*****ROXY E' TORNATA!

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Con grande eccitazione Roxy vi comunica che riparte l'aggiornamento costante del suo blog.Dopo una lunga pausa vi invita tutti a seguire i suoi post dedicati al mondo del sesso e più intrigante erotismo.Buona Lettura

Adult Ego

giovedì 16 aprile 2009

SUONI A VENEZIA III PARTE



Si mosse lentamente, cercando di non smuovere i terribili dolori muscolari che provava, dovuti all'immobilità e all'umido; poi non potè fare a meno di abbracciarla, appoggiandole la testa sulla spalla, riprendendo a piangere dolcemente. Arianna la abbracciò a sua volta, tenendola stretta contro il suo petto. Maya aveva un oceano di sensazioni nel cuore, ma tutto quello che riuscì a dirle fu grazie.
Si staccò da Arianna con difficoltà, quasi vergognandosi di essere lì, nuda, infreddolita e scomposta, davanti ad Arianna, come sempre bella ed elegante. Lei aprì la borsa e le porse i suoi vestiti. "Rivestiti, Maya… torniamo a casa".
Maya si alzò in piedi, con Arianna che la sorreggeva. Si infilò i vestiti, le scarpe, si passò una mano sul viso, che doveva essere devastato dal trucco sciolto e dalle lacrime. Poi, sempre sorretta da Arianna, si avviarono verso l'esterno.
Finalmente potè rendersi conto di quale era stato lo scenario della sua passione. Si trovavano all'interno di un antico palazzo diroccato, con porte e finestre sfondate, su un'isola sperduta della laguna. Era un posto spettrale, interamente circondato da una vegetazione selvaggia; Maya, per un attimo, sentì un ritorno di paura mista a sollievo, ed ebbe un brivido. Arianna le sorrise, e la strinse di più a sé. In quella notte avrebbe potuto succederle di tutto, e nessuno lo avrebbe saputo mai… Era stato tutto un gioco, e lei lo sapeva, ma… il confine tra gioco e realtà, è talvolta talmente impalpabile, sottile…
Attraccato a un pontile devastato, c'era un piccolo motoscafo. Vi salirono; Arianna mise in moto, e, con i capelli lunghi mossi dall'aria del mattino, guidò a bassa velocità attraverso la laguna che si stava risvegliando. Guardò Maya, le sorrise. Sei bellissima, le disse. Maya capì. Doveva essere distrutta, con una faccia orribile, ma le emozioni e la paura dovevano aver liberato qualcosa in lei che lei stessa non sapeva.
Le luci dei canali e dei primi vaporetti erano ancora accese; girarono attorno all'arsenale, videro avvicinarsi i campanili di S. Marco e di S. Giorgio, e poi finalmente furono al palazzo.
Arianna accompagnò l'amica nella sua camera., le fece portare la colazione, e poi, mentre lei mangiava, le preparò un bagno caldo e profumato. "Vuoi che ti aiuti a fare il bagno?" le chiese. Maya non volle, preferiva restare da sola. Quando, dopo averla salutata con un bacio sulla guancia, Arianna se ne fu andata, Maya si spogliò, entrò nella vasca e ci rimase a lungo. Aveva già provato quanto la paura potesse essere erotizzante, e quanto il sollievo che la seguiva potesse essere pacificante; ma mai con questa intensità. Si rilassò. Non poteva ancora ridere della sua paura di qualche ora prima, ma adesso le sembrava qualcosa di irreale, di strano, di necessario. Per vivere. Si rese conto che stava per addormentarsi. Uscì dalla vasca, si asciugò, fece appena in tempo a raggiungere il letto, vi si buttò sopra e si addormentò, completamente nuda.
Quando si svegliò, erano le otto di sera. Aveva dormito tutto il giorno; il corpo le doleva ancora, ma in maniera non fastidiosa, come se fosse appena tornata da una palestra. Degli eventi della notte precedente, ora restava solo il ricordo del piacere, in cui si scioglieva anche la paura. Non poteva pensare a quei cazzi che le avevano penetrato brutalmente la bocca, senza sentirsi bagnare. Aveva voglia di accarezzarsi; le gambe aperte, le sue dita avevano appena cominciato a farlo quando sentì bussare; si tirò il lenzuolo fino al collo. Era la piccola cameriera orientale che spingeva il carrello della cena. Dopo aver chiesto se andava tutto bene e se aveva ancora bisogno di qualcosa, disse: "La signorina Arianna mi ha detto di riferirle che passerà a prenderla alle ore ventidue". Poi fece un compito inchino ed uscì.
