quando finalmente ci staccammo, mi chiese: - Ti piacerebbe che lo facessi anch'io?
- Cosa? - risposi io. Avevo capito perfettamente a cosa si stava riferendo, ma non mi dispiaceva fare il tonto.
- Che io mi attaccassi due mollette ai seni, e poi ti facessi un pompino - mi rispose, sorridendo maliziosa.
- Certo che mi piacerebbe, Silvana - le risposi. - Ma a te piacerebbe?
- Forse… non so. Dovrei provare.
Non potei fare a meno di afferrarla e abbracciarla fortissimo, costringendola sotto di me e baciandola sul viso, sugli occhi, nella bocca. E poi non potei fare meno di baciarle i seni, stringendoli con fermezza nelle mie mani, in una maniera che so le piaceva molto; e poi vellicare delicatamente con la punta della lingua i capezzoli, prima l'uno e poi l'altro, che stavano già prendendo corpo ed energia, e che io immaginavo già colti dalla stretta di due mollette. Non era capitato poche volte, fino ad allora, di averla vista tremare in orgasmi sconvolgenti provocati soltanto da baci e carezze, mie o sue, ai suoi bei seni; non mi stupiva affatto, quindi, che oggi i suoi seni sensibilissimi cercassero nuove emozioni, e si facessero sedurre dal saggio insegnamento del film appena visto.
Temetti, tuttavia, che il dolore che le sarebbe venuto da quella pratica sarebbe stato più grande dello stesso piacere. Mi sembrò giusto quindi metterla in guardia.
- Silvana, io trovo bellissima questa tua decisione, non vedo l'ora di farlo. Ma non hai paura di soffrire troppo? Guarda che se lo fai per me, io non ho certo bisogno di… -
- Non preoccuparti - mi rispose. Lo faccio anche per me, mi va di provare; e se la cosa non mi piace, posso sempre smettere, no? -
La baciai ancora. Poi scostò le coperte, e si alzò, nuda: - Vado un attimo in bagno - mi disse. Si infilò le pantofoline foderate di pelo, e uscì dalla stanza. Io la guardai camminare, il suo corpo bello, non troppo alto ma ben proporzionato, il suo culo sodo e rotondo che faceva da contraltare appropriato ai seni. L'unica cosa che indossava in quel momento erano le pantofoline, che, così intime e casalinghe, facevano quasi sorridere per il contrasto con il suo corpo nudo che era tutto una perversa promessa d'amore. Ma il pavimento era freddo, fuori c'erano due o tre gradi, non potevo certo pretendere da lei i piedi nudi che ben si sarebbero accordati alla sua nudità totale.
Tornò, dopo lunghi minuti. Salì sul letto, dove la stavo aspettando ansiosamente. Aveva in mano due mollette di legno, evidentemente appena prese dallo stendibiancheria che era in bagno. Lasciò cadere le pantofoline sul pavimento, e si inginocchiò, seduta sui talloni, di fronte a me. Era splendida. Sembrava che mi guardasse con i suoi seni, di cui indovinavo l'estrema sensibilità che dovevano avere in quel momento. Vidi che, approfittando della pausa in bagno, si era data sulle labbra una traccia di rossetto, cosa che me le rendeva ancora più desiderabile.
Mi guardava: le labbra schiuse, le mollette in mano, i suoi seni che si alzavano e si abbassavano al ritmo di un respiro più rapido del normale. Era un invito silenzioso. Allora mi avvicinai a lei, e, seduto sul letto, la abbracciai. Poi cominciai a baciarla, accarezzandole i capelli; affondavo la lingua nella sua bocca, e lei, la testa rovesciata all'indietro, era come se bevesse. Le mie mani percorrevano la sua schiena, arrivavano fino al solco delle sue reni e vellicavano dolcemente l'ingresso della sua via di piacere più stretta, che adoravo, almeno quanto lo adorava lei, penetrare, ora col membro, ora con le dita, ora mediante oggetti studiati all'uopo, gentili falli ben lubrificati, e che mi stupiva sempre per la sua straordinaria profondità e capacità di dilatazione. Non trascurai di accarezzarle anche i piedi, le cui piante rugose e arcuate, appena sotto la segreta e odorosa cavità dell'amore, erano come un gentile invito ad entrarvi: baciaci, sembravano dirmi; fai scorrere su di noi la tua lingua; viaggia dalle dita ai talloni, e poi sali verso la Porta Eterna che ci sovrasta…
Ma per stavolta il nostro piacere avrebbe preso altri cammini, molto più nuovi e sottili.