Alle dieci, puntualissima, Arianna entrò nella camera di Maya. "Come stai?" le chiese. "Benissimo" le rispose Maya sorridendo, ed era vero.
Maya era in vestaglia. Le chiese se doveva vestirsi per uscire quella sera. "No, stasera staremo in casa; resta pure così".
Maya si accorse che Arianna, sotto la gonna blu che indossava, aveva i piedi nudi, senza scarpe. Erano molto belli, soprattutto il sinistro, ornato da una cavigliera e da un anellino al secondo dito. "Hai i piedi nudi" disse. Arianna le rispose solo con un sorriso leggerissimamente imbarazzato, come se Maya l'avesse colta in fallo. Lei ne fu sorpresa, non sapeva bene cosa significasse, ma non chiese altro, ed andò in bagno per truccarsi.
Poco dopo, salirono insieme le scale verso il piano superiore del palazzo. I piedi nudi di Arianna, che si posavano silenziosi e gentili sui gradini di marmo della scala mentre salivano di sopra, avevano qualcosa di sacrale. Maya si accorse che l'amica era tesa, leggermente in ansia, e non ne capiva il perché, ma, fedele al patto, non volle chiederle altro.
Entrarono insieme nella stanza in cui Maya era stata amata la prima sera.
La stanza era avvolta nella penombra. E, al centro della stanza, illuminata da un piccolo riflettore alogeno, c'era una struttura che fece accelerare i battiti del cuore di Maya: un grosso rettangolo verticale di tubi metallici, luccicanti, da cui pendevano, attaccate e delle catenelle, due polsiere di cuoio. In basso, ugualmente incatenate, due cavigliere. Uno strumento per immobilizzare, per offrire torture e piaceri. Probabilmente lo stesso che, nella villa abbandonata, aveva trattenuto il suo corpo; si vedeva bene che era costruito in modo da essere agevolmente smontabile.
E, per la prima volta, Maya vide i suoi amanti. Stavolta non era lei ad essere mascherata, lo erano loro. Seduti su dei divanetti, la stavano aspettando in sette: tre donne, quattro uomini. Le maschere sui loro occhi facevano pensare - era scontato - al Carnevale di Venezia. Gli uomini erano completamente nudi, le donne, invece, indossavano leggeri vestiti da sera, lunghi e neri due di esse, corto ed argentato la terza, che Maya riconobbe per essere la violoncellista del concertino che le era stato dedicato la prima sera, così come gli altri musicisti erano due dei quattro uomini. Gli altri due erano decisamente più maturi, uno aveva baffi e capelli bianchi. Le altre donne erano una sulla trentina, dalle forme abbondanti che modellavano piacevolmente il vestito nero; l'altra, invece, sembrava aver passato i quaranta, ed era la più femminile, la più sensuale di tutte. Il suo vestito le lasciava completamente scoperte le braccia, abbellite da numerosi bracciali, che si accordavano agli orecchini a goccia che portava; sottili rughe agli angoli della bocca denunciavano la sua età e la rendevano ancora più bella. Tutti sorrisero affabili a Maya, e fu la donna matura ad alzarsi, a muoversi verso di lei con sensualità, a baciarla leggermente sulla guancia, a prenderla per mano e ad invitarla a sedersi vicino a loro. Maya riconobbe subito in lei, per il calore che emanava, la voce e l'odore, la donna che la notte prima l'aveva fatta appoggiare a sé per scaldarsi durante il tragitto in motoscafo, e che le aveva tenuto fermo il viso mentre veniva penetrata in bocca.
Sempre tenendole la mano, la donna invitò Maya a guardare quello che stava per succedere.
Maya vide Arianna essere raggiunta dai due uomini maturi. Le si misero uno davanti, l'altro dietro, come seguendo le regole di un rito. Lei, con gli occhi fissi in quelli dell'uomo che le stava davanti, si sbottonò la camicetta e la fece cadere a terra; si slacciò la gonna, e anche questa cadde, lasciandola completamente nuda; non portava mutandine. Il secondo uomo si chinò e raccolse i vestiti, buttandoli in un cesto di vimini. Lei si tolse poi anelli, bracciali, la collana e gli orecchini, e mise tutto in un vassoio che le era porto dal secondo uomo. Si chinò, si tolse la cavigliera, e anche questa seguì la sorte degli altri gioielli. Rimase esclusivamente con il piercing all'ombelico, che Maya aveva intravisto. Si rialzò in piedi, nuda e bellissima - era la prima volta che Maya la vedeva nuda - e, utilizzando un fermacapelli che sempre il secondo uomo le porse, si raccolse i capelli lunghi sopra la testa.
Maya guardava, ed era incantata dall'armonia dei gesti, dalla disponibilità di Arianna e dalla sua bellezza, dalla ritualità di tutto quello che stava accadendo. Ora cominciava a capire.
Arianna fu portata nella struttura metallica; le mani e i piedi vennero fissati alle polsiere e alle cavigliere. Ora era esposta ai loro sguardi come il quadro in una cornice, tesa come una pelliccia di volpe messa ad essiccare da un cacciatore, illuminata - unico oggetto (oggetto?) nella stanza in piena luce - dallo spot che probabilmente la abbagliava, e guardava di fronte a sé, assente rispetto agli altri ma, così sembrava, con una consapevolezza estrema. La sua figa era un fiore tra le gambe aperte, i suoi capezzoli erano eretti; il calore della lampada la faceva visibilmente sudare, e stille di sudore le luccicavano sulla pelle, soprattutto del viso, come piccoli brillanti, come il piercing ombelicale. Il cuore di Maya, emozionato più dalla bellezza che dall'erotismo, non accennava a rallentare.
Si avvicinarono le altre due donne. Si inginocchiarono ai lati del quadro umano, e cominciarono a baciare il corpo di Arianna; baci piccoli, leggeri e delicati, che cominciarono a percorrerle le gambe, i piedi, le cosce, per poi risalire oltre ed arrivare al sesso dischiuso, al ventre, alla schiena, alle spalle, al viso. Arianna continuava a guardare davanti a sé, accoglieva quei baci come un'offerta dovuta, senza tradire emozioni o eccitazioni particolari, neanche quando ai baci seguirono le lingue, e le carezze.
Alla fine si staccarono da lei, lasciandola di nuovo sola. Uno dei ragazzi allora si accostò a Maya - lei quasi non si accorse del suo avvicinarsi, concentrata com'era dalla scena che aveva davanti agli occhi - e le porse, tenendolo come offerto con entrambe le mani, un frustino, sottile, rigido. Maya conosceva bene quel tipo di oggetto, lo aveva provato molte volte sulla sua pelle, compresa la vigilia della sua partenza per Venezia. Ma ora la situazione era molto diversa, era evidente che le si stava proponendo un ruolo completamente nuovo. La signora che le era al fianco, che evidentemente era un po' il maestro di cerimonie di quegli incontri, le disse piano: "Coraggio. Prendilo e vai da lei. Ti sta aspettando."
Maya, esitante, obbedì. Prese il frustino, si alzò e si mosse lentamente verso Arianna. Lei la vide entrare nel cono di luce, con il frustino in mano, e le sorrise lievemente. Il suo respiro, Maya lo vedeva, era molto accelerato, i bei seni si alzavano e si abbassavano. Ma non era paura.
Maya non aveva mai avuto dubbi sulla bellezza di Arianna, ma solo ora si accorgeva di quale ne fosse la forza terribile e dolce. Attraverso le labbra schiuse, gli occhi umidi, la pelle liscia emanava un magnetismo che la avvolgeva. E ancora di più la rendeva bella l'attesa. "Comincia, per favore" le sussurrò, ma la sua richiesta non aveva il tono di una supplica; piuttosto di un'offerta.
Maya non aveva mai fatto una cosa del genere. Passò alle spalle della ragazza, e restò abbagliata anche lei dalla luce, contro la quale la sagoma perfetta del corpo di Arianna si stagliava come un'ombra. Impugnò il frustino, e, esitando, cominciò a colpire, con molta leggerezza. Sapeva che quei colpi erano poco più che una carezza, probabilmente anche piuttosto ridicola, ma non poteva e non riusciva a fare di più. Quello che le veniva chiesto di fare era contro la sua natura. Le piaceva moltissimo essere frustata dal suo fidanzato, ma non aveva mai pensato a sé stessa in quel ruolo… Bisognava provare rabbia, forse, e lei non ne sentiva affatto. Più che tenerezza e affetto per quella nuova amica, in lei non c'era. Ma neanche il suo fidanzato, certo, provava rabbia quando la frustava.