Continuai ad accarezzare e ad abbracciare Silvana. Le mie mani, com'era giusto, si concentrarono sui suoi seni. Erano caldi, i capezzoli spasmodicamente eretti. Mi rendevo conto che le mie carezze la stavano pericolosamente avvicinando al piacere, che avrebbe interrotto troppo presto il nostro gioco, ma non potevo farne a meno, era troppo bello sentirla lì, viva, forte e vibrante.
- E' il momento - mi sussurrò piano in un orecchio. Scostò le mie mani dai seni. Le baciai ancora una volta la bocca. Poi mi chinai, e deposi un rapido bacio su ciascuno dei due capezzoli in attesa; per ringraziarli, per augurar loro buona fortuna, forse perché li amavo…
Silvana prese una delle due mollette. Tenendo sempre gli occhi chiusi e le labbra appena aperte, la fece scivolare, le ganasce aperte, verso il suo seno sinistro. La fece girare piano attorno al capezzolo - io guardavo, e mi sembrava di impazzire per l'eccitazione: il mio pene eretto era sul punto di scoppiare, guai se mi fossi toccato! Sarebbe tutto finito nel giro di mezzo secondo - e poi la appoggiò alla punta, che fece sporgere ancora di più aiutandosi con l'altra mano. Lasciò andare piano la molletta, che si strinse lentamente.
Silvana ebbe come un breve singhiozzo. Per un attimo trattenne il respiro, il suo viso si arrossò bruscamente, si contrasse per un attimo, e poi poco per volta si rilassò. Ricominciò a respirare. La molletta, ora, era in posizione, e le stringeva fortemente il capezzolo.
Rapidamente, Silvana fece la stessa operazione anche con l'altra molletta.
Ora le aveva entrambe in posizione. Cominciò a toccarle e a tirarle leggermente, per sollecitare il suo piacere e il suo desiderio; mi sembrava che stesse entrando in un mondo che apparteneva solo a lei. Le sfiorai con un dito il sesso schiuso, piano, in maniera non invadente: era bagnato all'inverosimile. Ritirai il dito gocciolante di umore caldo e filante, lo portai fino alla sua bocca schiusa, ve lo introdussi e lasciai che la lingua di Silvana, calda e vivace, si beasse del suo stesso sapore, che sapevo quanto le piacesse.
Continuò per alcuni minuti a tirarsi e a muovere i capezzoli, finché finalmente non schiuse gli occhi, ebbe uno sguardo per me, e il suo viso alterato in una maniera che fino ad oggi mi era del tutto sconosciuta mi donò un leggero sorriso di complicità.
- Vieni - mi sussurrò ancora, scendendo dal letto e prendendomi per mano. Sembrava muoversi a fatica, probabilmente la testa le girava.
Mi condusse ad una poltrona di vimini, in un angolo della camera da letto. Mi fece sedere, e
vi si inginocchiò davanti: era giunto il momento in cui avrebbe accolto in bocca il mio sesso, che ormai era pronto a esplodere. Tuttavia mi dispiaceva vederla inginocchiata per terra, nonostante la presenza, in quel punto della stanza, di un tappeto; e quindi misi per terra uno dei cuscini poggiati sulla poltrona, invitandola ad inginocchiarvisi sopra.
Mi guardava. Appoggiò le sue labbra rosse sul glande, e lo baciò leggermente, guardandomi negli occhi. Le sue mani continuavano ad indugiare sui capezzoli, tiravano e torcevano leggermente le mollette, e ognuno di quei movimenti, potevo immaginare, faceva partire una scossa violenta verso il suo cervello e il suo sesso. Poi finalmente schiuse le labbra, lasciò che il mio pene si facesse strada tra di esse, e, a occhi chiusi, cominciò a accarezzarlo leggermente con la lingua. Io ero in Paradiso.