Si accorse che la donna matura le si era avvicinata. Con dolcezza le prese il frustino dalle mani, e le disse: "Non così. Lascia fare a me, guarda come si fa".
La colpì molto più duramente. Arianna sussultò e gemette. A quel colpo ne fece seguire altri, con un ritmo preciso, spietato. Arianna, ora, si agitava, le catenelle che la immobilizzavano tintinnavano, la struttura, flessibile ma solida, si scuoteva senza lasciarla libera.
Maya, per guardare, si era riseduta sul divanetto. Vedeva Arianna scuotersi, gemere; il suo viso, trasfigurato dal dolore che provava, era bellissimo. Il particolare magnetismo che Arianna emanava divenne ancora più forte, la stava quasi atterrando dall'emozione. Cominciava a capire.
La donna si fermò. Tornò verso di lei, ed era visibilmente eccitata. Rimise il frustino nelle mani di Maya. Coraggio, le disse. Maya lo prese, e tornò dietro Arianna. Prese lo slancio e colpì. Arianna gemette. Colpì di nuovo. Cercò di darsi un ritmo, come aveva fatto poco prima la signora matura. Di studiare le risposte del corpo dell'amica. Era come comporre una musica. L'onda di calore ritornò ancora più violenta, divenne eccitazione, la fece bruciare. Maya non sopportò più, su di sé, la vestaglia, e se la fece cadere alle spalle, facendo anche volar via dai piedi le pantofole. Rimase completamente nuda, era l'unica condizione che sentiva perfetta per poter vivere quegli stati d'animo e quelle emozioni nuove. Musica erano anche i gemiti e l'odore di Arianna, sudore e piacere, che diventava sempre più forte. E i suoni che venivano dalla parte oscura della stanza, dove qualcosa stava succedendo.
La donna matura si fece di nuovo avanti. "Brava Maya" le disse "adesso continuo io. Tu vai di là".
Maya uscì dal cono di luce, e, completamente nuda, si avvicinò ai divanetti. Poco per volta, man mano che i suoi occhi si abituavano nuovamente alla penombra, le si mise a fuoco davanti agli occhi un'altra scena.
I tre musicisti avevano cominciato a fare l'amore tra di loro. Uno dei due ragazzi, il flautista, teneva abbracciata la violoncellista, baciandole il viso e il collo. Lei, seduta sul divanetto, aveva aperto le gambe, dopo essersi tirata su il vestitino color argento; il clavicembalista, inginocchiato davanti a lei, la leccava appassionatamente, facendola tremare e gemere. Maya si era seduta tra i due altri uomini, che cominciarono ad accarezzarla con discrezione. L'altra donna, la trentenne, anche lei completamente nuda - e i suoi seni grandi splendevano in tutta la loro morbida bellezza - venne ad accoccolarsi ai suoi pedi, che cominciò a baciare e ad accarezzare lievemente. Così dolcemente stimolata, e con la musica dei gemiti di Arianna, Maya vide i tre musicisti continuare ad amarsi, penetrarsi, baciarsi. La ragazza, in estasi, veniva leccata, baciata, penetrata alternativamente da entrambi; ora ne prendeva uno in bocca, ora veniva accarezzata sui seni dal sesso dell'altro. Né la stupì troppo vedere che anche i due ragazzi si concedevano delle reciproche attenzioni. Fu un crescendo graduale, che arrivò al culmine quando fu presa da entrambi contemporaneamente, una doppia penetrazione che la fece arrivare istantaneamente al'orgasmo, mentre i due ragazzi, lasciando da parte il suo viso sconvolto e la sua bocca urlante, si baciavano appassionatamente, arrivando poi in quasi totale contemporaneità ad esplodere in lei. Ecco perché suonano così bene, intuì Maya.