Poco dopo si sfilò, mi guardò ancora e mi disse: - Toglimi e rimettimi le mollette, per favore -
Io avvicinai entrambe le mani ai suoi seni, e mi preparai ad eseguire l'ordine. Presi le due mollette. Ma come feci per allentarne la stretta, lei ebbe un grido soffocato, il suo viso fece una smorfia di dolore e con un gesto impulsivo mi prese le mani, fermando la mia azione.
- Fermo, mi fai troppo male! - mi disse. - Aspetta, devo fare qualcosa che mi aiuti a resistere…
Si alzò, prese la sua vestaglia ancora buttata sul letto, e ne sfilò la cintura. Me la dette. Si voltò poi di spalle, incrociando i polsi dietro la schiena, appena sopra il suo splendido culo. - Legami - disse soltanto.
Io non me lo feci ripetere: quello che stavamo facendo era veramente troppo meraviglioso per essere vero, eppure lo era. Avvolsi la morbida cintura di cotone attorno ai polsi, in maniera che non si potesse sciogliere, ma cercando di non stringere troppo, di non farle male. Quando ebbi finito, lei si inginocchiò di nuovo di fronte a me, e protese verso di me i seni. Era splendida, così, nuda, disponibile, offerta, con le mani legate e i morsetti ai seni, il viso sudato con un'espressione tra l'estatico e il sofferente, le labbra semiaperte e gli occhi chiusi. Non l'avevo mai sentita così totalmente mia, e nello stesso tempo così totalmente padrona del suo piacere, come in quel momento.
- Fallo, dai - mi disse. Allora di nuovo, velocemente, le presi le mollette, le aprii, le staccai, le riattaccai ai suoi seni. Lei gemette forte, tremò, ebbe una smorfia di dolore, ma non si sottrasse. Di nuovo il suo respiro si fece concitato, e poi, poco per volta, si rilassò. Mi riprese in bocca, ricominciò il suo lavoro attento. Nello stesso tempo mi accorsi che neanche le sue mani, legate dietro la schiena, rimanevano inerti: approfittando della loro posizione, le sue dita arrivavano giusto a vellicare gentilmente il suo sesso, portando anche lei lì dove stava portando me con la sua bocca.
Non volli, comunque, aiutarmi con le mani. Volli che la causa di quello che stava per succedere fosse solo lei, la sua bellezza, la sua volontà di cercare piacere altro e farmi complice in questo. E non ci volle più molto: un attimo dopo, un getto violento di sperma attraversò le sue labbra, che abbracciavano il glande, e si spense in fondo alla sua gola. Lei ebbe un sussulto di sorpresa, ma non si staccò, né interruppe il lavoro appassionato della sua lingua. Seguì un altro getto, poi un altro e un altro. E, quasi nello stesso momento, la vidi e sentii mugolare, gemere, tremare, e poi finalmente staccarsi, lasciarsi cadere supina sul tappeto gridando forte, affannata, appassionata, addolorata, beata ed estatica. Ora era lì per terra, distesa scompostamente, le mani legate, le mollette che ricadevano ai lati dei seni, il viso sconvolto, gli occhi bagnati, quasi piangenti, la bocca da cui usciva un rivolo di sperma perdendosi lungo la guancia, i piedi, lontani da tutto ma che furono la prima parte di lei davanti a cui volli inginocchiarmi e baciare, omaggio e gratitudine.
- Slegami - mi disse ancora, in un soffio. Lo feci subito, lei si drizzò seduta e si tolse le mollette, lasciandole cadere per terra. La aiutai ad alzarsi, era debolissima, e la feci stendere sul letto, sotto le coperte, e mi stesi al suo fianco. Presi a massaggiarle delicatamente i capezzoli, e intanto le baciavo piano il viso, indugiando sui suoi occhi e sulle sue labbra.
Ti amo, mi disse. Anch'io, le risposi, ed era vero.
E intanto pensavo quale videocassetta farle vedere la prossima volta.

Nessun commento:

Posta un commento