Ma neanche i suoi uomini la lasciarono sola. Anzi, accompagnavano il piacere e la gioia di quella contemplazione accarezzandola, baciandole i seni, sollecitando delicatamente il suo ventre, il suo sesso bagnato e dischiuso. Non fu strano per lei incontrare la lingua di uno di loro, scendere poi a baciargli il petto, e di qui fino al sesso e poi più oltre, cercando odori, sapori e memorie anche sull'ano dischiuso, mentre la lingua dell'altro era al suo culo che si stava dedicando, un dare e ricevere simultaneo che la stava facendo impazzire. Si sentì ancora, poi, pizzicare i capezzoli, torcerli con forza e dolore, e la scossa elettrica che la percorse fu feroce. Baciando furiosamente uno dei due si abbattè con violenza sul suo cazzo eretto, che le scivolò dentro con facilità; sentì l'altro appoggiarlesi dietro, e, esattamente come era capitato pochi minuti prima per la violoncellista, anche lei si trovò sfondata da una doppia penetrazione, mai successo prima. La donna le si pose davanti, sostenendo i grandi seni con le mani per poterli offrire alla sua bocca; poi la baciò, e lei sentì quel dolce sapore fruttato che già conosceva. E intanto i lamenti di Arianna contrappuntavano la situazione. Fu solo lanciando uno sguardo fuggevole che Maya si rese contoche non erano più lamenti di dolore, ma di piacere: ancora incorniciata nel telaio metallico, la donna matura, ora nuda anche lei, le stava inginocchiata davanti su un cuscino, e le offriva piacere con la sua lingua. Ma fu percezione che durò solo un attimo. Poi Maya precipitò nell'abisso della sua passione, che si concluse solo molto dopo, quando anche i suoi due amanti, nessuno dei quali era il suo fidanzato, le esplosero dentro, ondate e ondate di sperma caldo che lei sentì percorrerla tutta, fin quasi alla gola, fino ad affiorarle come lacrime dagli occhi, e che le rimasero dentro ancora a lungo, finché i due uomini, con delicatezza, si separarono da lei.
Intanto, anche Arianna aveva avuto il suo orgasmo. Era stata slegata, la signora l'aveva fatta stendere sui cuscini e le stava massaggiando delicatamente le caviglie e i polsi. Tutti le si avvicinarono, prendendo ad accarezzarla per addolcire il suo ritorno, e per farle sentire la propria gratitudine. Maya e la violoncellista erano ancora piene di sperma, la signora le fece accovacciare sopra Arianna con le gambe aperte, in modo che i liquidi che da loro colavano fossero raccolti dal corpo dell'amica. Poi, usandoli come un balsamo, continuò a massaggiarla.
Lo strano popolo mascherato dell'amore uscì poi con discrezione. Rimasero solo Maya ed Arianna, che, nella stanza ormai vuota, si guardavano negli occhi. Ancora una volta Maya non seppe dire altro che grazie, e poi abbracciò l'amica, debolissima. La aiutò a rialzarsi, si rivestirono e poi scesero di sotto; stavolta era Maya che sorreggeva Arianna.
Fermati a dormire con me, le chiese Maya. Arianna esitò, poi acconsentì. Sarebbe stato opportuno che si facessero un bagno o una doccia, ma non lo fecero; di comune, silenzioso accordo, si spogliarono nude - Maya fu affascinata ed intenerita dal reticolo di segni rossi che si disegnava sulla schiena di Arianna -, si lasciarono cadere sul letto e, copertesi solo col lenzuolo, si addormentarono, abbracciate, godendo del loro calore e dell'odore dello sperma sui loro corpi.
Quando Maya si risvegliò, il mattino dopo, era sola; Arianna si era allontanata. La cosa le dispiacque un poco. Dopo aver bussato alla porta, entrò la cameriera, spingendo il carrello della colazione; disse a Maya che Arianna sarebbe ripassata alle undici, per accompagnarla in aeroporto.
In aeroporto… è vero. Quei pochi giorni erano passati, anche se a lei sembrava di essere lì, ospite in quel palazzo delicato e delizioso, da mesi. Aveva completamente perduto il senso del tempo. Lo spazio di un sogno; ora avrebbe dovuto riprendere l'aereo, tornare nella sua città, ricominciare a vivere… e le tornò alla mente il suo ragazzo, assente ma presente in tutto quello che le era successo in quei giorni. Prese il telefono cellulare dal cassetto del comodino, dove l'aveva abbandonato fin dal suo arrivo, e mandò un messaggio al fidanzato: "E' STATO SUBLIME!!!".
Alle undici, Arianna passò a prenderla, e lei si fece trovare già pronta, con il bagaglio chiuso. Arianna, gentile come sempre, insistette per portarlo lei fino all'attracco del canale, dove un motoscafo-taxi già le aspettava per condurle direttamente all'aeroporto.
Mentre il motoscafo, uscito dai canali di Venezia, saltava sulle onde della laguna in direzione dell'aeroporto Marco Polo, loro erano sedute sui divanetti della cabina, le tendine chiuse. Maya si accorse che Arianna non la guardava, e teneva la testa voltata dall'altra parte. "Che c'è?" le chiese. Ma Arianna non le rispose. Allora Maya le prese la mano. Arianna gliela strinse forte. Con difficoltà, quasi vergognandosi, si voltò verso di lei. Aveva gli occhi pieni di lacrime. "Non ha senso" disse, quasi per giustificarsi. "Non posso innamorarmi di ogni nostra cliente. Non è professionale".
Maya fu presa da uno stupore imbarazzato. Da un lato, le veniva rivelato quello che aveva sempre saputo, ma che le regole del gioco l'avevano costretta a dimenticare: che tutto quel sogno, per quanto feroce e meraviglioso, non era null'altro che una simulazione, il corrispettivo di un contratto, per cui qualcuno - il suo fidanzato - aveva pagato. E dall'altro scopriva che, nonostante questo, rimaneva spazio per passioni vere e sentimenti veri. Fu presa da una grande tenerezza per Arianna, che nonostante tutta la sua bellezza, la sua sicurezza di sé, la sua professionalità, non poteva astenersi da simili fragilità umane; la attirò a sé, le fece appoggiare il capo sul suo petto e, accarezzandole i capelli, ne raccolse il pianto leggero e senza singhiozzi a cui si lasciò andare. In quel momento si rese conto che, nonostante l'intimità che avevano condiviso, non avevano mai fatto l'amore, anche se era come se lo avessero fatto. Probabilmente ad Arianna non era permesso, per questo aveva esitato a dormire con lei. Era permesso solo agli altri, anonimi artisti e figuranti. Probabilmente pagati per farlo - o, forse, alcuni di loro essi stessi clienti, sia pure in altro senso. Maya non si era innamorata di Arianna, purtuttavia provava per lei un grande affetto, una profonda gratitudine. Fece scorrere la mano lungo la sua schiena, e lei sussultò; Maya si ricordò delle frustate, e ritirò la mano. Ma Arianna disse: "Fallo ancora, ti prego"…
Maya lo fece ancora. E la sentì aggrapparsi a lei più forte e tremare mentre lo faceva. Volle chiederle una cosa; ormai poteva farlo, forse.
"Arianna…"
"Sì?" rispose lei, senza alzare la testa.
"ma… lo fai sempre, questo? Intendo dire, ti fai frustare da ogni cliente che arriva?"
"No, Maya. Anzi, non l'ho mai fatto prima. Non fa parte delle mie prestazioni. L'ho fatto per te, solo per te."
Maya la strinse più forte.
Poco dopo, fatto il check-in, venne il momento di salutarsi. Arianna aveva ricuperato la sua serenità, almeno in apparenza. Maya le chiese di andare a trovarla, se fosse passata da Roma. Ma lei fece segno di no: "Meglio di no, Maya. Meglio così". Poi la abbracciò forte, e fuggì via senza voltarsi, col suo vestito elegante e il suo passo armonioso sui sandali dai tacchi altissimi, accompagnata dagli sguardi ammirati e vogliosi di molti viaggiatori.
Sull'aereo che con violenza si alzava verso il cielo, Maya provò un momento di malinconia. Stava per ricominciare il suo solito vivere. Ma sarebbe stato, ora, un vivere molto diverso. Più forte e più vero. Ripensò a tutto quello che era successo, gli eventi e le sensazioni, le emozioni, i panorami di Venezia, la schiena striata di Arianna dopo il supplizio della sera prima, e seppe che tutto questo non l'avrebbe perduto mai. Tra poco avrebbe rivisto il suo fidanzato. Sperò ardentemente che la portasse a casa, la facesse spogliare nuda, le restituisse subito quello che lei aveva dato ad Arianna, la facesse piangere e gridare. Perché sapeva che in quei pianti e in quei gridi avrebbe rivissuto con una forza immensa tutto quello che c'era stato, e tutto quello che sarebbe venuto, da quel giorno in poi, e per sempre.

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